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Anche le farfalle si riparano all’ombra in estate

Studio condotto nella Riserva UNESCO del Monte Peglia spiega come fare a salvaguardarle dai cambiamenti climatici con un modello predittivo dei loro bisogni
 |  Natura e biodiversità

Con il riscaldamento climatico le specie animali si stanno spostando verso le regioni settentrionali e verso aree a maggior altitudine. Le zone collinari della regione mediterranea sono quindi a rischio di perdita di biodiversità con conseguenze imprevedibili sul funzionamento degli ecosistemi. Dato il carattere globale delle cause dei cambiamenti climatici, diventa fondamentale indentificare strategie a livello locale per minimizzarne gli effetti. Facilitare gli spostamenti verso nord a livello continentale e quelli altitudinali a livello regionale può preservare le specie animali in luoghi diversi da quelli di origine, ma non risolve la perdita di diversità in aree meridionali e di bassa altitudine come le regioni collinari dell’area mediterranea. In questi casi è necessario lavorare a livello di micro-ambienti, cioè capire se esistano e quali siano i piccoli rifugi che gli animali possono sfruttare per sopravvivere all’aumento dell’aridità. Lo scopo ultimo è preservare questi micro-ambienti esistenti e favorirne lo sviluppo in modo da massimizzare le funzioni ecosistemiche.
Lo studio “Micro-habitat shifts by butterflies foster conservation strategies to preserve pollinator diversity in a warming Mediterranean climate”, coordinato dall’Università di Firenze e dalla Riserva Mondiale Biosfera UNESCO Monte Peglia, che è stato pubblicato sulla rivista Ecological Indicators, definisce le buone pratiche per conservare le farfalle in ambiente Mediterraneo ed è stato quindi per questo chiamato “Protocollo Peglia”. I risultati infatti oltre a confermare il paradigma ormai assodato che le farfalle prediligono le aree prative mantenute per lo sfalcio e per il pascolo, hanno evidenziato per la prima volta che, nei momenti più caldi, le farfalle si allontanano dai prati cercando un rifugio temporaneo nelle zone ombrose, in quelle prossime ai torrenti e salendo ad altitudini maggiori lungo la collina. Questo effetto sembra coinvolgere quasi la totalità delle farfalle, potenzialmente più dell’80 per cento degli individui. Tra i boschi diversi che offrono questo riparo è stato dimostrato che una gestione oculata del ceduo può portare grandi vantaggi agli impollinatori. Difatti, in momenti diversi dell’anno, le farfalle hanno dimostrato preferenze diverse per stadi diversi di ricrescita di questi boschi, facendoci capire che un taglio in piccole parcelle sfalsato nel tempo può sostenere una maggiore biodiversità degli impollinatori
Le conclusioni dello studio in termine di conservazione indicano che per conservare gli impollinatori dall’incremento dell’aridità prevista per l’ambiente mediterraneo è necessario preservare le linee d’acqua dal completo sfruttamento e promuovere un tessuto agricolo e forestale di tipo tradizionale basato su produzioni magari minori ma di alta qualità. Qui piccoli appezzamenti e un’attività zootecnica fondata su uno sfruttamento non eccessivo dei pascoli e sullo sfalcio oculato di aree prative deve essere accompagnato dalla presenza di bordure e aree boschive che possano prevedere ridotte attività di ceduazione. Tutto questo manterrà un mosaico ambientale in cui molti esseri viventi troveranno tutte le risorse per sopravvivere anche compiendo piccoli spostamenti tra un micro ambiente e l’altro e superare così le giornate più torride e secche delle estati che purtroppo andremo ad esperire nei prossimi anni.
Lo studio coordinato dal Prof. Leonardo Dapporto e dalla Dottoressa Claudia Brushini dell’Università di Firenze e dall’avv. Francesco Paola Presidente della Riserva MAB Unesco Monte Peglia, è stato realizzato per il progetto PSR 16.5.1 Regione Umbria su un’estesa area inclusa nella Riserva della Biosfera, diventata laboratorio e modello per comprendere come proteggere, in ambiente Mediterraneo, gli impollinatori e le funzioni ecosistemiche che sostengono per l’agricoltura, l’allevamento zootecnico e lo sviluppo forestale, rilevando una forte interconnessione tra queste realtà.
«Il tema di questa ricerca, di straordinario rilievo - dichiara Paola - conferma il ruolo centrale delle Riserve della Biosfera Unesco, di laboratorio di studio sugli ecosistemi e non potrebbe esservi modello predittivo più affascinante di quello basato sullo studio degli impollinatori. Abbiamo individuato 93 specie di impollinatori, alcune “Direttiva Habitat”, a riprova di equilibri fragilissimi con notorietà e valorizzazione di aree che vengono dalla gestione delle ex Comunità montane poste in liquidazione. La Riserva MAB Unesco del Monte Peglia, Riserva Mondiale della Biosfera Unesco dell’Umbria diviene, come scrivemmo nel progetto di istituzione della Riserva e nel Piano di gestione approvati dalle Autorità Nazionali e dall’Unesco, nodo strategico per la sua collocazione e ponte dall’Europa verso l’Africa. Concludo evidenziando che non potrebbe esservi accezione più evoluta di quella notoria “Umbria Cuore Verde d’Italia” che quella di far divenire l’Umbria o buona parte di essa Riserva Mondiale di Biosfera, questo abbiamo detto più volte e per questo ci siamo posti a disposizione, senza indugio per non perdere chance immediate. Abbiamo stipulato almeno quindici protocolli di cooperazione, multidisciplinari, con varie Istituzioni di ricerca, alcuni di grande rilievo e dai risultati eccellenti come nel caso del Dipartimento di Biologia di UniFi».
Dappirto conclude: «Ringrazio il Presidente Francesco Paola per il ruolo decisivo svolto per questa ricerca così importante che intendevamo realizzare da più venti anni. La Riserva MAB Unesco del Monte Peglia, diventa oggi un modello di grande rilievo per comprendere le minacce per gli impollinatori e cercare di garantire loro un futuro in piena armonia con le attività agricolo-silvo-pastorali che insistono nell’area Mediterranea. Le prospettive che possono derivare da questi modelli di valorizzazione, che sono anche modelli predittivi degli effetti sui viventi dei mutamenti climatici, possono produrre effetti molto significativi ed estesi sulla conservazione della biodiversità mediterranea, soprattutto se verranno recepiti a livello nazionale e internazionale».

Redazione Greenreport

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