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Forza Francesco! Ci sono corvi che svolazzano, annunci di dimissioni e impedimenti ma questo Papa green e combattente per gli ultimi della Terra è la fortuna di un mondo smarrito

 |  Editoriale

Papa Francesco migliora e noi tiriamo un bel sospirone di sollievo, perché più di un corvo svolazzava diffondendo fake news con l’imminente - “…ha poche ore” - o persino avvenuta morte del Papa. Ed era già febbre da conclave con le annesse millenarie manovre curiali di successione nel gioco dei “papabili”. Chiacchiere alle quali Francesco ha fatto il callo, ma che la polmonite bilaterale ha diffuso oltre Tevere.

Con il cardinale Gianfranco Ravasi, ministro emerito del Papa per la Cultura, che da giorni spiega che il nostro Papa combattente e globetrotter nel mondo per conto dell’umanità e del Pianeta sofferente, sarebbe pronto alle dimissioni se “si trovasse in una situazione in cui fosse compromessa la sua possibilità di avere contatti diretti, come lui ama fare, di poter comunicare in modo immediato, incisivo e decisivo, allora credo che potrebbe decidere di dimettersi”.

Una ossessione e un accanimento e per alcuni una nemmeno segreta speranza che si riaffacciano puntualmente ad ogni stormir di fronde nei suoi ricoveri nel corso di questo pontificato di rottura, iniziato con le clamorose dimissioni di Benedetto XVI che ruppero un tabù della Chiesa.

Papa Francesco è al suo quarto ricovero al policlinico Gemelli per una brutta polmonite bilaterale ma circoscritta a focolai e “in lieve miglioramento”, come confermano i bollettini medici, per una degenza che durerà almeno un’altra settimana. Ma non nasconde i suoi malanni, e la trasparenza per un 88enne con qualche acciacco come al ginocchio e qualche fatica a camminare è anche un avvertimento a chi ogni tanto lo da per finito: “Si governa con il cervello e non con il ginocchio!”, ha dovuto spiegare a qualche uccellaccio del malaugurio. E come ha chiarito in Slovacchia tempo fa ad un incontro con i suoi gesuiti: “È vero che io ho scritto le mie dimissioni e ho consegnato questa lettera al cardinale Bertone. L’ho fatto nel caso che io abbia qualche problema di salute che mi impedisca di esercitare il mio ministero e di non essere pienamente cosciente per poter rinunciare…Io credo che il ministero del Papa sia ad vitam…”. E poi tranquillizzando ancora: “Sono ancora vivo. Nonostante alcuni mi volessero morto. So che ci sono stati persino incontri tra prelati. Preparavano il Conclave. Pazienza!”. Più o meno quel che ha ripetuto prendendola con un sorriso beneagurante anche alla premier Giorgia Meloni nella sua visita al Gemelli: “Lo so che qualcuno là fuori dice che è giunta la mia ora, me la tirano sempre!”.  E, come conferma il cardinale Matteo Zuppi: “Il fatto che il Papa faccia colazione, legga i giornali, riceva persone vuol dire che siamo nella direzione giusta di un pieno recupero, che speriamo avvenga presto”.

Gli 88 anni, gli acciacchi, la carrozzella restituiscono però ancor di più la grande umanità di un Papa così vicino alle sofferenze del mondo che non smette di denunciare utilizzando anche la potenza mediatica e sfruttando persino l’impatto popolare del Festival di Sanremo. Questo nostro amato primo Papa non europeo e, non dimentichiamolo, primo Papa gesuita, è il pontefice di cui il nostro mondo aveva ed ha ancora bisogno.  Da quando è stato eletto, Bergoglio non fa che stupirci, fin da quel suo sorridente e spiazzante “buona sera” dalla loggia di San Pietro poco dopo essere diventato Papa. Il Pianeta aveva ed ha bisogno di un Pontefice capace di inchiodare i potenti della Terra alle loro irresponsabilità, ringalluzziti oggi dal capo dei negazionisti di nuovo alla Casa Bianca, e quanti “nascondono, minimizzano o ridicolizzano” i segni evidenti del cambiamento climatico, persino all’interno della Chiesa. Francesco, con parole, gesti, una visione del “Creato”, è accanto e dalla parte degli ultimi della Terra, divulga la necessità della nuova cultura “dell’ecologia integrale”, come ama definirla, il paradigma culturale che dovrebbe segnare il nostro secolo che comunica urbi et orbi.

Anche in maniera del tutto inedita, inaspettata e spiazzante parla al mondo intero, all'Onu chiedendo la sua autoriforma, in ogni vertice sul clima a partire da quello di Parigi da lui fortemente sponsorizzato invoca la difesa della natura, la lotta al cambiamento climatico e la dignità umana, i tre pilastri della sua rivoluzionaria enciclica del 2015 “Laudato si’” quando ricordò ai capi di Stato e al primo Trump che abbandonava gli accordi sul clima e innalzava confini spinati e muri armati e cementificati contro i migranti, che “chi è cristiano non costruisce muri”, un anatema. E sostenne la firma dell’accordo di Parigi il 12 dicembre 2015, con un discorso all’Onu, il forte appello domenicale all’Angelus e l’inedita proposta in 10 punti firmata da tutti i cardinali del Pianeta per: "La completa decarbonizzazione dell'economia entro la metà del secolo, la limitazione dell'aumento della temperatura globale e la speciale attenzione alle popolazioni più povere che sono le più danneggiate dai cambiamenti climatici”. E a sostegno delle diplomazie impegnate nel vertice che con gli impegni sottoscritti avrebbe dovuto segnare una svolta e dopo un decennio è rimasto sulla carta, fece trasformare persino l’intera facciata di San Pietro in un videowall globale nella serata "Fiat Lux, illuminare la nostra casa comune". Furono tre ore di suggestive immagini sulla Natura firmate dai grandi maestri della fotografia, da Sebastião Salgado a Joel Sartore, da Yann Arthus-Bertrand a Ron Fricke a Steve McCurry, con le quali la Chiesa inviava un messaggio al mondo intero a difesa del creato, del clima e della dignità umana, i tre pilastri dell’Enciclica “Laudato si’”.

