Etna, scoperto come il magma arriva in superficie grazie a un nuovo studio a guida italiana
Grazie a un’innovativa indagine che comprende un periodo di 10 anni, dal 2006 al 2016, durante il quale sono stati registrati oltre 3.700 eventi sismici con magnitudo locale compresa tra 0.5 e 4.3, un nuovo studio è riuscito a fare luce sulle possibili vie attraverso le quali il magma si “fa strada” verso la superficie del vulcano Etna.
Un risultato reso possibile da una tecnica avanzata di tomografia sismica anisotropa, ovvero che considera la variabilità della velocità delle onde sismiche in base alla direzione di propagazione, ha permesso di ottenere informazioni senza precedenti sulla struttura della crosta terrestre nella regione etnea e sull'interazione tra tettonica e vulcanismo.
«Rispetto ai precedenti studi tomografici condotti nell’area etnea, questa ricerca si distingue per l’utilizzo pionieristico, in ambiente vulcanico, di tecniche di tomografia anisotropa» spiega Rosalia Lo Bue, prima autrice dello studio, condotto nel ruolo di assegnista all’Università di Padova, e oggi assegnista di ricerca presso l’Osservatorio etneo dell’Ingv.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica ‘Geophysical Research Letters’, è stato infatti condotto da un team di ricercatori guidato dall’Università degli Studi di Padova, in collaborazione con l’Osservatorio etneo dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv-Oe) e con l’Università di Leeds (UK).
«La tomografia sismica funziona in maniera analoga alla tomografia medica ma utilizza onde sismiche per esplorare l’interno della Terra. Tradizionalmente, la tomografia sismica impiega un approccio isotropo, che non considera la variabilità della velocità delle onde sismiche in base alla direzione di propagazione», dichiara Elisabetta Giampiccolo, ricercatrice dell’Ingv-Oe.
«La tomografia anisotropa fornisce una visione molto più dettagliata e precisa della struttura interna del vulcano», prosegue Brandon Vanderbeek, assegnista di ricerca all’Università di Padova. «La ricerca ha rivelato dettagli totalmente nuovi sulla struttura interna del vulcano – precisa Francesco Rappisi, assegnista di ricerca presso l’Università di Leeds – In particolare, siamo riusciti a individuare una regione profonda a bassa velocità delle onde sismiche, assimilabile ad un volume crostale in cui risiedono i magmi etnei».
«Tale regione – argomenta continua Marco Firetto Carlino, ricercatore dell’Osservatorio etneo dell’Ingv – è limitata da un volume ad alta velocità che immerge verso nord-ovest e che è espressione del processo di subduzione. Una zona di discontinuità, di possibile origine tettonica, caratterizza il volume crostale sovrastante la zona di residenza dei magmi, e potrebbe rappresentare una via preferenziale per il trasferimento del magma verso la superficie. Questi risultati fanno luce sull'interazione tra tettonica e magmatismo all'Etna, fornendo una spiegazione plausibile per la sua attività persistente».
E adesso? «Sviluppi futuri si avvarranno della tomografia anisotropa 4D per il monitoraggio in “near real-time” delle variazioni di velocità delle onde sismiche, per migliorare la comprensione dei fenomeni vulcanici e sismici dell'Etna, con potenziali benefici per la previsione e la mitigazione dei rischi associati», conclude Ornella Cocina, ricercatrice dell’Osservatorio etneo dell’Ingv.