Pesca illegale a Zanzibar: tra sopravvivenza e turismo
L'arcipelago di Zanzibar, al largo della costa della Tanzania, è un'area di straordinaria bellezza naturale, nota per le sue spiagge sabbiose, le barriere coralline e specie marine come i delfini e le tartarughe marine, attrae ogni anno 500.000 turisti stranieri. Accanto All’industria turistica in forte espansione, la pesca artigianale è un pilastro economico fondamentale per le comunità locali. Ogni anno vengono pescate 34.000 tonnellate di pesce, che forniscono reddito e cibo a circa 190.000 persone. Ma con l'aumento della domanda da parte di hotel e ristoranti turistici, unito all'impatto globale sulla vita marina, alla raccolta locale di coralli per materiali da costruzione e alla pesca eccessiva, resta sempre meno per le comunità locali.
Per assicurarsi cibo e reddito, i pescatori di Zanzibar pescano sempre di più dentro aree proibite.
Il rapporto “A Rapid Assessment of the Trade Dynamics and Consumption of Key Protected Marine Species in the Zanzibar Archipelago Focusing on the Pemba Channel Conservation Area (PECCA)”, pubblicato recentemente dall’ United States Agency for International Development (USAID) e condotto da TRAFFIC, ha scoperto che la maggior parte del pescato di Zanzibar ma anche che «Per fare soldi, pesci più grandi e redditizi come tonni e dentici, polpi, aragoste e specie protette, come squali, razze, tartarughe marine, cetrioli di mare, cavallucci marini e pesci ago, vengono venduti agli hotel sull'isola principale di Zanzibar, Unguja, o a Dar es Salaam e Mombasa sulla terraferma della Tanzania. Una piccola parte di queste specie protette viene trattenuta a Pemba per cibo e medicina tradizionale».
Nelle interviste realizzate per u il rapporto, la gente del posto ha segnalato un calo nella quantità di pesce catturato. Due terzi dei pescatori hanno notato una marcata diminuzione nelle popolazioni di specie marine protette chiave, come gli squali, negli ultimi 10 anni.
Il rapporto si è concentrato su 4 gruppi di specie marine elencate nella Convention on International Trade of Endangered Species (CITES): chelonidi (tartarughe marine); elasmobranchi (squali, razze e mante); oloturie (cetrioli di mare); e singnatidi (cavallucci marini e pesci ago).
Nel mare di Zanzibar vivono tartarughe marine in pericolo o in pericolo critico di estinzione, come la tartaruga verde, la tartaruga embricata e la tartaruga Caretta caretta e, occasionalmente. la tartaruga olivastra. Nonostante le iniziative di sensibilizzazione del governo autonomo di Zanx zibar e di quello della Tanzania, le autorità competenti e i pescatori segnalano una domanda crescente di carne di tartaruga marina per il consumo locale. E I pescatori hanno lasciato intendere che, nonostante il numero allarmante di decessi dovuti al consumo di carne di tartaruga marina, i piatti a base di tartaruga marina sono sempre più richiesti da clienti e hotel della terraferma, mentre i carapaci si trovano comunemente in vendita nei negozi di souvenirs dai venditori ambulanti, proprio come succedeva in diverse località costiere e insulari italiane fino agli anni ‘70.
Lo studio ha scoperto che la carne di squalo viene consumata principalmente a Zanzibar ma, secondo i pescatori, non dalle comunità costiere. Al contrario, le pinne di squalo, più redditizie, vanno tutte ad alimentare il commercio internazionale illegale.
TRAFFIC avverte che «I dati hanno dimostrato che negli ultimi 10 anni, nonostante il governo di Zanzibar non rilasci licenze di esportazione, è emersa una rete clandestina di trafficanti che commercia pinne di squalo principalmente con i mercati dell'Asia e del Medio Oriente».
Mentre il rapporto si è concentrato sulle specie catturate in natura, a Zanzibar vengono commercializzati cetrioli di mare sia allevati che e raccolti in natura. Recentemente, la Tanzania ha iniziato a concedere licenze di allevamento delle oloturie in aree specifiche, ma ha vietato il commercio internazionale dalla Tanzania continentale. Il rapporto spiega che «Le specie allevate tendono a essere raccolte da donne e bambini per 5 o 6 ore al giorno, raccogliendo fino a 2 kg di cetrioli di mare ciascuno. Questi vengono poi essiccati e sono i prodotti marini protetti più esportati, con la maggior parte destinata all'Asia.
A causa del divieto, il numero di commercianti di cetrioli di mare che cercano di immettere oloturie allevate sulla terraferma nelle esportazioni dell'arcipelago fornisce ai commercianti illegali una maggiore copertura. Cosa confermata dai pescatori di Zanzibar che hanno riconosciuto che è in atto una significativa diminuzione della loro capacità di catturare cetrioli di mare selvatici.
Zanzibar ha vietato la raccolta e l'esportazione di cavallucci marini e pesci ago ma il rapporto ha scoperto che «I cavallucci marini vengono spesso commerciati, ottenendo prezzi più alti all'estero come esemplari secchi (selvatici) per la medicina tradizionale e il commercio di curiosità, oltre a un commercio molto più piccolo di cavallucci marini vivi (selvatici e allevati in cattività) per gli acquari».
Dallo studio e dalle interviste emerge che «i prezzi più elevati pagati per i prodotti della medicina tradizionale stanno incrementando la raccolta di queste specie protette e che la domanda locale è in aumento a causa dell'utilizzo della medicina tradizionale da parte di una crescente comunità di espatriati provenienti dall'Asia».
Oltre alla pesca senza permessi e in aree marine protette, la pesca illegale al largo dell'arcipelago utilizza metodi proibiti come reti illegali, trappole, fucili subacquei e sostanze chimiche come cianuro e dinamite. TRAFFIC e Usaid avvertono che «Queste attività hanno un impatto sugli stock ittici e minacciano altre forme di vita marina attorno alle isole. Ad esempio, l'uso della dinamite e il trascinamento delle reti da posta hanno distrutto il corallo dell'isola di Misali e delle aree limitrofe, causando il declino di almeno il 30% della barriera corallina».
La politica economica ufficiale del governo della Tanzania punta a promuovere la crescita economica, l'inclusione sociale e il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione di Zanzibar, preservando e garantendo al contempo la sostenibilità della biodiversità oceanica e delle aree costiere e i redattori del rapporto sono convinti che «Incoraggiare il turismo fornirà ulteriore sicurezza occupazionale e crescita economica per la zona. Tuttavia, il commercio e la domanda da parte di questi turisti devono essere monitorati, insieme alla sensibilizzazione locale su ciò che è illegale commerciare».
La domanda di pesce e carne “esotica” spinge i pescatori a catturare e vendere specie protette principalmente per il consumo locale e per gli hotel dell'isola principale di Zanzibar, Unguja. il 98% del commercio internazionale di Zanzibar deriva dalle risorse marittime che forniscono lavoro a un terzo della popolazione e costituiscono quasi un terzo del Prodotto interno lordo dell'arcipelago. Ma, di fronte a tutte queste fortissime pressioni, a Zanzibar ci sono solo 3 agenti delle forze dell'ordine che pattugliano attivamente un'area di circa 800 km2, che comprende 31 punti di sbarco, e questa mancanza di sorveglianza e controllo rappresenta uno dei principali problemi nella lotta al contrabbando di prodotti marini.