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La transizione ecologica non può correre solo sui tetti: dobbiamo superare il pregiudizio contro impianti eolici e solari a terra, dove i vantaggi surclassano gli allarmi infondati sul “consumo” di suolo

 |  Editoriale

I vantaggi del fotovoltaico sulle coperture di edifici esistenti sono chiari all’opinione pubblica: una fonte energetica distribuita che permette a un gran numero di cittadini di attivarsi per la decarbonizzazione, aumentare la quota di energia autoconsumata a livello locale e ricercare sinergie con altre tecnologie distribuite come le auto elettriche, le pompe di calore, etc.

Al contrario, i vantaggi ecologici delle fonti energetiche territoriali, come l’eolico e il solare a terra, non sono ancora apprezzati, e semmai prevale nell’opinione pubblica un pregiudizio tutt’altro che positivo.

Come discusso nel seguito, questo pregiudizio è infondato e deriva da campagne di disinformazione agitate dagli interessi dello status quo fossile, anche quando si presentano camuffati con posizioni innovative (è il caso dell’insistenza sul nucleare come fonte necessaria).

Per spiegare i vantaggi ecologici di eolico e solare a terra occorrono tre premesse tecniche in merito ad alcuni aspetti fondamentali:

  • La diversa produttività di un pannello solare su una copertura esistente rispetto a un pannello in campo libero.
  • Il potenziale eolico italiano e le sinergie temporali della fonte eolica e di quella solare.
  • La differenza tra energia prodotta da un impianto e quella servita all’utenza, ovvero la rilevanza degli accumuli per le fonti rinnovabili non programmabili come il solare e l’eolico.

Produttività solare, tetti vs. terra

I pannelli solari sui tetti hanno una produzione elettrica annua a parità di area notevolmente inferiore, dal 20 al 60%, rispetto all’installazione a terra. Questa minore produttività è dovuta a diversi fattori:

  • Orientamento delle falde diverso da quello ottimale, che per l’Italia è il sud con inclinazione di circa 35°.
  • Ombreggiamenti e limitazioni dell’orizzonte nelle prime e ultime ore del giorno, vincoli più pressanti in ambito urbano su edifici esistenti rispetto al campo libero.
  • Dimensione piccola dell’impianto che non permette varie ottimizzazioni, per esempio degli inverter, disponibili sulla taglia maggiore.
  • Minori prestazioni per la maggiore temperatura dei pannelli sui tetti. Questo è un effetto causato sia dall’isola di calore delle aree urbane, che dalla minore ventilazione rispetto all’installazione in campo libero.
  • Scarso utilizzo della possibilità offerta dai moduli attuali, cosiddetti “bifacciali”, di captare energia dal retro oltre che dalla facciata del pannello.
  • Impossibilità di ricorrere a strutture di inseguimento “a girasole” che, modificando durante il corso della giornata l’inclinazione del pannello, permettono un aumento dell’energia captata di circa il 20%.

Questa differenza di produttività tetti vs. terra, oltre ad avere un effetto diretto per i bilanci ambientali per unità di energia prodotta dall’impianto, ha altri effetti a cascata per unità di energia servita all’utenza.

Potenziale eolico e sinergia stagionale eolico-solare

Il luogo comune prevalente è che in Italia “non c’è vento” e che quindi il potenziale eolico sia marginale. Questa affermazione è accompagnata da fuorvianti confronti con paesi, per esempio il Regno Unito, dove il potenziale eolico è grande. Il confronto contiene una mezza verità, ma è incompleto. È vero che il potenziale dell’eolico a terra nel Regno Unito sia enorme, diversi multipli non solo degli attuali consumi elettrici di quel paese, ma anche multipli dei consumi futuri. Ed è certamente vero che il potenziale eolico italiano sia molto minore di quello del Regno Unito. Ma, ai fini degli scenari di decarbonizzazione, la domanda non è se il potenziale eolico italiano sia enorme, ma se sia sufficiente per essere complementare alla fonte solare e la risposta è affermativa. Il potenziale eolico italiano, calcolato a parità di costo e pro capite è anche maggiore di quello di paesi come la Germania che stanno sviluppando di più questa tecnologia.

