World energy outlook: per la Iea nell’Era dell’elettricità non c’è più posto per i combustibili fossili, stop ai sussidi
«Nella storia dell'energia, abbiamo assistito all'Età del carbone e all'Età del petrolio, e ora ci stiamo muovendo rapidamente verso l'Età dell'elettricità, che definirà il sistema energetico globale in futuro e sarà sempre più basato su fonti di elettricità pulite».
Il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), Fatih Birol, oggi presenta così il World energy outlook 2024, ovvero l’aggiornamento del più autorevole rapporto internazionale sull’evoluzione del mercato energetico, elaborato dall’Agenzia fondata dall’Ocse a valle della crisi petrolifera del 1973..
Rispetto all’edizione dello scorso anno, il crescendo di guerre e tensioni geopolitiche sta evidenziando notevoli fragilità, rendendo evidente la necessità di politiche più incisive e maggiori investimenti per accelerare. C’è però un tratto in comune in fondo a ogni scenario: si prevede che «la domanda di tutti e tre i combustibili fossili (carbone, petrolio e gas) raggiungerà comunque il picco entro la fine del decennio». Ma ne resta di strada da fare nella lotta alla crisi climatica, perché il mondo è sulla buona strada per un aumento di 2,4 °C nelle temperature medie globali entro la fine del secolo, ben al di sopra dell'obiettivo dell'accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C.
La fame globale d’energia continua a crescere, tant’è che si prevede che la crescita della domanda globale di elettricità accelererà ulteriormente negli anni a venire, aggiungendo ogni anno l'equivalente della domanda giapponese. Ma, al contrario di quanto sperimentato nei recenti anni di picchi nei costi d’approvvigionamento, stavolta stiamo andando – in base alle attuali impostazioni politiche – verso «un eccesso di fornitura di petrolio e gas naturale liquefatto (Gnl) che si profila nella seconda metà degli anni '20», insieme a un'ampia sovrabbondanza di capacità produttiva per alcune tecnologie chiave per l'energia pulita, in particolare il solare fotovoltaico e le batterie.
«Nella seconda metà di questo decennio, la prospettiva di forniture più ampie, o addirittura in surplus, di petrolio e gas naturale, a seconda di come si evolveranno le tensioni geopolitiche – argomenta Birol – ci porterebbe in un mondo energetico molto diverso da quello che abbiamo sperimentato negli ultimi anni durante la crisi energetica globale. Implica una pressione al ribasso sui prezzi, offrendo un po' di sollievo ai consumatori che sono stati duramente colpiti dai picchi dei prezzi. Lo spazio di respiro delle pressioni sui prezzi del carburante può fornire ai decisori politici lo spazio per concentrarsi sull'aumento degli investimenti nelle transizioni verso l'energia pulita e sulla rimozione degli inefficienti sussidi ai combustibili fossili», che in Italia valgono decine di miliardi di euro l’anno, nonostante la recente querelle sull’aumento delle accise diesel mostri un’ampia immaturità politica sul tema da parte del Governo Meloni quanto dall’opposizione.
Per far sì che l'energia pulita continui a crescere a ritmo sostenuto, ammonisce la Iea, sono necessari investimenti molto maggiori in nuovi sistemi energetici, in particolare nelle reti elettriche e nell'accumulo di energia. Oggi, per ogni dollaro speso in energia rinnovabile, 60 centesimi vengono spesi in reti e accumulo: una decarbonizzazione sicura del settore elettrico richiede che gli investimenti in reti e accumulo aumentino ancora più rapidamente della generazione pulita e che il rapporto di investimento si riequilibri a 1:1.
Anche tenendo conto dei costi di sistema, stimati dalla Iea attraverso il Valcoe, in Ue gli investimenti in energie rinnovabili restano molto più convenienti rispetto a quelli sul nucleare, sia al 2030 sia al 2050: nel primo caso, ad esempio, si parla di 65 dollari per MWh nel caso di fotovoltaico ed eolico offshore, contro i 120 stimati per il nucleare. In altri contesti geografici il gap si riduce, ma in nessuno il nucleare risulta più economico delle rinnovabili, con buona pace delle ambizioni sull’atomo del Governo Meloni (che nel frattempo non riesce neanche a localizzare il Deposito unico nazionale per i rifiuti radioattivi, rimandolo al 2039).
Cosa serve dunque per arrivare davvero a emissioni nette zero? Le politiche attuali prevedono solo un calo del 3% delle emissioni di CO2 dal 2022 al 2030, quando il calo dovrebbe essere 11 volte più intenso (33%) nello stesso periodo; la crescita dei consumi, in particolare per data center e aria condizionata, sta complicando ulteriormente il percorso rispetto alle stime Iea dell’anno scorso (-5% emissioni al 2030).
La crescita record delle energie rinnovabili sta mantenendo aperto uno stretto sentiero verso 1,5°C, ma i governi devono mettere in atto ora chiari piani di transizione ai combustibili fossili, altrimenti si chiuderà rapidamente, perdendo vantaggi per tutti: il percorso delineato dalla Iea per restaree entro 1,5°C consentirebbe infatti il pieno accesso all'energia, dimezzerebbe i decessi prematuri dovuti all'inquinamento atmosferico, ridurrebbe le bollette energetiche delle famiglie, creerebbe sistemi energetici più sicuri ed eviterebbe le peggiori devastazioni climatiche.
Per lo scenario Net zero la Iea ribadisce dunque che non è necessario estrarre nuovo petrolio, carbone o gas: «Nello scenario Nze, i cali della domanda sono sufficientemente forti da non richiedere nuovi progetti di estrazione di petrolio e gas convenzionali a lungo termine, e nemmeno nuove miniere di carbone o estensioni della durata di vita delle miniere di carbone». Non serve neanche nuovo Gnl, la cui impronta di carbonio peraltro è peggiore di quella del carbone: tutti i progetti di infrastrutture per il Gnl già in costruzione sono anzi incompatibili con il limite di 1,5 °C. Un trend che suggerisce di dismettere le infrastrutture non più necessarie, come il rigassificatore di Piombino.
«Man mano che avanziamo nell'era dell'elettricità, sono il solare e le batterie a rubare la scena. La Iea prevede per il 2030 un aumento rispettivamente del 24% e del 54% rispetto alle previsioni dell'anno scorso – commenta Dave Jones, Global insights programme director di Ember – Tuttavia, il 2024 ha dimostrato che la domanda di elettricità è insaziabile, e la Iea presume che continuerà. Ma con l'aumento del consumo di energia, anche la rapida crescita delle rinnovabili non si traduce in una rapida diminuzione delle emissioni di CO2. La crescita delle rinnovabili sta creando un'abbondanza di energia, ma questo si tradurrà in un calo sostanziale delle emissioni di CO2 solo se ci sarà contemporaneamente una forte attenzione all'utilizzo dell'energia il più possibile senza sprechi».