Allevamenti: le associazioni chiedono un’etichetta “cage-free”. Ma il governo boccia l’emendamento
Durante la conferenza stampa “La fine delle gabbie: opportunità e sfide per sostenere la transizione del settore zootecnico in Italia” che si è tenuta alla sala stampa della Camera dei deputati, nome della coalizione italiana End the Cage Age, Animal Equality Italia, Animal Law Italia, CIWF Italia, ENPA, Essere Animali, HSI/Europe, LAV, Legambiente e LNDC Animal Protection hanno rivolto al Parlamento un appello che può essere riassunto con due sì e un no: «Sì alla trasparenza, no alle gabbie, sì al segno distintivo cage-free»
In Europa, ogni anno oltre 300 milioni di animali allevati a fini alimentari – di cui almeno 40 milioni in Italia – trascorrono ancora tutta la vita o gran parte della vita in gabbia. Gli animali tenuti in gabbia sono rinchiusi in ambienti spogli, in condizioni di sovraffollamento o di totale privazione di contatti sociali, incapaci di girare su sé stessi o di esprimere anche i più basilari comportamenti naturali della specie. La ricerca scientifica dimostra che le gabbie sono gravemente dannose per il benessere degli animali: posizione da cui non si discostano, ma che anzi confermano, i più recenti pareri scientifici dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare5 (EFSA).
Tuttavia, mentre a livello normativo europeo le cose, anche se lentamente, si stanno muovendo6, la transizione verso sistemi senza gabbie da parte delle aziende del settore alimentare è già iniziata, riflesso, questa, anche della sensibilità dei cittadini-consumatori sul tema.
In occasione della conferenza stampa è stata proiettata la recentissima video-inchiesta realizzata da Compassion in World Farming (CIWF) in alcuni allevamenti di conigli italiani e polacchi. Immagini sconvolgenti, che hanno mostrato le drammatiche condizioni in cui vive la stragrande maggioranza dei 14 milioni di conigli allevati.
In Italia, cresce l’interesse pubblico verso il benessere animale, come dimostrano l’Eurobarometro 2023 - secondo cui il 93% dei cittadini italiani ritiene importante che gli animali allevati abbiano spazio sufficiente per muoversi, sdraiarsi e alzarsi - e il sondaggio realizzato da Youtrend/Quorum per la campagna Vote4Animals, in vista delle elezioni europee dello scorso giugno, secondo cui 3 su 4 persone vorrebbero la fine delle crudeli pratiche diffuse negli allevamenti intensivi.
Le associazioni evidenziano che «La certificazione “cage-free” darebbe rilievo positivo ai prodotti provenienti da sistemi che non fanno uso di gabbie, riconoscendo l’impegno delle numerose aziende agroalimentari – tra cui molte italiane – che stanno eliminando gradualmente le gabbie dalle proprie filiere3. Sono già oltre 1.400 le aziende alimentari europee che si sono impegnate a non utilizzare le gabbie per l’allevamento delle galline ovaiole e ben oltre la metà di queste aziende hanno già realizzato i loro impegni per vendere o utilizzare solo uova cage-free anche per i prodotti confezionati, mentre altre si sono impegnate ad eliminare le gabbie per l’allevamento di scrofe e conigli. In Italia, tre importanti produttori del settore suinicolo hanno preso impegni pubblici e concreti per eliminare le gabbie per le scrofe dalle proprie filiere, generando un impatto economico positivo e allargando le possibilità per l’export del Made in Italy verso mercati esteri ed europei che presentano standard più elevati, come Regno Unito e Svezia».
