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Rinnovabili, con oltre 1.800 giorni di ritardo entra oggi in vigore il decreto Fer 2

Ma servono ancora 30 giorni per approvare le regole operative necessarie al riconoscimento dei “nuovi” incentivi
 |  Nuove energie

Il ministero dell’Ambiente ha pubblicato ieri il decreto Fer 2 per i “nuovi” incentivi per produrre elettricità da fonti rinnovabili, con oltre 1.800 giorni di ritardo sulla tabella di marcia: come ricorda il “ritardometro” tenuto da Agostino Re Rebaudengo – presidente di Elettricità futura, l’associazione confindustriale che rappresenta il 70% del mercato elettrico nazionale –, il decreto era infatti atteso per il 10 agosto del 2019.

Il ministero sottolinea che i nuovi incentivi sono destinati a realizzare impianti a fonti rinnovabili «innovativi o con costi elevati di esercizio», come  impianti alimentati da biogas e biomasse, solari termodinamici, geotermoelettrici, eolici off-shore, fotovoltaici floating sia off-shore che su acque interne, come pure gli impianti alimentati da energia mareomotrice, del moto ondoso e altre forme di energia marina, che presentino caratteristiche di innovazione e ridotto impatto sull’ambiente e sul territorio.

Il decreto entra in vigore oggi, ma di fatto è ancora inutilizzabile, in quanto entro 30 giorni è adesso attesa l’approvazione – da parte del ministero, su proposta del Gestore dei servizi energetici (Gse) – delle regole operative che dovranno disciplinare le modalità e le tempistiche di riconoscimento degli incentivi.

Si tratta comunque di un passo avanti, dopo il via libera della Commissione Ue al decreto arrivato a inizio giugno. Obiettivo dell’intervento è incentivare la realizzazione di una capacità di 4,59 GW di impianti entro il 31 dicembre 2028, da finanziarsi mediante un prelievo dalle bollette elettriche dei consumatori finali, per un ammontare complessivo stimato in un massimo di 35,3 mld di euro nell'arco di 20 anni di vita utile degli impianti; a confronto, il Fondo monetario internazionale stima che nel solo 2022 i sussidi ai combustibili fossili offerti dallo Stato italiano siano arrivati a 63 mld di dollari (la stima di Legambiente arriva a 94,8 mld di euro, sempre in un solo anno).

Gli incentivi assumeranno la forma di un contratto bidirezionale per differenza per ogni kWh di energia elettrica prodotta e immessa in rete, che sarà versato per una durata pari alla vita utile delle centrali.

Dalle fonti rinnovabili arriva già il 44% circa della produzione elettrica italiana, ma la loro economicità ancora non si sente sul costo delle bollette, perché ad oggi il prezzo del kWh è determinato dal costo marginale dell’offerta più alta accettata, a sua volta legata al costo del gas fossile. La riforma del mercato elettrico approvata in Ue è chiamata a modificare questo assetto per far emergere con maggior chiarezza l’economicità delle fonti rinnovabili, ma l’aver puntato come strumento principale sui contratti a differenza a due vie anziché sui contratti a lungo termine di tipo Ppa (Power purchase agreement) si teme possa minare l’efficienza del processo. Soprattutto, senza sufficienti impianti rinnovabili installati, la condanna a dipendere dall'importazione e uso di combustibili fossili come il gas resta immutata: nel corso del 2023 in Italia sono entrati in esercizio circa 5,7 GW di nuovi impianti rinnovabili, contro i circa +12 GW necessari annualmente per raggiungere i target di decarbonizzazione al 2030.

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Redazione Greenreport

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