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L’economia circolare dell’alluminio italiana è in difficoltà: scarseggiano i rottami

Centroal e CiAL: difendere una grande risorsa dell’Italia
 |  Green economy

Oggi, durante una conferenza stampa tenutasi alla Camera dei deputati, il presidente di Assomet-Centroal, Danilo Amigoni, e il direttore generale di CiAL, Stefano Stellini, hanno sottolineato che «L’Italia, Paese leader del riciclo in Europa, vive un paradosso proprio sul materiale riciclabile al 100 per cento e infinite volte, l’alluminio. Non sono infatti disponibili quantità sufficienti di rottami. Abbiamo, cioè, una capacità di riciclo sottoutilizzata».
Centroal rappresenta l'intera catena del valore dell'industria dell'alluminio italiana e fa parte di dell’Associazione Nazionale Industrie Metalli non Ferrosi (Assomet) di Confindustria; CIAL è il Consorzio Nazionale senza fini di lucro che rappresenta l’impegno assunto dai produttori di alluminio e dai produttori e utilizzatori di imballaggi in alluminio e dai recuperatori e riciclatori di imballaggi in alluminio post-consumo, nella ricerca di soluzioni per ottimizzare, nonché raccogliere, recuperare e riciclare, gli imballaggi in alluminio post-consumo, conciliando le esigenze di mercato con quelle di tutela dell’ambiente.
Amigoni ha spiegato che «La ragione è che in quantità crescente (a livello Ue 1,4 mln t nel 2023, +13% su base annua) i rottami di alluminio vengono accaparrati sul mercato da Paesi del Far East, dove vengono lavorati con bassi standard ambientali e tramite sussidi che danneggiano l’Europa e al suo interno in modo particolarmente grave l’Italia. Chiediamo alla politica italiana, che nei mesi scorsi ha offerto un primo segnale inserendo i rottami di alluminio e di altri metalli non ferrosi nel sistema di monitoraggio nazionale sull’export delle materie prime critiche, di spingere per l’introduzione in Europa di norme per consentano la fuoriuscita di rottame solo verso Paesi terzi in grado di certificare i medesimi standard ambientali della Ue, e dunque i medesimi oneri a carico delle imprese. Chiediamo inoltre una posizione a favore di modifiche al CBAM, il meccanismo che tassa l’importazione in Ue di materiali ad elevate emissioni, ma non i prodotti finiti che al loro interno contengono proprio quei materiali. Il che è un ulteriore elemento di penalizzazione per le attività di riciclo e per il mercato all’interno della Ue».
Le performance dell’alluminio nel riciclo sono molto evidenti nel comparto degli imballaggi, di cui si occupa CiAL e Stellini ha evidenziato che «Con un tasso di riciclo medio, negli ultimi cinque anni, del 70% di imballaggi in alluminio il nostro Paese non solo ha da tempo raggiunto e superato gli obiettivi al 2030, ma si colloca al primo posto in Europa con ben 10 punti percentuali sopra la media (59%) degli altri paesi. L’efficienza del sistema italiano è ancor più evidente se si analizza lo spaccato del tasso di riciclo per le sole lattine in alluminio per bevande, pari al 93,8% per il 2023. Un risultato da record, in linea con quello dei Paesi i cui sistemi sono basati sul deposito cauzionale e abbondantemente superiore al tasso medio di riciclo europeo del 76%».
L’Italia è capofila anche sulla prevenzione: uno studio realizzato da CIAL per tracciare la tendenza evolutiva del packaging in alluminio a partire dal 2000 dimostra che le imprese della filiera sono riuscite a risparmiare in media all’anno «circa 5.350 tonnellate di materiale (l’equivalente di 51.000 carrozzerie per auto) per un totale di 107.000 tonnellate pari ad una riduzione complessiva di 936.000 tonnellate di CO2. Ciò grazie a miglioramenti dei processi produttivi e a una progettazione dell’imballo finalizzata a massimizzare il riciclo».
Amigoni e Stellini hanno concluso: «In Italia viene prodotto solo alluminio da riciclo che garantisce sostenibilità ambientale, decarbonizzazione ed efficienza energetica. Il riciclo necessita di solo il 5% dell’energia richiesta per la produzione di alluminio primario. A livello europeo il riciclo dell'alluminio potrebbe comportare una riduzione delle emissioni di CO2 del 46% all’anno al 2050».

Redazione Greenreport

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