Alla conferenza stampa erano presenti diversi parlamentari delle forze di opposizione che si sono uniti alla richiesta della creazione di un segno distintivo “cage-free” (“senza gabbie”) per tutte le specie allevate nell’ambito della specifica etichettatura relativa al “Sistema di qualità nazionale per il benessere animale” (SQNBA2) che sarà sul mercato dall’anno prossimo. Dopo il saluto del vicepresidente della Camera Sergio Costa, sono intervenuti le deputate Eleonora Evi (PD) e Giulia Pastorella (Azione) e i deputati Alessandro Caramiello (M5S) e Devis Dori (Alleanza Verdi Sinistra). Era presente anche Benedetto Della Vedova (+Europa. Si tratta dei rappresentanti dei gruppi che hanno raccolto l’istanza ambientalista e animalista presentando un apposito emendamento alla legge di bilancio 2025, con cui si chiede l’introduzione di un chiaro segno distintivo “cage-free” all’interno dell’attuale sistema di certificazione SQNBA per valorizzare il sistema produttivo italiano che ha già fatto investimenti. Ma la Commissione Bilancio ha dichiarato l’emendamento inammissibile e ora le associazioni non nascondono la loro delusione: «Siamo sorpresi e sconcertati che l’emendamento per la creazione del bollino ‘cage-free’ sia stato dichiarato inammissibile. Sarà stata una svista o un mero errore formale, sarebbe inspiegabile perdere l'occasione, a costo quasi zero, per migliorare le condizioni degli animali allevati e, soprattutto, far uscire dal buio e dall’anonimato l’impegno delle tante aziende agroalimentari italiane che stanno eliminando gradualmente le gabbie dalle proprie filiere. Per far ciò queste aziende hanno compiuto investimenti a proprie spese ed il minimo che Parlamento e Governo possono fare è permettere loro di rendere riconoscibili i propri prodotti da quelli che invece arrivano da animali in gabbia. Questa svista non chiude la questione, ci attendiamo che la battaglia politica per il riconoscimento di questo importante strumento di giustizia e trasparenza venga, con eventuali modifiche, raccolta e vinta da tutto il Parlamento sin da questa legge di Bilancio. E’ urgente istituire il segno distintivo cage-free all’interno della nuova etichettatura sul benessere animale che altrimenti risulterebbe veramente vuota di significato. I consumatori hanno diritto alla trasparenza e alle aziende virtuose deve venire riconosciuto il valore aggiunto (e il vantaggio competitivo) di allevare senza le crudeli gabbie».
Costa ha dichiarato: «La vita in gabbia per gli animali è veramente pesante e contrasta con tutti i principi di benessere animale, costringendoli ad uno straziante ergastolo. Saremmo felici se questo diventasse un emendamento governativo, è una speranza, forse un'utopia, ma è quella che seguiamo, quella di un futuro senza gabbie».
La Evi ha sottolineato che Siamo riusciti a mettere sullo stesso tavolo tutte le opposizioni, che hanno presentato insieme questo emendamento, che chiede una cosa semplice e chiara: riempire di significato la certificazione SQNBA che attualmente è una scatola vuota. Un'etichetta distintiva consentirebbe la possibilità di scelta ai consumatori e sosterrebbe quegli allevatori che la transizione a sistemi non in gabbia l'hanno già fatta».
La Pastorella ha detto che Condividiamo l'importanza di riconoscere lo sforzo di tutti quegli allevatori che hanno già investito in sistemi senza gabbie. È importante evitare fenomeni di 'cage-free washing' per spingere sempre più aziende a intraprendere una vera transizione verso sistemi senza gabbie e i consumatori a fare scelte consapevoli»
Caramiello ha aggiunto: «Questo Governo non è né animalista né ambientalista, perciò sono scettico. Ci vuole una rivoluzione culturale, anche alimentare: si mangia troppa carne. Bisogna fare capire ai cittadini e alle aziende - che vanno accompagnate nella transizione - che gli animali non possono essere tenuti in queste condizioni».
«Dori ha concluso: «Ringrazio tutte le associazioni animaliste, che sono uno stimolo e un importante pungolo per la politica, che spesso se non sente il fiato sul collo resta ferma. È importante creare sinergia, tra le associazioni, i partiti di opposizione, e anche la maggioranza: oltre a chiedere uno stop alle gabbie negli allevamenti per tutti gli animali, auspico che si possano marginalizzare le lobby che sono alla ricerca del mero profitto e non del benessere animale come i cacciatori e gli allevamenti intensivi»