Colpisce la forza e la determinazione di questo Papa. Basta leggere i suoi più importanti discorsi per scoprire temi e impegni richiesti che affascinano molto poco i potenti. Come il messaggio inviato urbi et orbi con l’Esortazione apostolica “Laudate Deum”, ancora una volta a poche settimane da un’altra cruciale Conferenza Onu sul clima come la numero 28 di Dubai, dove ammoniva e spingeva i governanti a mostrare “la nobiltà della politica e non la sua vergogna”. E il suo pressing per l’applicazione concreta per impegni sul clima ancora solo annunciati continua di fronte al “nostro pianeta sofferente…e per la cura della nostra casa comune”.

Oggi non c'è più tempo da perdere, servono risultati concreti e non parole. Scriveva il Papa: “Con il passare del tempo, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza…l’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie. Ne sentiremo gli effetti in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e in altri ambiti…Per quanto si cerchi di negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli, i segni del cambiamento climatico sono sempre più evidenti…L’origine umana, antropica, del cambiamento climatico non può più essere messa in dubbio”. Ne ha per tutti anche contro “certe opinioni sprezzanti e irragionevoli che trovo anche all’interno della Chiesa cattolica”, e a tutti replica: “non possiamo più dubitare che la ragione dell’insolita velocità di così pericolosi cambiamenti sia un fatto innegabile... Tuttavia non bisogna cedere a diagnosi apocalittiche e irragionevoli ma assumere una visione più ampia che ci permetta non solo di stupirci delle meraviglie del progresso, ma anche di prestare attenzione ad altri effetti che probabilmente un secolo fa non si potevano nemmeno immaginare”.

Ha insomma radicalmente mutato i dogmi della Chiesa che guardava alla cultura dell’ambiente con qualche sospetto perché toccava sacri tabù dell’antropocentrismo e il concetto stesso di Natura, con gli eventi catastrofici naturali relegati un tempo solo ai capitoli delle “colpe dell’uomo” e della “mano purificatrice di Dio”, manifestazioni della “collera di Dio offeso dai peccati dell'uomo”, un bagaglio culturale che ha segnato in profondità la nostra cultura, e limita ancora oggi la reazione.

Francesco ha ridato, insomma, una nuova grande missione alla Chiesa. Dal Papa che ha scelto come nome quello del santo del Cantico delle Creature autore del più struggente messaggio d’amore verso la Natura, c'era da aspettarsi la difesa del creato, ma colpisce la forza e la determinazione. Anche da figlio di emigrati italiani in Argentina, implorando di metter fine al clima d’odio esasperato contro i migranti e chiedendo vie di accesso sicure verso l'Europa, e che si uniscano gli sforzi contro i trafficanti di esseri umani. Lo grida ovunque e nelle udienze generali in piazza San Pietro. Come il 28 agosto 2024: “Oggi desidero fermarmi con voi a pensare alle persone che anche in questo momento stanno attraversando mari e deserti per raggiungere una terra dove vivere in pace e sicurezza. Mare e deserto: queste due parole ritornano in tante testimonianze che ricevo, sia da parte di migranti, sia da persone che si impegnano per soccorrerli. E quando dico “mare”, nel contesto delle migrazioni, intendo anche oceano, lago, fiume, tutte le masse d’acqua insidiose che tanti fratelli e sorelle in ogni parte del mondo sono costretti ad attraversare per raggiungere la loro meta. E “deserto” non è solo quello di sabbia e dune, o quello roccioso, ma sono pure tutti quei territori impervi e pericolosi, come le foreste, le giungle, le steppe dove i migranti camminano da soli, abbandonati a sé stessi. Migranti, mare e deserto. Le rotte migratorie di oggi sono spesso segnate da attraversamenti di mari e deserti, che per molte, troppe persone – troppe! –, risultano mortali. Per questo oggi voglio soffermarmi su questo dramma, questo dolore…Del Mediterraneo ho parlato tante volte, perché sono Vescovo di Roma e perché è emblematico: il mare nostrum, luogo di comunicazione fra popoli e civiltà, è diventato un cimitero. E la tragedia è che molti, la maggior parte di questi morti, potevano essere salvati. Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti – per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave…Anche alcuni deserti, purtroppo, diventano cimiteri di migranti. E pure qui spesso non si tratta di morti “naturali”. No. A volte nel deserto ce li hanno portati e abbandonati…E questa è una crudeltà della nostra civiltà”.

E allora forza Papa Francesco!

Erasmo D'Angelis

Erasmo D’Angelis, giornalista - Rai Radio3, inviato de il Manifesto e direttore de l’Unità -, divulgatore ambientale e autore di libri, guide e reportage, tra i maggiori esperti di acque, infrastrutture idriche, protezione civile. Già Segretario Generale Autorità di bacino Italia Centrale, coordinatore per i governi Renzi e Gentiloni della Struttura di Missione “italiasicura” contro il dissesto idrogeologico, Sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti del governo Letta, Presidente di Publiacqua e per due legislature consigliere regionale in Toscana. È Presidente della Fondazione Earth Water Agenda, tra i promotori di Earth Technology Expo e della candidatura dell’Italia al World Water Forum.