Dai pannelli solari sulla Casa Bianca al raddoppio delle aree protette Usa: l’eredità ambientalista del presidente Carter
È morto ieri all’età di 100 anni il 39esimo presidente degli Stati Uniti d’America, James Earl Carter, conosciuto più semplicemente come Jimmy Carter. I funerali di Stato si terranno il 9 gennaio a Washington DC, ma il commiato per il premio Nobel per la pace si è già levato dai quattro angoli del mondo: anche il movimento ambientalista piange un presidente che è stato centrale nell’avanzamento delle politiche di sviluppo sostenibile quando erano ancora agli albori.
Carter fu presidente dal 1977 al 1981: assai prima sia della Dichiarazione di Rio de Janeiro sull'ambiente e lo sviluppo (1992) sia del rapporto Brundtland (1987), da cui arrivò la definizione stessa di sviluppo sostenibile. Eppure, con sguardo lungo, già nel 1979 Jimmy Carter diede l’esempio facendo installare dei pannelli solari alla Casa Bianca. Soprattutto, è sua la firma sull’Alaska National Interest Lands Conservation Act – definito dallo stesso Carter come «tra le prime tre o quattro cose di cui sono più orgoglioso in tutta la mia vita» –, che ha protetto oltre 100 milioni di acri di terra in Alaska e ha più che raddoppiato le dimensioni del sistema dei parchi nazionali Usa, creando 10 parchi nazionali, nove rifugi, due monumenti nazionali e preservando 25 fiumi selvaggi e panoramici.
«Nato da umili origini in una fattoria a Plains, in Georgia, il presidente Jimmy Carter ha lasciato un'eredità smisurata sulla conservazione e sulle nostre terre pubbliche in tutta questa grande nazione – dichiara commosso Ben Jealous, il direttore esecutivo dell'organizzazione ambientalista più grande e influente d'America, ovvero Sierra Club – Sarà ricordato come più di un semplice campione del movimento ambientalista, un servitore pubblico guidato dai valori che ha amato e protetto i luoghi selvaggi della nostra nazione nonostante le pressioni contrarie».
Per un amarissimo contrappasso, trascorreranno solo pochi giorni dai funerali di Stato di Jimmy Carter all’arrivo di Donald Trump alla presidenza Usa, con tutte le concretissime minacce al percorso di sviluppo sostenibile che questo passaggio di testimone porterà con sé. Ma se nel 1979 arrivavano alla Casa Bianca i primi pannelli solari, oggi abbiamo di fronte quella che l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) chiama “l’Era dell’elettricità”, dove le energie rinnovabili forniranno la metà dell’energia elettrica mondiale entro il 2030: sono le fonti pulite, oggi, a offrire l’opzione più economica per installare nuove centrali in quasi tutti i Paesi del globo. Una realtà con cui anche Trump e la sua ideologia negazionista dovranno fare i conti.