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Solo il 21% del Green deal è davvero in linea con gli obiettivi al 2030 e 2050. Per il Jrc della Commissione Ue «siamo sulla strada giusta, ma i progressi devono accelerare in molti ambiti»

 |  Editoriale

Il Centro comune di ricerca (Jrc) della Commissione Ue ha pubblicato lo studio più completo sui progressi compiuti in merito all’avanzamento del Green deal europeo, analizzando 154 obiettivi vincolanti e non vincolanti che lo compongono.

I pilastri più noti del Green deal sono la riduzione delle emissioni climalteranti del 55% al 2030 (rispetto al 1990) come tappa intermedia per arrivare a zero emissioni nette al 2050, oltre a implementare un’economia circolare ed efficiente nell’impiego delle risorse, ma questo quadro generale si dettaglia di molti singoli obiettivi da traguardare.

Per capire come orientarsi nel labirinto normativo, Jrc li ha suddivisi in 7 categorie: ambizione climatica; energia pulita, accessibile e sicura; economia circolare; mobilità sostenibile e intelligente; rendere più ecologica la politica agricola comune e la strategia "Farm to fork"; preservare e proteggere la biodiversità; avanzare verso un inquinamento zero per un ambiente privo di sostanze tossiche.

Ebbene, dei 154 obiettivi del Green deal solo 32 mostrano progressi “in linea”, 64 ricadono nell’ambito “accelerazione necessaria”, 15 sono “non in progresso” o “in regresso” e per 43 obiettivi i dati non sono nemmeno disponibili. Un quadro desolante.

«In molti settori – commentano dal Jrc – sono stati compiuti progressi significativi verso la trasformazione sostenibile dell'Europa. Ad esempio, le emissioni di gas serra stanno diminuendo costantemente, con sostanziali riduzioni ottenute in settori chiave come l'energia e l'industria. I progressi nel riciclo e nei processi di produzione sostenibili stanno guidando la transizione verso un'economia pulita e circolare, affrontando il problema dei rifiuti e sottolineando la necessità di ridurre la dipendenza dell'Europa dalle risorse finite. Sebbene i progressi siano promettenti, in alcune aree sono essenziali ulteriori azioni per raggiungere gli obiettivi del 2030 e oltre. Ad esempio, nel settore energetico, le energie rinnovabili devono crescere più rapidamente per raggiungere l'obiettivo del 42,5% (del consumo energetico totale dell’Ue al 2030, ndr) e devono essere supportate da investimenti in infrastrutture e innovazione. L'espansione delle aree protette e il ripristino degli ecosistemi saranno cruciali per invertire la perdita di biodiversità. Sono inoltre necessari dati e sistemi di monitoraggio migliorati per tracciare i progressi, con il 28% degli obiettivi che oggi non dispone di dati sufficienti».

I ricercatori sottolineano inoltre che è difficile valutare i reali progressi del Green deal anche perché molte iniziative legislative sono state adottate solo di recente, come nel caso della Nature restoration law, e non sono ancora in fase di attuazione. Altre sono in fase di discussione o hanno tempi di attesa lunghi prima che si possano ottenere risultati significativi.

Identificare se siamo sulla buona strada per i diversi obiettivi è essenziale per capire dove sono necessarie ulteriori azioni per raggiungere gli ambiziosi obiettivi del Green deal: in conclusione, secondo il Jrc «siamo sulla strada giusta» anche se «per raggiungere gli ambiziosi obiettivi per il 2030 e il 2050, i progressi devono accelerare in molti ambiti.  La piena attuazione e applicazione di queste politiche attraverso misure a livello di Stato membro è fondamentale per raggiungere gli obiettivi del Green deal».

Una consapevolezza che arriva proprio mentre la Commissione Ue ha presentato il proprio programma di lavoro, con al centro la volontà di “semplificare” le norme europee a partire proprio da quelle incentrate sullo sviluppo sostenibile: la presidente von der Leyen assicura che il Green deal rimarrà al centro delle strategie di policy Ue, ma al contempo le spinte in arrivo dalle destre europee (compreso il Ppe di cui von der Leyen fa parte) destano non pochi sospetti sia tra gli ambientalisti sia tra gli investitori istituzionali.

«L'Ue deve resistere al canto delle sirene della deregolamentazione, che non farebbero altro che minare la certezza normativa e la prevedibilità per le aziende, indebolire la competitività a lungo termine guidata dalla sostenibilità ed erodere il benessere e la fiducia dei cittadini. In questi tempi incerti, la speranza rischia di diventare un sogno in declino – commenta nel merito Patrick ten Brink, segretario generale dell'Europea environmental bureau (Eeb), ovvero la più grande rete europea di associazioni ambientaliste – Ma se la Commissione mantiene la rotta sul Green deal e resta ferma sui suoi impegni, questo programma di lavoro può tradursi in azioni concrete per le persone, il pianeta e l’economia».

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Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.