potenziale eolico a terra italia moccia

La questione sul potenziale dell’eolico in Italia non è accademica perché questa fonte può svolgere ruoli sistemici importantissimi nel settore elettrico e a cascata sugli altri settori. Senza l’eolico la sola fonte rinnovabile scalabile è quella solare, che presenta una significativa variabilità stagionale. Mentre le variazioni su base oraria della fonte solare sono gestibili con varie misure di flessibilità della domanda e tecnologiche (trasmissione d’area vasta, batterie distribuite e centralizzate, idroelettrico a pompaggio, etc), la variazione stagionale è sì gestibile ma a costi elevati.

L’eolico sulla scala temporale mensile è negativamente correlato al solare e svolge pertanto un ruolo di equilibrio con costi di molto inferiori al ricorso dell’accumulo stagionale che dovrebbe essere basato sull’idrogeno da elettrolisi. Grazie all’eolico, il solare può essere stabilizzato su base annuale relegando l’accumulo stagionale ad eventuali pochi punti percentuali della domanda. Maggiori informazioni sul potenziale tecnico-economico dell’Italia, l’effetto delle nuove turbine, e altro, si veda questo post.

produzione eolico solare terna moccia

Impianti di generazione e accumulo a parità di energia servita

Per apprezzare i vantaggi ecologici di eolico e solare a terra ipotizziamo due scenari opposti[1]. Nel primo scenario gli impianti di eolico e solare a terra sono consentiti, mentre nel secondo scenario queste due fonti rinnovabili territoriali sono azzerate a favore del fotovoltaico su coperture esistenti.

A parità di servizio energetico fornito agli utenti, lo scenario con veti locali alle fonti territoriali richiede di produrre 70% in più di elettricità rispetto allo scenario senza veti.

Questa maggiore richiesta di produzione è dovuta alle minori ore annue di disponibilità del fotovoltaico su coperture rispetto alle rinnovabili territoriali. Una minore disponibilità aumenta il ricorso agli accumuli e relative dissipazioni di energia nei cicli di carica e scarica. Questo effetto è particolarmente rilevante per gli sfasamenti domanda-offerta a livello stagionale, essendo gli accumuli stagionali quelli meno efficienti, e quindi più dissipativi.

La maggiore necessità di produzione di energia primaria nello scenario con i veti alle fonti territoriali induce un corrispondente aumento delle potenze di generazione, ulteriormente amplificato per i fattori menzionati precedentemente, la minore produttività del fotovoltaico sui tetti rispetto a quella a terra. Il combinato disposto di maggiore sbilanciamento stagionale per l’assenza di eolico, la minore produttività del solare sui tetti vs terra, porta ai seguenti sovradimensionamenti delle potenze di generazione e delle capacità di accumulo nello scenario tutto-sui-tetti.

Le potenze di generazione più che raddoppiano, le capacità d’accumulo di breve e medio termine aumentano del 30% e, soprattutto, la capacità d’accumulo di lungo termine, quello più dissipativo, aumenta di quasi dieci volte. Uno scenario così dissipativo può essere definito ecologico? Non dovrebbe semmai essere definito eco-illogico?

Il vantaggio in termini di “consumo di suolo” dello scenario tutto-sui-tetti, è un vantaggio immaginario, perché deriva da analisi sbagliate, sia nel metodo che nel dettaglio della quantificazione. È semmai vero il contrario, le aree di territorio dedicate ad eolico e solare possono costituire un vantaggio ambientale netto.

Ulteriori conseguenze socioeconomiche e ambientali dei veti alle rinnovabili territoriali

Uno scenario di veti locali alle rinnovabili territoriali, oltre alla già menzionata dissipazione energetico-impiantistica, causerebbe un elevato costo industriale dell’elettricità, e quindi povertà energetica. Inoltre, vanno considerati gli effetti a cascata di un elevato costo dell’elettricità, e in particolare i seguenti due impatti negativi:

- Deindustrializzazione, e conseguente diminuzione dell’occupazione con depauperamento del tessuto tecnico-produttivo del Paese.

