
Declassamento del lupo, Wwf in audizione alla Camera: «Decisione ideologica e senza fondamento scientifico»

«Solo lo 0,065% del bestiame europeo ogni anno è predato dal lupo: considerare il lupo il vero problema per il settore zootecnico e cambiare lo stato di protezione di una specie chiave per un impatto così minimo è illogico. Questa decisione inoltre non tiene conto delle evidenze scientifiche che sottolineano come gli abbattimenti non siano una soluzione efficace per mitigare i conflitti». E poi: «Siamo di fronte a una falsa scorciatoia che rischia di danneggiare la biodiversità e gli stessi allevatori». Si è svolta oggi, presso la commissione Politiche dell’Unione europea della Camera dei deputati, l’audizione del Wwf Italia sul dossier relativo alla proposta di modifica della Direttiva Habitat, che prevede il declassamento dello status di protezione del lupo (Canis lupus) in Europa. Un passaggio normativo che, se approvato, consentirebbe agli Stati membri di adottare misure di gestione più flessibili, incluse quote annuali di abbattimento.
Il Wwf ha espresso forte preoccupazione per l’illogicità e pericolosità della proposta, evidenziando che si tratta di una scelta dettata da pressioni ideologiche e politiche, in particolare del settore zootecnico, ma non da dati oggettivi.
Le evidenze scientifiche portate a dimostrazione dal Panda nel criticare la decisione dimostrano infatti chiaramente che il lupo ha un impatto trascurabile sul comparto zootecnico: solo lo 0,065% del bestiame allevato in Europa è vittima di predazione da parte del lupo ogni anno. Una percentuale insignificante, sottolinea l’associazione, che non giustifica in alcun modo un cambiamento così drastico nella protezione di una specie fondamentale per gli ecosistemi.
«È del tutto irrazionale prendere una decisione politica che rischia di farci compiere gli stessi errori del passato e compromettere decenni di successi nella conservazione della specie – ha sostenuto il Wwf Italia nel corso dell’audizione alla Camera – per un impatto sul bestiame che i numeri definiscono assolutamente marginale e che vengono ingigantiti solo per pressioni provenienti dal mondo zootecnico e da quello venatorio».
Il Wwf ha ribadito che la Direttiva Habitat già oggi consente deroghe puntuali per interventi mirati, quando sussistano danni significativi o rischi per la pubblica sicurezza, purché non siano disponibili alternative efficaci. Un regime che ha sempre permesso di gestire le situazioni conflittuali, senza danneggiare la specie.
Uccidere i lupi non riduce gli attacchi al bestiame e mette a rischio l’equilibrio degli ecosistemi, è il tasto su cui insiste il Panda. Gli studi scientifici dimostrano che l’abbattimento dei lupi non riduce sul medio-lungo termine le predazioni, ma anzi in certi casi può anche incrementare danni e conflitti. La destrutturazione dei branchi, infatti, può generare l’effetto opposto a quello sperato: giovani lupi inesperti e solitari si rivolgono con maggiore frequenza ad animali domestici, prede facili se non adeguatamente protette. Viceversa, l’applicazione diffusa di misure di prevenzione – recinzioni elettrificate, cani da guardiania, ricoveri notturni – ha dimostrato un’efficacia molto maggiore, con riduzione significativa dei danni, come dimostrato da casi studio in Italia.
Inoltre, fa notare il Wwf, il lupo ha un ruolo fondamentale per la regolazione naturale delle popolazioni di ungulati selvatici come i cinghiali e di altre specie come la nutria, che ingenti danni possono arrecare al comparto agricolo e non solo. Il suo ruolo contribuisce a mantenere l’equilibrio ecologico, previene sovrappopolazioni e ci aiuta a limitare danni alle colture agricole e la diffusione di patologie tra selvatici e domestici.
La proposta europea ignora completamente lo stato di conservazione delle 9 popolazioni di lupo presenti nel continente, denuncia il Panda: 6 di esse sono ancora classificate come vulnerabili o quasi minacciate dalle liste rosse Iucn. La stessa Large Carnivore Initiative for Europe (Llcie), organo della Iucn composto dai maggiori esperti di grandi carnivori a livello europeo, ha dichiarato che il declassamento è prematuro e non fondato su basi scientifiche, raccomandando piuttosto una attenta gestione territoriale mirata e supportata dalla ricerca.
