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Cannabis: il cannabidiolo migliora i sintomi della sindrome di Leigh

La somministrazione di cannabidiolo migliora la neuropatologia delle regioni cerebrali colpite, quelle respiratorie e i deficit sociali e ritarda il deterioramento motorio e i segni neurodegenerativi
 |  Scienza e tecnologie

Lo studio “Cannabidiol ameliorates mitochondrial disease via PPARγ activation in preclinical models”, pubblicato su Nature Communications  da un team di ricercatori catalani, spagnoli, belgi e francesi guidato dall'Institut de Neurociències dell’Universitat Autònoma de Barcelona (INc-UAB) ha dimostrato in modelli animali come «La somministrazione quotidiana di cannabidiolo (CBD), una sostanza ottenuta dalla pianta di cannabis, allunga la vita e migliora la patologia della sindrome di Leigh» e che «Sia nei topi che nei fibroblasti di bambini affetti dalla malattia, il CBD migliora la funzione delle cellule colpite».

All’UAB spiegano che «La sindrome di Leigh è una malattia mitocondriale minoritaria che colpisce in particolare gli organi e i tessuti che necessitano di più energia: il sistema nervoso e i muscoli. E’ caratterizzata da un progressivo coinvolgimento neuromuscolare e da morte prematura e attualmente non esiste una terapia per trattarla. Ecco perché è urgente trovare soluzioni per i pazienti che ne soffrono».

Emma Puighermanal e Albert Quintana, l’auyrice principale e l’autore senior dello studio, sono due ricercatori del  Laboratori de Neuropatologia Mitocondrial de l’Institut de Neurociències de la Universitat Autònoma de Barcelona (INc-UAB)Laboratorio di Neuropatologia Mitocondriale dell'INc-UAB che studiano da anni la malattia per comprendere i processi che compongono i mitocondri, organelli responsabili della fornendo energia alle cellule e perché non possono funzionare correttamente e cercano terapie per risolvere questo problema. Nello studio pubblicato su Nature Communications, dimostrano che «La somministrazione quotidiana di CBD può essere una buona opzione per migliorare i sintomi e recuperare le funzioni cellulari nei pazienti, poiché, attraverso un'azione multipla, ha proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e effetti anticonvulsivanti».

Lo studio è stato condotto su due topi con fenotipi individuali della sindrome di Leigh  e su cellule fibroblastiche di bambini affetti dalla malattia e i risultati di mostrano che «Il CBD agisce a molti livelli all'interno della cellula, tra gli altri attivando una proteina nel nucleo cellulare, chiamata PPARγ, che regola l'espressione di diversi geni coinvolti nella risposta immunitaria, nell'ossidazione e nella funzione mitocondriale, che sono stati osservati alterati nella malattia. Inoltre, il CBD aumenta l’espressione di una proteina, la metallotioneina, che favorisce la risposta antiossidante. Nei modelli animali la somministrazione di cannabidiolo migliora la neuropatologia delle regioni cerebrali colpite, le anomalie respiratorie e i deficit sociali e ritarda il deterioramento motorio e i segni neurodegenerativi. I topi trattati vivono anche significativamente più a lungo di quelli che non lo ricevono. Nelle cellule derivate dai bambini, il CBD migliora la funzionalità dei processi antiossidanti».

Quintana, professore di Biologia cellulare, fisiologia e mmunologia dell'UAB, evidenzia che «I benefici che abbiamo osservato, insieme al profilo sicuro e ben tollerato del CBD, lo indicano come un trattamento davvero promettente per i pazienti affetti dalla sindrome di Leigh».  

Un anno fa, i ricercatori sono riusciti a far sì che il CBD fosse considerato un farmaco orfano dall’Agenzia europea per i medicinali, il che comporta numerosi vantaggi, come la riduzione dei costi di sviluppo del farmaco. La Puighermanal conclude: «Il CBD è già approvato dalla FDA, l'ente americano di regolamentazione dei farmaci, per il trattamento di altre malattie pediatriche minoritarie. Tutti speriamo che possa accelerare la traduzione dei risultati che abbiamo ottenuto nella pratica clinica».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.