- Rallentamento dell’elettrificazione degli usi finali; i trasporti e gli usi termici rimarrebbero così ancora per lungo tempo vincolati agli idrocarburi fossili, con conseguente fallimento della decarbonizzazione.

Al riguardo ha poco senso obiettare che lo scenario tutto-sui-tetti non costerebbe di più dell’opzione nucleare. Questo esito è plausibile, essendo il nucleare la fonte energetica più costosa, ma bisogna ricordare che quello del nucleare è un bluff senza prospettive reali e che serve solo a rallentare le rinnovabili. La sfida è eliminare i combustibili fossili che, se non regolamentati per i loro danni ambientali, sanitari e climatici, sono ancora oggi non del tutto eliminabili. Sabotare le fonti rinnovabili territoriali per bearsi di un irenistico scenario domo-autartico, tutto-sui-tetti, è un esempio di buone intenzioni che lastricano le vie dell’inferno climatico.

Per altre considerazioni sulla debolezza e inefficacia degli orientamenti prevalenti di politica energetica in Italia, si veda questo altro post sul PNIEC 2024.

Quell’allarme infondato del “consumo di suolo”

Gli impatti dell'uso di suolo degli impianti solari a terra possono essere principalmente di tre tipi:

  • rischio idrogeologico causato da impermeabilizzazione per cemento o asfalto;
  • riduzione della superficie agricola;
  • riduzione della biodiversità.

Rischio idrogeologico

Il rischio idrogeologico per il solare a terra è evitabile con semplici norme di buona progettazione che minimizzino il ricorso all'impermeabilizzazione delle aree interessate.

Si fa notare come l'impermeabilizzazione delle aree rappresenti uno svantaggio per la produttività energetica dello stesso impianto in quanto questa è funzione decrescente delle temperature circostanti i pannelli (aria e superfici). L'impermeabilizzazione dei suoli con cemento o asfalto induce l'effetto detto isola di calore, che è quindi una retroazione svantaggiosa per un impianto solare. Pertanto, non solo l'impermeabilizzazione delle aree degli impianti solari a terra è minimizzabile, ma questa minimizzazione è allineata con l'obiettivo della produttività energetica. Obiettivi allineabili non dovrebbero richiedere sovra-regolamentazioni, al di là di norme di buona pratica tecnica.

Conflitto cibo-energia

Numeri alla mano, il conflitto tra cibo ed energia solare non è significativo dato che le aree necessarie per impianti a terra risultano essere di molto inferiori alle superfici agricole già oggi non utilizzate.

Attualmente in Italia la superficie agricola non utilizzata dalle aziende agricole è pari a circa 1 milione di ettari, e a questo valore andrebbero aggiunti i tanti terreni demaniali in stato di abbandono nelle aree interne del Paese.

Scenari di decarbonizzazione per l’Italia dove le rinnovabili sono ottimizzate e non pessimizzate richiedono per il solare a terra al 2050 circa il sette per mille dell'intera superficie del Paese. Si fa notare come lo scenario Terna-Snam (2022) individua come compatibile con impianti solari a terra una superficie pari al 27% del totale nazionale. Questa superficie è più di 38 volte maggiore di quella necessaria e permetterebbe la realizzazione di 6940 GW di fotovoltaico. Il rischio di un conflitto energia-cibo è quindi infondato ed è una trasposizione errata di stime obsolete che riguardavano altre fonti di energia rinnovabile. Per esempio, un uso massivo della biomassa a fini energetici incorrerebbe in evidenti conflitti negli usi del suolo a fini agricoli.

Inoltre, come argomentato nel seguito, un'accurata progettazione dei parchi solari può fornire benefici alle stesse rese agricole nelle aree circostanti gli impianti.

