Il comparto delle bioplastiche italiane ha perso il 29,1% del fatturato nell’ultimo anno
Secondo lo studio realizzato da Plastic consult per il X rapporto annuale di Assobioplastiche, l’associazione che riunisce le imprese di settore, il fatturato dalla filiera è calato nel 2023 a circa 828 milioni di euro (-29,1%).
A pesare su questa flessione è stata la forte diminuzione dei listini (materie prime, semilavorati e prodotti finiti) che si è progressivamente concretizzata nel corso dell’anno passato.
L’industria delle plastiche biodegradabili e compostabili vanta comunque 288 aziende con 2.980 addetti dedicati – un dato sostanzialmente stabile – e 120.900 tonnellate di manufatti compostabili prodotti nell’ultimo anno (-5,5%, mentre il mercato delle plastiche tradizionali vergini è calato del 6%).
Nel 2023 le maggiori difficoltà sono state incontrate dal comparto monouso (calato di oltre il 20%), schiacciato «tra la concorrenza sleale dello “pseudo-riutilizzabile” e dalle importazioni di manufatti compostabili dal Far East», mentre è positivo l’andamento per i prodotti legati alla raccolta dell’umido e i film per l’agricoltura.
Le tendenze in atto nel 2024 indicano quindi una stabilità complessiva o, al meglio, solo un leggero recupero della produzione nazionale di manufatti compostabili. Secondo Assobioplastiche occorre però arginare la competizione sleale «da parte dei sacchetti illegali così come da parte delle stoviglie “pseudo-riutilizzabili” che hanno evidenti ricadute negative» sull’attività produttiva nazionale.
«Dopo un decennio di crescita costante, la contrazione nel largo consumo, l’illegalità e la concorrenza sleale hanno frenato per la prima volta l’industria delle bioplastiche in Italia – commenta Luca Bianconi, presidente di Assobioplastiche – La nostra Associazione da tempo ha denunciato il pericolo di questi aspetti distorsivi che stanno “azzoppando” la filiera italiana delle bioplastiche compostabili. Ribadiamo l’importanza degli strumenti messi in campo a tutela della legalità, come la piattaforma on-line realizzata da Assobioplastiche, con il supporto del Consorzio Biorepack, per la segnalazione di potenziali illeciti nel settore degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile e delle frazioni similari».
Al contempo Biorepack, il primo sistema consortile europeo di responsabilità estesa del produttore (Epr) dedicato agli imballaggi in bioplastica compostabile, ha lanciato la nuova campagna di comunicazione “I Buttadentro” proprio per promuovere il legame virtuoso tra una corretta raccolta dell’umido e la produzione di compost.
«Le bioplastiche compostabili sono materiali innovativi, ed è quindi importante aiutare i cittadini a capire come riconoscerle e il perché devono essere conferite insieme all'umido domestico. Il percorso educativo è certo ancora impegnativo – sottolinea il presidente di Biorepack, Marco Versari – molte persone continuano a conferire nella raccolta dell’umido materiali non compostabili (Mnc), tra cui plastica, vetro e metallo, che complicano le attività degli impianti di compostaggio, limitando la crescita del tasso di riciclo e di generazione di compost».
Resta invece tutto da valutare l’impatto della procedura d’infrazione aperta a fine maggio dalla Commissione Ue nei confronti dell’Italia, per non aver recepito pienamente e correttamente la direttiva sulla plastica monouso (2019/904).
Approvata esattamente cinque anni fa, la direttiva Sup sulla plastica monouso è stata recepita dal Governo italiano nel novembre del 2021 per poi entrare in vigore nel gennaio dell’anno successivo. La Commissione Ue non ha comunicato i motivi per l’apertura della procedura d’infrazione, ma già allora Greenpeace e altre associazioni ambientaliste denunciavano «il concreto rischio» dell’avvio di una procedura d’infrazione contro l’Italia, viste le modalità di recepimento a maglie larghe sul monouso di bioplastiche e prodotti rivestiti in plastica.