Le Europee senza clima. Ma la crisi climatica è la prima preoccupazione degli italiani
Le due parole “crisi climatica” sono le meno citate nel lessico elettorale italiano in queste elezioni europee. Chissà se partiti e candidati si sentono davvero sintonizzati con le paure degli italiani che considerano il riscaldamento globale come il nemico numero uno oggi e soprattutto per il futuro.
Farebbero bene a dare un’occhiata all'Indice di sicurezza di Monaco, il corposo rapporto annuale Munich security index che precede le conferenze di Monaco, le "Davos della Difesa", presentato a tutti i leader della sicurezza e della difesa occidentali lo scorso 16 febbraio.
Rileva come maggiori preoccupazioni, nella percezione di 32 rischi reali tra gli elettori dei Paesi del G7 e fuori dal G7 nelle economie emergenti, gli effetti del riscaldamento globale e delle conseguenti migrazioni di massa.
Ma la vera sorpresa è il rischio climatico percepito in Italia, che supera anche le paure di una terza guerra mondiale con armi nucleari, dell’interruzione di forniture energetiche, del terrorismo islamico, delle conseguenze dell’aggressione di Putin all’Ucraina.
Nel nostro Paese, avvertono gli analisti, la percezione è stata “più ampia e improvvisa”, e sono tre le principali aree di preoccupazione: le conseguenze degli eventi meteoclimatici estremi come alluvioni o siccità, gli incendi boschivi, la distruzione di habitat naturali.
Gli effetti della crisi climatica precedono le “storiche” paure percepite come la crisi economica, la guerra cyber, la criminalità organizzata, le future pandemie.
È evidente allora il disallineamento tra le preoccupazioni degli italiani e i temi del dibattito elettorale. Le elezioni europee senza clima sono state monitorate, per Greenpeace Italia, anche dall’Osservatorio di Pavia, che conferma la questione climatica come la grande assente in questa competizione elettorale, presente in appena l’8% delle dichiarazioni dei leader, con brevi cenni, en passant per il 4%, agli effetti “a terra” del riscaldamento del Pianeta, includendo però nel conteggio anche le dichiarazioni contrarie alle azioni per mitigare il riscaldamento globale.
Un arretramento culturale prima che politico, tanto più rischioso perché siamo in una fase climatica che ha visto archiviare il 2023 come l’anno più caldo della storia dell’umanità, con la quantità dei nostri ghiacci diminuita ancora del 10% sul 2022 e con l’altezza della superficie marina cresciuta di altri 3 millimetri in un anno, e nel mezzo di questo 2024 destinato a battere tutti i record di calore perché la normalità climatica è alimentata dall’anormalità delle reazioni.
Colpisce che in Italia oggi si parli di tutto fuorché di tutto questo, e perdiamo tempo utile nelle difese sapendo che il superamento della soglia-limite di temperatura media del pianeta di 1,5 gradi in più sull’era preindustriale calcolata entro la fine secolo è stata anticipata dai climatologi al 2034!
Pur avendo il vantaggio enorme di avere un chiaro quadro dei rischi e un altrettanto chiaro quadro delle misure per fronteggiarli e mitigarli, pur disponendo delle risorse del Green deal europeo e delle risorse future che solo il Parlamento europeo potrà garantire, le azioni sono quasi a zero. I modelli con scenari futuri da brivido che spaventano gli italiani dovrebbero terrorizzare la politica.