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Oltre alla concorrenza c’è di più: per il recupero dei rifiuti il Consiglio di Stato dà priorità alla prossimità. Si riapre la possibilità di "pianificare" a scala regionale o di ambito l'impiantistica per l'organico

 |  Editoriale

Una recente sentenza del Consiglio di Stato (Montello vs Alea, riportata in coda all’articolo) riapre il dibattito sul tema: nell'avvio a recupero di rifiuti urbani prevale il principio economico di concorrenza oppure il principio ambientale di prossimità? 

Un operatore di mercato che gestisce impianti aveva fatto ricorso contro un bando di una società di raccolta rifiuti che aveva posto come condizione, in una gara per il conferimento di rifiuti organici a recupero, che l'impianto fosse "vicino" al luogo di raccolta, entro 35 km. Condizione "lesiva della concorrenza", secondo il ricorrente. 

Il Tar (sulla scorta di altre sentenze simili) aveva dato ragione al ricorrente, sostenendo che il principio di concorrenza "prevale" sul criterio di prossimità. Il Consiglio di Stato ha di fatto ribaltato questa interpretazione, introducendo una novità clamorosa ed autorevole su un tema su cui ci si era un po' rassegnati alla lettura di mercato. Il principio di prossimità può prevalere sulla concorrenza, in una gara. 

La legge italiana è ambigua: da un lato l'articolo 181 del Testo unico ambientale afferma che i flussi di raccolta differenziata di rifiuti urbani (quindi anche l'organico) sono "liberi di circolare sul territorio nazionale". Ma lo stesso articolo, come ricorda il CdS, impone alle stazioni appaltanti di privilegiare “anche con strumenti economici, il principio di prossimità degli impianti di recupero”. Cosi il CdS conclude "Le clausole oggetto di impugnazione (un impianto vicino) a ben vedere, rappresentano una applicazione del suddetto principio di prossimità, il quale trova il suo fondamento in ragioni di tutela ambientale, il che è sufficiente ad escludere il dedotto profilo di illegittimità. In conclusione, quindi, l’appello deve essere rigettato". Più chiaro di così. 

Ma di cosa stiamo parlando? Il punto è: un’azienda che raccoglie rifiuti urbani può "preferire" un impianto di recupero vicino a lei, rispetto ad un impianto ubicato lontano (magari che costa meno), per rispettare il principio di prossimità, ridurre le emissioni dei trasporti, ed evitando di spostare troppo i propri rifiuti in altri territori? Oppure vale solo il prezzo? Ma se così fosse, perché dunque sarebbe stato inserito nella normativa europea ed italiana il principio di prossimità?

Fino a oggi le sentenze consentivano di usare la prossimità come elemento tecnico di punteggio per valutare l'offerta (senza esagerare, in modo proporzionato). Ora si possono inserire condizioni più specifiche, come una distanza massima dell’impianto dal luogo di raccolta. Ma soprattutto la sentenza del CdS ribalta una linea interpretativa che stava diventando "mainstream": la concorrenza non prevale sulla prossimità, ma il contrario. Un bel capovolgimento, che potrebbe avere conseguenze importanti al di là del caso specifico della sentenza. 

Che il tema della frazione organica fosse un po' "borderline" fra mercato e ambiente lo aveva già fatto capire il Programma nazionale di gestione dei rifiuti, che ha individuato il flusso dei rifiuti organici (insieme ai rifiuti indifferenziati) fra quelli per cui vale il principio di autosufficienza (regionale o di area vasta) e quindi di prossimità, inserendoli fra le tipologie di impianti per cui le regioni potevano individuare quelli "minimi" (con flussi vincolati e tariffe regolate). Ma i contenziosi legali che si susseguono da 3 anni hanno di fatto scoraggiato le Regioni a inserire compostaggi e digestori anaerobici fra gli impianti minimi.

Ora forse le cose cambiano. Si riapre la possibilità di "pianificare" a scala regionale o di ambito l'impiantistica per l'organico.

Spunti interessante per le Ato toscane, chiamate proprio in queste settimane ad adeguare i propri Piani di ambito al nuovo piano regionale dei rifiuti toscano. 

Andrea Sbandati

Andrea Sbandati è senior advisor di Confservizi Cispel Toscana (l’Associazione regionale delle imprese di servizio pubblico), dopo esserne stato Direttore fino a novembre 2024. È esperto senior nella regolazione economica della gestione dei rifiuti urbani e dei servizi idrici (sistemi tariffari, piani industriali, benchmark), come nella organizzazione dei servizi pubblici locali (acqua, rifiuti, trasporti, energia, altro). Ricercatore senior nel campo della gestione dei rifiuti e dell'acqua, docente in Master di specializzazione nella regolazione economica dei servizi ambientali locali (Sant'Anna, Turin school of regulation). Da venti anni coordinatore ed esperto di progetti di assistenza tecnica e cooperazione internazionale nei servizi pubblici locali (Medio Oriente, Africa, Sud America).