Investimenti quasi raddoppiati per le rinnovabili e prezzi dell’energia in calo. Ma il futuro è incerto
Secondo l’Irex Annual Report 2024, lo studio di Althesys che dal 2008 monitora il settore delle rinnovabili, analizza le strategie e delinea le tendenze future, «L’industria italiana delle rinnovabili sta vivendo forse il suo momento migliore: gli investimenti in progetto quasi raddoppiati a 80 miliardi del 2023 contro i 41 dell’anno precedente mostrano chiaramente un eccellente stato di salute del settore. Ma le buone notizie non finiscono qui. Con l’introduzione del nuovo disegno di mercato elettrico Ue, le bollette elettriche potrebbero beneficiare della riduzione del costo della materia prima, grazie ai contratti per differenza che l'Italia adotterà per le nuove installazioni».
Anche l’adeguatezza del sistema elettrico italiano nel medio termine offre un quadro rassicurante grazie al capacity market e allo sviluppo infrastrutturale del gestore di rete. Ma L’irex 2024 avverte che «Su tutto questo, tuttavia, incombe - come è noto - l’incertezza causata dal DL Agricoltura, in discussione in queste ore, e potenzialmente in grado di cancellare gran parte degli investimenti previsti nel fotovoltaico».
Il report è stato presentato questa mattina nel corso dell’evento “Rinnovabili, l’ora delle scelte” e Alessandro Marangoni, amministratore delegato di Althesys e a capo del team di ricerca, ha sottolineato che «L'Irex Annual Report mostra un settore italiano delle rinnovabili che ha continuato a crescere nonostante le sfide economiche globali, l'alto costo del denaro, i rincari dei materiali e le complessità nei processi autorizzativi. Tra gli elementi caratterizzanti: la riduzione della taglia media delle operazioni, lo sviluppo dell’eolico offshore che, sulla carta, è la tecnologia emergente nel 2023 e il crescente interesse per gli accumuli, con l’affacciarsi di molti player e progetti».
Le iniziative rilevate dal rapporto sono 1.180 (+23% sul 2022 e +170% sul 2021), per una potenza di 50,9 GW e un valore aggregato di 80,1 miliardi di euro, contro i 41 miliardi del 2022. L’attenzione dei player rimane prevalentemente in Italia: sono il 96% del totale, con l’agrivoltaico arrivato a 368 iniziative, primo per potenza, avendo raggiunto i 15,8 GW e 14 miliardi, mentre il fotovoltaico, in testa come numero di operazioni, ha registrato 12,6 GW e 10,4 miliardi di euro. L’eolico onshore con 254 iniziative segna un valore di 19,2 miliardi per 14,1 GW. L’eolico offshore conta poi 12 operazioni per 8,4 GW e 28,1 miliardi, mentre gli investimenti complessivi per i sistemi di accumulo passano da 3,2 a 8,2 miliardi.
La taglia media degli impianti scende da 48 MW nel 2022 a 44, mentre aumentano le operazioni inferiori a 10 MW, il cui peso sale dal 16% al 30% del totale.
Althesys fa notare che «Anche lo sviluppo dei sistemi di accumulo è un fattore cruciale per abilitare la transizione energetica con la crescita delle rinnovabili. Nel nostro Paese, a fine 2023, risultano installate 519.000 batterie, per una potenza complessiva di 3.367 MW e una capacità massima di 6.645 MWh. La tecnologia più diffusa è ancora quella a base di litio. Il 99% degli impianti è inferiore ai 20 kW, di cui la maggior parte sotto ai 10 kW (91%). I sistemi utility scale in via di autorizzazione salgono del 34% su base annua a 2,4 GW nel 2023. In tema di accumuli, l’Italia si caratterizza in Europa per l’introduzione del meccanismo di approvvigionamento di capacità di stoccaggio elettrico (MACSE) volto ad assicurare la costruzione di accumuli che non sarebbero realizzabili a condizioni di mercato. Il meccanismo dovrebbe consentire l’approvvigionamento di circa 71 dei 95 GWh di nuova capacità di accumulo necessaria al 2030, con una prevedibile presenza preponderante delle batterie, seguite dagli accumuli idroelettrici».
