
Brindisi, tra chiusure industriali e incertezze sulla riconversione: il M5S incalza il Governo

A settembre 2024, ventidue parlamentari del Movimento 5 Stelle avevano già lanciato l’allarme (in allegato in coda all’articolo, ndr) con una mozione alla Camera – a prima firma di Patty L'Abbate, vicepresidente della commissione Ambiente – chiedendo al Governo di adottare un piano strategico per la riconversione industriale di Brindisi. Oggi, a distanza di mesi, lo scenario descritto in quell’atto parlamentare è diventato realtà: la chiusura della centrale a carbone Federico II di Cerano entro la fine del 2025 e la crisi del polo chimico Eni-Versalis mettono in pericolo migliaia di posti di lavoro, senza che vi siano progetti concreti per il rilancio dell’area.
La centrale Enel di Cerano, una delle più grandi d’Italia, dovrà essere dismessa per rispettare gli impegni di decarbonizzazione, ma il progetto di riconversione ipotizzato – la produzione di moduli fotovoltaici – non ha avuto seguito, lasciando un vuoto industriale difficile da colmare. Sul fronte del polo chimico, la chiusura della linea di cracking sta mettendo in ginocchio i lavoratori dato che al contempo il piano di riconversione per la produzione di batterie, che avrebbe dovuto garantire un’alternativa occupazionale, è fermo al palo.
La mozione presentata in Parlamento sottolineava l’urgenza di un’azione coordinata per evitare che Brindisi subisse un declino industriale irreversibile. Tra le richieste avanzate: la bonifica delle aree inquinate, il potenziamento del porto come piattaforma logistica per il Mediterraneo, il rilancio delle energie rinnovabili e l’alta velocità ferroviaria. Misure che, ad oggi, restano sulla carta.
Per ribadire la necessità di un intervento governativo, i parlamentari del M5S terranno una conferenza stampa il prossimo 6 marzo a Brindisi. L’obiettivo? «Tutelare i posti di lavoro, ascoltare i lavoratori e far capire all’esecutivo Meloni – dichiara L’Abbate a greenreport – che non può lavarsene le mani e che l'aumento dei costi energetici e delle materie prime non può trasformarsi in un’ennesima crisi industriale senza soluzioni. L’assenza di un piano strutturato per Brindisi rischia di lasciare il territorio in una situazione di grave emergenza sociale ed economica».
Senza contare che la sfida di Brindisi è emblematica di un problema più ampio: senza strategie di riconversione efficaci, la transizione energetica rischia di tradursi in desertificazione industriale. E se il Governo non interverrà in modo concreto, il prezzo di questa inazione sarà pagato da lavoratori e comunità locali.
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