Complice la crisi climatica, le mucillagini in Adriatico hanno coperto oltre 6mila kmq
Le cronache di questi giorni stanno riportando alla ribalta il vecchio e sopito tema delle mucillagini in Adriatico, a partire dall'Aera marina protetta di Miramare, prossima a Trieste, fino ad estendersi lungo le coste romagnole e marchigiane.
Complice il caldo torrido di fine luglio e di quest'agosto incandescente, le temperature dell'acqua del mare, in Adriatico (e non solo!) ha raggiunto e in alcuni casi superato la soglia dei 30 gradi centigradi. Con queste negative premesse, non era difficile profetizzare sulla proliferazione algale ma, francamente, un fenomeno così esteso come quello attuale si fa molta fatica anche solo ad immaginarlo.
Le aree marine interessate risultano essere, stimate per difetto, superiori a 6.000 Kmq, una superficie enorme che può compromettere oltre che la maricoltura e la pesca professionale, anche il turismo legato alla balneazione delle coste adriatiche.
Sappiamo bene quante attività antropiche interessano il mare Adriatico da sempre, che per riassumere possiamo sintetizzare in questo modo: traffici marittimi, attività estrattive (olio & gas), turismo balneare e attività ludiche del diporto nautico.
Un altro e non meno impegnativo settore è oramai prossimo a partire: i campi eolici offshore che verranno installati nell'Adriatico; si tratta di strutture assai imponenti e di cui si sa poco (meglio dire nulla) circa i possibili effetti cumulativi e il ruolo che questi potrebbero avere nell'influenzare i delicati meccanismi che intervengono nell'esplosione dei cosiddetti boom algali.
Alla luce di quanto avviene nei nostri mari, considerando anche che i fenomeni legati ai cambiamenti climatici che interessano il mare sono in continuo incremento, sarebbe auspicabile che si procedesse speditamente ad un'analisi, tramite modelli matematici, dell'influenza che tali imponenti strutture potrebbero avere sulla genesi e l'evoluzione del fenomeno del bloom algale.
Già nel 2008, i ricercatori di Ispra, insieme con quelli di altri istituti svizzeri (Nep/Dewa/Grid Europe, Remote Sensing and Gis Unit, Earth sciences section, University of Geneva) mettevano in evidenza che la fioritura algale è governata dalle caratteristiche morfologiche e meteorologiche dei bacini a cui si vanno a sovrapporre gli impatti antropici.
Ora, anche le caratteristiche meteorologiche locali potrebbero essere influenzate dall'uomo con la costruzione delle centrali eoliche offshore. L'influenza degli aerogeneratori sul clima locale è già stata evidenziata nel Mar del Nord, dove l'eolico offshore è già abbondantemente sviluppato. Un articolo su Nature evidenzia che le centrali eoliche offshore hanno impatto sul clima della superficie marina e introducono pattern spaziali nelle condizioni atmosferiche. In particolare, la modellazione della ridotta velocità del vento suggerisce un potenziale impatto sulla dinamica oceanica locale dei mari e, di conseguenza, sugli ecosistemi marini di cui bisognerebbe tenere opportunamente in conto.
Se i nordeuropei speculano su tali fenomeni sulla base dell'esperienza maturata negli ultimi decenni, gli statunitensi giocano di anticipo e, dopo aver identificato delle aree idonee allo sviluppo dell'eolico offshore al largo delle coste della California, hanno cominciato a studiarne gli impatti sulla dinamica oceanica, consci che lo sviluppo di grandi impianti eolici offshore può ridurre il vento a valle dell'impianto ed influenzare le correnti di risalita forzate dal vento, il trasporto di nutrienti e la dinamica degli ecosistemi. Studiando tali effetti con modelli numerici della circolazione atmosferica ed oceanica, hanno trovato che, sebbene la dinamica globale sia poco influenzata dalla presenza delle centrali eoliche, lungo la fascia costiera si ha una riduzione delle correnti di risalita al di fuori dei limiti della naturale variabilità.
Ovviamente tutte queste considerazioni sono sito-specifiche e non possono essere trasposte tal quale al bacino dell'Adriatico, ma possono sicuramente far concentrare l'attenzione sugli effetti che i cambiamenti della circolazione marina, generati dalle nuove strutture in progetto nell'Adriatico, potrebbero avere sul fenomeno del bloom algale.
Fortunatamente l'Italia ha competenze e capacità per sviluppare studi al riguardo e prevedere con opportuno anticipo gli effetti, siano essi positivi, negativi o nulli sugli ecosistemi e sulle attività economiche. Spetta ora alla politica saperle utilizzare al meglio.