Per quanto riguarda la distribuzione territoriale, sono ancora le regioni del Sud a confermarsi le maggiori destinatarie per potenza dei progetti, con una concentrazione in Sicilia, Puglia e Sardegna. Il rapporto evidenzia che «Il processo autorizzativo pare migliorare ma resta un nodo critico. Il numero di progetti autorizzati è cresciuto del 73% rispetto al 2022, a fronte del 18% in via di autorizzazione. Il grande balzo è soprattutto del fotovoltaico, mentre l’agrivoltaico resta stabile. Discorso inverso per l’eolico a terra, dove i progetti in via di autorizzazione sono cresciuti più degli autorizzati (56,5% contro 22,7%), aumentando il divario tra i due. Tutti gli impianti offshore censiti sono in corso di autorizzazione».
Dopo il boom dei prezzi del 2022, il 2023 segna un sensibile ridimensionamento dei prezzi elettrici in Europa: «La media si attesta a 96,1 €/MWh (-54% sul 2022), in cui l’Italia ha sempre i valori più alti (127,2 €/MWh), mentre i Paesi scandinavi quelli più bassi. I valori di LCOE (ovvero il costo medio per unità di elettricità generata) sono invece cresciuti sensibilmente e l’aggiornamento delle tariffe è diventato imprescindibile per il successo delle aste in tutta Europa. Il LCOE dell’eolico offshore varia tra 82,1 €/MWh del Mare del Nord e 121,1 €/MWh del Mediterraneo; nel fotovoltaico il valore medio del LCOE degli impianti commerciali si attesta a 107,4 €/MWh (+9,8% sul 2022), mentre gli impianti di taglia industriale presentano un costo medio di 77 €/MWh (+10,6% sul 2022)».
Il report fa anche qualche previsione di scenario per il 2024 con i prezzi delle materie prime per la costruzione degli impianti eolici che vedranno variazioni differenziate: «In aumento alluminio e rame, in calo i materiali ferrosi, stabile il cemento per le fondazioni. Gli effetti saranno una discesa del LCOE più contenuta per l’onshore (nulla o fino al 5%) e più marcata per l’offshore (-10%/-15%). Per il fotovoltaico le pressioni sulla componentistica dovrebbero portare a ulteriori ribassi, con il costo dei moduli in calo del 10-15%».
Dall’incontro “Rinnovabili, l’ora delle scelte” è emerso che l’industria delle rinnovabili, e più in generale i mercati dell’energia, presto non saranno più gli stessi: «Quest’anno entrerà in vigore la riforma del mercato elettrico dell’Unione Europea, la cui introduzione punta a stabilizzare i meccanismi di remunerazione della capacità per le risorse in grado di garantire l’adeguatezza e il ricorso alla contrattazione per differenza per le rinnovabili (e il nucleare). Tutto questo porterà al declino dei mercati spot e agevolerà un percorso di strumenti diversi per fissare i segnali di prezzo: il ruolo principale spetterà non più ai mercati bensì agli Stati attraverso procedure competitive come aste o registri in grado di generare flussi stabili di ricavi per gli operatori. A quel punto è però necessario fissare congrue basi d’asta per garantire l’efficacia delle misure di sostegno alle rinnovabili. Limiti di prezzo al di sotto dei costi livellati delle tecnologie non permetterebbero di esaurire i contingenti, creando anche ritardi nelle iniziative a mercato».
L’analisi modellistica di NET di Althesys mostra opportunità e rischi del futuro disegno del sistema elettrico italiano: «I contratti per differenza previsti dai futuri decreti potrebbero limitare fortemente gli spazi per le iniziative di mercato, tra cui i PPA, dato che la capacità che sarà oggetto delle aste dovrà coprire quanto serve per raggiungere gli obiettivi del 2030». Una cosa però emerge: «i contratti per differenza potrebbero fare bene anche alle bollette. Il costo della componente “energia” della bolletta, pur variando a seconda degli scenari simulati per tenere conto delle incertezze su prezzi delle commodity e costi delle tecnologie, tenderà a scendere per l’effetto che la produzione rinnovabile ha sui prezzi del mercato elettrico spot».
Un altro dato positivo è che «L’adeguatezza del sistema italiano nel medio termine (2028) è assicurata dalla presenza contemporanea della capacità contrattualizzata nelle aste del capacity market 2022, 2023 e 2024, dalle reti previste dal piano di sviluppo di Terna e dall’assenza di ulteriori dismissioni, oltre a quelle già previste per il carbone. Complici anche la crisi industriale e un’elettrificazione più lenta del previsto, il consumo elettrico è sceso sotto i 320 TWh. Per mantenere il sistema adeguato occorre tenere in esercizio almeno 50,2 GW termoelettrici al 2028 e almeno 41 GW al 2033. Inoltre, sono già state autorizzate tutte le interconnessioni considerate come fondamentali per l’obiettivo di decarbonizzazione».