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Aree idonee agli impianti rinnovabili, c’è ancora tempo prima delle sentenze del Tar Lazio

Si è tenuta ieri l’udienza pubblica contro il decreto ministeriale, ma per il responso potrà servire più di un mese
 |  Nuove energie

Ieri al Tar Lazio si è aperta la fase conclusiva di un iter giudiziario che tiene col fiato sospeso l’itero mondo italiano delle fonti rinnovabili, nonché le varie Regioni che stanno legiferando sulla partita delle aree idonee a ospitare gli impianti.

Alcuni operatori hanno infatti impugnato da tempo il decreto ministeriale del 21 giugno 2024, nella speranza che il Tar Lazio potesse l’orientamento già espresso dal Consiglio di Stato nelle ordinanze del 14 novembre scorso, chiarendo che le Regioni non possano prevedere restrizioni nelle loro leggi regionali rispetto alla disciplina statale, assicurando, come minimo, il recepimento delle aree idonee ex lege (Art. 20, comma 8, dlgs 199/2021).

«Si è discussa ampiamente anche la tematica relativa alla questione di legittimità costituzionale, sollevata con riferimento alla disciplina del dl Agricoltura. Tutti i ricorsi sono stati trattenuti in decisione e secondo gli ordinari tempi le sentenze dovrebbero essere pubblicate nell’arco dei prossimi 45 giorni», informa nel merito il Sole 24 Ore.

A quanto apprende la nostra redazione i tempi potrebbero essere un poco più brevi, ma nel frattempo in questa prolungata attesa stanno fiorendo leggi regionali che non rispettano le aree idonee ex lege, rischiando di vanificare di fatto gli investimenti già programmati in luoghi già individuati dallo Stato come idonei ma su cui all’improvviso la Regione di turno ha innalzato un muro. Caso-scuola sotto questo profilo è quello della Sardegna, la cui legge ha reso inidoneo agli impianti rinnovabili circa il 99% del territorio regionale; lo stesso, seppur in misura minore, potrebbe succedere anche in Regioni più virtuose come la Toscana, dove – a legge non ancora approvata – le aree idonee si fermerebbero a solo il 30% del territorio; non a caso, proprio a Firenze è sbocciata nelle scorse settimane un’ampia coalizione ambientalista per chiedere alla politica più coraggio su questo fronte.

Nel frattempo, il Governo Meloni col suo decreto nazionale ha prima dato in mano alle Regioni la possibilità di restringere a piacere il perimetro delle aree idonee, e adesso sta tirando indietro la mano. Il caso più eclatante è ancora una volta quello sardo, dato che il Consiglio dei ministri ha impugnato a gennaio la legge regionale n. 20 del 5 dicembre 2024 reputandola incostituzionale (come del resto sostenevano anche gli ambientalisti, ormai da mesi).

A rincarare la dose, sempre a gennaio il Cdm ha dato – con grande ritardo – una linea d’indirizzo sulle modalità di recepimento del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, affermando «l’illegittimità di qualsivoglia disposizione normativa di rango regionale che, nell’individuare le aree idonee, trovi spazio per incidere, in senso restrittivo, sul minimum di aree idonee identificato dal legislatore statale al comma 8 dell’articolo 20 del d.lgs. n. 199 del 2021». Ma il danno intanto è fatto, e l’attesa per le sentenze del Tar Lazio rimane.

Redazione Greenreport

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