Dopo quasi due giorni di emergenza con nubifragi in tutta la Lombardia, che hanno portato il Seveso e il Lambro a esondare a Milano, la capitale economica d’Italia si trova per l’ennesima volta a misurare l’avanzata della crisi climatica sul proprio territorio.
«Milano ieri ha vissuto una giornata molto difficile – dichiara l’assessore comunale a Sicurezza e Protezione civile, Marco Granelli – 120-130 mm localizzati di pioggia, in un solo giorno, non era mai capitato negli ultimi 170 anni (nei mesi di maggio, ndr), e il record era 98 accaduto nel 1990. E non solo a Milano ma anche nei bacini dei fiumi che passano per Milano».
Il cambiamento climatico porta a un aumento in frequenza e intensità degli eventi meteo estremi, alternando le alluvioni a fasi di siccità. E il territorio nazionale, Milano compresa, si trova impreparato.
«Gli allagamenti in Lombardia sono l'evidente conferma di quanto sosteniamo da anni – argomenta Francesco Vincenzi, presidente dell’associazione nazionale che riunisce i Consorzi di bonifica (Anbi) – I bacini di espansione sono un'assicurazione per la salvaguardia idrogeologica dei centri urbani, come ha dimostrato anche il fiume Seveso; allo stesso tempo, diventano velocemente inadeguati di fronte ad eventi meteo di copiosità finora sconosciuta, come conferma lo stesso Seveso ed i lunghi tempi per realizzare un'opera pubblica, cioè mediamente 11 anni, rischiano di renderla obsoleta ancor prima di essere inaugurata».
Ieri infatti la vasca di laminazione a Bresso ha difeso la città di Milano dalle acque per molte ore, per poi però tracimare. Ne servono altre, i cui progetti sono chiusi in un cassetto da troppi anni.
«Quando questi fiumi attraversano zone così urbanizzate – insiste Gratteri – dobbiamo fare in modo di diminuire l'acqua che immettiamo tutta insieme in poco tempo in essi e dobbiamo fare altre vasche che trattengano l'acqua. In questi anni Regione Lombardia, Comune di Milano, Aipo, Città metropolitana, MM e altri hanno costituito un accordo che gestisce il "nodo idraulico di Milano": ora questo accordo faccia un salto in avanti, completi i progetti approvati e finanziati nel più breve tempo possibile».
Con la consapevolezza, certo, che le vasche di laminazione da sole non bastano. Serve ridurre drasticamente e velocemente le emissioni di gas serra legate al consumo di combustibili fossili, il motore della crisi climatica.
E serve restituire spazio alla natura, attraverso l’ingegneria naturalistica e le Nature based solutions (Nbs). Temi questi che sono stati non a caso affrontati oggi da Ispra e Aipin: «Per risultati efficaci – conferma Maria Siclari, dg Ispra – occorre interoperabilità, necessari interventi integrati e l'ingegneria naturalistica è partner importante in un percorso verso una corretta pianificazione dei territori».