Unicef, nel 2024 morte o disperse nel Mediterraneo 2.200 persone
L’anno si è chiuso con un barchino in vetroresina arrivato a Lampedusa con solo 7 dei circa trenta migranti che erano salpati dalla Libia in cerca di una vita migliore: secondo le testimonianze dei sopravvissuti, in un non meglio precisato punto della rotta la piccola imbarcazione si è inclinata e ha cominciato a riempirsi d’acqua, facendo scattare il panico e facendo finire in mare una ventina di persone. Sempre secondo il racconto di chi è riuscito a toccare terra, molti tra questi dispersi erano donne e bambini. Ma questo è solo l’ultimo caso di una lunga, drammatica lista di morte e disperazione che ha segnato il 2024. Una lista punteggiata da casi eclatanti, ma che di per sé merita di essere messa sotto i riflettori e diventare oggetto di una seria riflessione da parte di chi ricopre le più alte responsabilità.
Secondo le stime dell’Unicef, infatti, il bilancio delle vittime e il numero dei dispersi nel Mediterraneo in questi dodici mesi che ci siamo lasciati alle spalle hanno superato quota 2.200, con quasi 1.700 vite perse solo sulla rotta del Mediterraneo centrale. Tra questi, sottolinea l’organizzazione che si occupa di assistenza umanitaria, ci sono centinaia di bambine, bambini e adolescenti. Proprio una persona ogni cinque di tutte quelle che migrano attraverso il Mediterraneo sono infatti minorenni. La maggior parte di loro fugge da conflitti violenti e dalla povertà. Dichiara Regina De Dominicis, direttrice dell’Ufficio regionale dell'Unicef per l'Europa e l'Asia centrale e coordinatrice speciale per la risposta ai rifugiati e ai migranti in Europa: «L’Unicef chiede ai Governi di utilizzare il Patto sulla migrazione e l'asilo per dare priorità alla salvaguardia di bambine e bambini. Ciò include la garanzia di percorsi sicuri e legali per la protezione e il ricongiungimento familiare, nonché operazioni coordinate di ricerca e salvataggio, sbarchi sicuri, accoglienza su base comunitaria e accesso ai servizi di asilo».
Tra i sopravvissuti al naufragio dell’altro giorno al largo di Lampedusa c’è un bambino siriano di 8 anni che insieme alla sua mamma, ora tra i dispersi in mare, voleva raggiungere il padre che si trova in Germania.
Dice ancora De Dominicis: «Chiediamo inoltre maggiori investimenti nei servizi essenziali per i bambini e le famiglie che arrivano attraverso rotte migratorie pericolose, tra cui il sostegno psicosociale, l'assistenza legale, l'assistenza sanitaria e l'istruzione. I Governi – conclude De Dominicis – devono affrontare le cause profonde della migrazione e sostenere l'integrazione delle famiglie nelle comunità ospitanti, assicurando che i diritti dei bambini siano protetti in ogni fase del loro viaggio».