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Approvato il Piano toscano per l'economia circolare, che adesso si farà in tre: servono presto i nuovi impianti di chiusura del ciclo per indifferenziato e scarti del riciclo

 |  Editoriale

Dopo un lungo iter di discussione finalmente il Piano regionale di gestione dei rifiuti (ribattezzato in Toscana Piano per l’economia circolare) è stato approvato dal Consiglio regionale, sarà presto pubblicato sul Burt e andrà in Commissione europea per la verifica. Si tratta dello strumento di pianificazione più importante di un settore in rapida evoluzione e che rappresenta il quadro di riferimento per le aziende del settore fino al 2029, anno di scadenza del Piano.

Da alcuni anni lo strumento “Piano regionale” ha visto cambiare la sua fisionomia e utilità, passando da un approccio decisionale e dirigistico (in collegamento con gli allora Piani provinciali che localizzavano gli impianti), ad una impostazione di indirizzo e strategia generale, stima dei fabbisogni ed indicazioni degli obiettivi, senza localizzare nuovi impianti.

Una evoluzione frutto delle modifiche legislative e di molte sentenze delle diverse Corti, della nuova regolazione Arera, e di un market design sempre più orientato al mercato perché sempre più orientato al recupero di materia ed energia, e sempre meno allo smaltimento e alla discarica.

Non a caso questo Piano regionale si basa e presenta come novità essenziale una fase di “esplorazione del mercato”, promossa dalla Regione negli anni scorsi, con il famoso “Avviso pubblico”, cui le aziende toscane hanno risposto con una quarantina di progetti di investimento e nuovi impianti, di tutte le tipologie, escluso l’incenerimento.

La “sostanza” del Piano che è stato approvato sta nella definizione per i rifiuti urbani dei fabbisogni delle singole filiere da qui al 2029 (produzione di rifiuti, raccolta differenziata, flusso degli scarti, fabbisogni di trattamento di frazioni a recupero e a smaltimento). Fabbisogni che vengono confrontati con l’attuale dotazione impiantistica (esistente e funzionante) e con lo stato di avanzamento dei progetti presentati nell’avviso pubblico. La Giunta ha infatti presentato un rendiconto sullo stato di avanzamento dei vari progetti, da cui risulta che molti sono stati autorizzati, alcuni sono in costruzione, altri in fase di avvio del cantiere, in parte finanziati dal Pnrr.

Il Piano attribuisce ai tre Ambiti territoriali ottimali il compito (entro 180 giorni dalla approvazione del Piano stesso) di aggiornare i rispettivi Piani di ambito e individuare le modalità di chiusura del ciclo, ambito per ambito, alla luce degli impianti esistenti (al netto delle chiusure come si prevede per l’inceneritore di Livorno) e dei nuovi impianti avviati o per cui si prevede l’avvio entro il periodo di Piano (2029).  

Qualora le Ato non trovassero la chiusura del ciclo possono definire accordi con le altre Ato, oppure chiedere al gestore integrato di ambito una nuova proposta progettuale. Si apre quindi una fase estremamente importante della implementazione del Piano che porrà le basi reali dell’assetto impiantistico definitivo, ci auguriamo in una logica di autosufficienza regionale. Il Piano regionale vero e proprio sarà la somma del Piano approvato e dei tre Piani di ambito.

Perché è importante l’autosufficienza, almeno regionale, per tutti i flussi (a recupero così come a smaltimento)? Non tanto per motivi legali (le norme sono chiedono in modo esplicito l’autosufficienza solo per lo smaltimento), né soltanto per motivi ambientali (esportare rifiuti inquina). C’è un tema, che come aziende e Associazione regionale abbiamo sempre sottolineato, che riguarda la sicurezza dei conferimenti e la certezza delle tariffe di accesso agli impianti (non solo il loro valore economico).

La gestione dei rifiuti urbani è un servizio pubblico, non interrompibile, garantito dalle nostre aziende. L’assetto impiantistico (anche se di mercato) deve garantire lo sbocco dei flussi raccolti ogni giorno, altrimenti si rischia la “crisi rifiuti”, fenomeno già visto in Toscana alcuni decenni fa e in Italia in molte zone.

Al tempo stesso una eccessiva dipendenza da impianti non ubicati in Toscana (in Italia o all’estero) comporta il rischio di variazioni di prezzi e tariffe che si scaricherebbero sui Piani economico finanziari dei gestori e dei Comuni, sulla Tari/Tarip e quindi sui consumatori. Abbiamo già visto questo fenomeno con la crisi del gas russo, a seguito dell’invasione dell’Ucraina. La mancanza di autosufficienza comporta un rischio, troppo alto per servizi pubblici non interrompibili.

Per questo l’augurio e la richiesta è che si faccia ogni sforzo possibile da parte di tutti gli attori (Regione, Comuni, Ato, gestori) per realizzare in Toscana tutti gli impianti che servono a chiudere il cerchio in una logica di prossimità e autosufficienza, anche per i flussi a mercato. I gestori toscani sono impegnati in uno sforzo che garantirà presto un’adeguata offerta impiantistica in tutte le filiere del recupero, anche della frazione organica, con l’avvio dei nuovi digestori anaerobici e molti impianti di riciclo (tessile, Raee, pannolini). Il fenomeno dell’export della frazione organica, ancora segnalato da Ispra per il 2023, verrà presto superato con i nuovi impianti.

Resta il tema dei rifiuti indifferenziati e degli scarti del riciclo. Oggi la Toscana riesce ad esportare poco o niente (a differenza di altre regioni) perché usa molto (oltre il 30%) le proprie discariche regionali, impianti gestiti in modo esemplare. Ma la discarica dovrà essere gradualmente ridotta, meno del 10% del totale al 2035, il nuovo Piano pone obiettivi intermedi prudenti ma significativi al 2024 (29%) e al 2026 (20%) e al 2027 (19%).

Dobbiamo quindi realizzare presto i nuovi impianti di chiusura del ciclo per l’indifferenziato e gli scarti del riciclo: sono in corso le valutazioni per il nuovo impianto di ossicombustione di Peccioli, così come cono in corso le verifiche tecniche sulla tecnologia di gassificazione proposta da Alia. Si potrebbe ragionare su un rafforzamento degli attuali inceneritori, non limitandosi a chiudere Livorno.

Decisioni da prendere in questa fase di aggiornamento dei Piani di ambito per arrivare a risultati concreti rapidamente. L’approvazione del Piano regionale può rappresentare l’avvio di questo percorso, non la conclusione.

Nicola Ciolini

Nicola Ciolini, classe 1972, pratese, è coordinatore della Commissione Ambiente dell’associazione regionale che rappresenta le aziende di servizio pubblico, Confservizi Cispel Toscana. Vicepresidente di Alia Multiutility e Amministratore Delegato di Estra, agronomo, dal 1999 al 2014 ha ricoperto la carica di Consigliere comunale a Montemurlo, dove è stato Assessore al Sociale dal 2004 al 2009 e Vicesindaco dal 2009 al 2014. Dal 2015 al 2020 è stato membro del Consiglio Regionale della Toscana.