L’Università di Bologna alla ricerca dell’idrogeno naturale nascosto in Groenlandia
L’idrogeno sta emergendo sempre più come uno dei principali vettori energetici del futuro, dato che è in grado di immagazzinare e trasportare in modo efficiente l’energia prodotta prima tramite fonti rinnovabili.
Si tratta del cosiddetto idrogeno verde, che non si trova in natura: si ottiene scindendo molecole d’acqua attraverso elettrolisi, sfruttando l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili come eolico o fotovoltaico. L’idrogeno così ottenuto può essere poi ri-trasformato in energia all’interno di celle a combustibile, combinandolo nuovamente con l’ossigeno per ottenere elettricità e acqua in uscita.
Da alcuni anni la ricerca scientifica sta però indagando la possibilità di trovare direttamente in natura dei giacimenti d’idrogeno – cosiddetto naturale, geologico o bianco –, aprendo così nuovi orizzonti per il suo impiego come fonte di energia anziché come semplice vettore energetico.
È in questo solco di studi che l’Università di Bologna sta per partire alla volta della Groenlandia, nell’ambito di una spedizione scientifica per cercare, in rocce antiche quasi due miliardi di anni, tracce della formazione e circolazione di idrogeno naturale.
«Nonostante l’idrogeno naturale emerga sempre più come una possibile fonte energetica pulita per il futuro, le conoscenze scientifiche sulla sua formazione e distribuzione sono ancora molto poche – spiega il professore Vitale Brovarone – La Groenlandia potrebbe essere un luogo unico in cui investigare questi processi, proprio per l’età molto antica delle rocce che si trovano e per la loro composizione».
Gli studiosi del progetto DeepSeep, finanziato dal Consiglio europeo delle ricerche (Erc) si muoveranno su un’imbarcazione all’interno dei fiordi nei dintorni del villaggio di Nanortalik, un piccolo villaggio il cui nome, in lingua inuit, significa “dove vanno gli orsi polari”.
L'interesse per l'idrogeno geologico nasce non solo per gli impieghi energetici, ma anche per una nuova ipotesi sulla nascita della vita nel nostro pianeta: potrebbe infatti essere una fonte di energia per le forme di vita primordiali. E allo stesso tempo potrebbe rivelarsi una fonte energetica pulita, ancora da comprendere, per le attività umane.
«Oggi pensiamo che la vita sulla Terra si sia sviluppata sfruttando l’energia del Sole e i molti ingredienti presenti in superficie – conclude Brovarone – Ma gli stessi ingredienti si possono trovare all’interno della crosta terrestre: è quindi possibile che, sfruttando l’energia prodotta da semplici reazioni chimiche tra rocce profonde ed acqua, da cui si forma anche l’idrogeno, la vita si sia sviluppata prima all’interno della crosta terrestre e solo in seguito si sia trasferita ed evoluta in superficie».