Il primo Forum Euromediterraneo dell’acqua sta arrivando a Roma, per un nuovo Blue deal
Saranno l’Italia e Roma in particolare a ospitare, nel 2026, il primo Forum Euromediterraneo dell’acqua.
L’annuncio filtrato nelle scorse settimane dal X World water forum di Bali è stato confermato oggi dal comitato promotore “One water”, che coinvolge l’intero sistema-Paese: dai Ministeri alla Regione Lazio al Comune di Roma, fino alle utility riunite in Utilitalia – a partire da Acea – a importanti associazioni come l’Anbi e la Fondazione Earth and water agenda (Ewa).
«È stata vincente la capacità del comitato “One Water” di aver saputo coinvolgere tutto il Sistema Italia – commenta la presidente del comitato, l’on. Maria Spena – La scelta dell’Italia e di Roma premia oltre due anni di lavoro costante e un’idea di cooperazione innovativa e ricca di soluzioni, che ha convinto l’Istituto mediterraneo dell’acqua e il World water council a scegliere la nostra Capitale e il nostro progetto».
Il Forum, che finora ha coinvolto i soli Paesi dell’area del Mediterraneo, per la prima volta coinvolgerà con l’evento organizzato in Italia anche tutti i Paesi europei e dei Balcani. E sempre per la prima volta, presenterà una piattaforma di dialogo tra decisori politici, imprese, associazioni della società civile, tecnici ed esperti del settore idrico, il mondo scientifico e accademico, per arrivare a definire un nuovo ‘Blue deal’ europeo e mediterraneo.
«Siamo un Paese che conosce l’acqua in tutti i suoi colori: dal blu dei laghi e dei fiumi al bianco dei ghiacciai e al verde delle campagne. È un momento di grande gioia per noi, perché l’acqua è il nostro futuro e l’evento in Italia proporrà visioni unitarie e lungimiranti» aggiunge il direttore del comitato Emilio Ciarlo che, con Filippo Maria Soccodato, ha guidato la delegazione di “One water” al recente Forum mondiale dell’acqua di Bali che ha assegnato il Forum Euromediterraneo all’Italia.
Di fatto, il percorso verso il Forum euromediterraneo Roma 2026 partirà già dal prossimo autunno: sono infatti previsti incontri, workshop ed eventi nazionali e internazionali, con presentazioni dalla Cop29 alle capitali europee e del Mediterraneo.
L’obiettivo è quello di affrontare insieme le pressanti sfide dell’acqua poste dalla crisi climatica e dei fabbisogni di infrastrutture idriche, soluzioni tecnologiche e di sistema.
Qualche esempio? L’associazione nazionale che riunisce i Consorzi di bonifica (Anbi) ha appena presentato in Senato una proposta di modifica al decreto Siccità del 15 maggio scorso, chiedendo – oltre alle priorità già individuate nel Piano nazionale d’interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico (Pnissi) – di «investire anche su un Piano invasi ad iniziare dalla manutenzione di quelli esistenti, la cui capacità complessiva è ridotta del 10% per la presenza di sedime sui fondali».
In particolare, la proposta Anbi chiede di «destinare risorse aggiuntive ad un piano straordinario per la realizzazione di una rete diffusa di invasi multifunzionali con basso impatto paesaggistico ed in equilibrio con i territori, realizzati senza uso di cemento e privilegiando materiali naturali locali, da destinare ad uso idrico plurimo (civile, irriguo, idroelettrico, ambientale, industriale, ricreativo, di laminazione delle piene, ecc.) in modo da contribuire alla riduzione del rischio idrogeologico ed a contrastare l'eventuale carenza di risorsa idrica».
Si tratta di difendersi dai nubifragi e rispondere al contempo alla siccità che avanza: i dati Ispra aggiornati al 2023, anno in cui la disponibilità idrica si è fermata a 112,4 miliardi di metri cubi (a fronte di precipitazioni totali per 279,1 mld mc), segnano -18% rispetto alla media del periodo 1951-2023.
Una dinamica che non dipende solo dalla riduzione delle piogge, ma anche dall’aumento dell’evapotraspirazione – ovvero la combinazione tra traspirazione della vegetazione ed evaporazione, dove incide non poco il riscaldamento globale – che va a diminuire la disponibilità d’acqua anche negli anni in cui non c’è una marcata diminuzione delle precipitazioni.
In un contesto simile è evidente la necessità di molteplici azioni d’intervento tra loro coordinate, che non si possono limitare ai soli invasi. È dunque necessario agire su più fronti puntando sulle soluzioni basate sulla natura (Nbs), ad esempio rinaturalizzando i fiumi e la rete idrica superficiale, o realizzando “città spugna” e Aree forestali d’infiltrazione per ricaricare le falde.
Senza dimenticare che i vetusti acquedotti italiani – il 60% è in funzione da più di 30 anni – perdono oltre il 40% della risorsa idrica che trasportano, anche a causa degli scarsi investimenti nel servizio idrico a livello nazionale.