Per quanto riguarda l'eolico, si fa notare che l'eolico a terra richiede un quantitativo di aree dedicate, sottratte agli usi agricoli, praticamente insignificante (le basi delle torri e ausiliari). Le stime allarmistiche sul "consumo di suolo" per l'eolico derivano da stime obsolete sulle densità per spazi tra turbine, e, soprattutto, dalla confusione concettuale tra aree per spazi tra turbine e aree dedicate per le turbine e non disponibili per altri usi.

Biodiversità

Gli impatti sulla biodiversità richiederebbero maggiori attenzioni perché non sono predeterminati e con accurata progettazione possono non solo essere evitati ma anche – se inquadrati con un approccio necessariamente olistico di grande scala - cambiati di segno, diventare benefici e soddisfare altri criteri non-energetici.

È il quadro concettuale delle infrastrutture verdi, ovvero un approccio a criteri multipli richiamato nel documento dell'Unione Europea sulla strategia comunitaria per la biodiversità al 2030 (Unione Europea, 2020) dove i "parchi solari con una copertura del suolo rispettosa della biodiversità" sono riportati come una delle soluzioni a somma positiva per la produzione di energia.

L'analisi a criteri multipli degli usi di suolo di un impianto solare considera le multifunzionalità non solo delle aree d'impronta al suolo delle strutture di supporto dei pannelli e degli ausiliari tecnici, ma anche gli spazi tra questi, e le connessioni dell'area d'impianto rispetto alla rete costituita da aree coltivate, altri parchi solari, aree naturali, e aree urbane.

L'eco-progettazione dei parchi solari trasforma quella che altrimenti è una voce di costo, il diserbo per evitare vegetazione invasiva sui pannelli e rischi incendi, in un investimento per servizi socio-ecologici.

Le aree libere al suolo dei parchi solari in una bioregione possono essere convertite ai seguenti usi plurimi:

  • Rifugio per impollinatori e altre specie. Queste aree fungono da nodi in una rete di conservazione di habitat, e inducono quantificabili servizi eco-sistemici per le aree coltivate nei raggi di pertinenza dei nodi solari.
  • Aree umide. Queste aree possono svolgere ruoli di regolazione idrogeologica, habitat, e trattamento di acque reflue secondarie a costi minori di altre modalità di purificazione, e al tempo stesso mitigare l'effetto isola di calore e così incrementare la produttività dell'impianto solare.
  • Giardini eco-didattici peri-urbani, ovvero l’uso didattico per quei parchi solari localizzati in prossimità di aree urbane.

Alla luce di ciò, appare oltremodo errata la convinzione che occorra ridurre le aree dedicate ai parchi solari. Al contrario, se ben progettati, un loro elevato grado di porosità, quindi una maggiore area per unità di potenza installata, potrebbe essere preferibile per motivazioni extra-energetiche, e in particolare per il miglioramento della biodiversità.

Per saperne di più

questo link trovate un rapporto tecnico che fornisce argomenti ulteriori, schede divulgative, e bibliografia.

[1] Le stime si basano su alcuni scenari studiati nel seguente articolo. Per gli scenari senza veti alle rinnovabili territoriali si vedano gli scenari indicati nell’articolo come “scenari A”, mentre per scenari con esclusivamente solare su coperture esistenti si vedano gli “scenari H”. Scenari intermedi tra questi casi limite sono indicati con le lettere B—F, e gli “scenari G” sono quelli di tipo tutto-nucleare. L. Moccia. Optimization of baseload electricity and hydrogen services by renewables for a nuclear-sized district in South Italy. Smart Energy, 2024.

Luigi Moccia

Luigi Moccia è Primo Ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche dove si occupa di ottimizzazione di processi logistici, trasporto pubblico e sistemi energetici. Ha iniziato a interessarsi alle energie rinnovabili durante gli studi di ingegneria e con una tesi sulla promozione del solare termico presso l'ENEA, dove poi è stato borsista nell'unità Reti Energetiche Urbane. Divulgazione e note personali su: Substack, Bluesky