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Il 2024 verrà ricordato come l’anno più caldo di sempre. Almeno per qualche mese. Perché poi, a meno di un’eccezionale svolta, tra Donald 2.0, Ursula 2.0 e vertici internazionali uno più fallimentare dell’altro, anche il 2025 si preannuncia bollente

 |  Editoriale

A novembre era «praticamente certo». Ora, dicono i vertici del Servizio per il cambiamento climatico di Copernicus, ne abbiamo la «quasi certezza». Ma non servirà aspettare il 31 dicembre o il bollettino che verrà diffuso all’inizio del 2025. Anche senza il bollino della formalità, le certezze ormai sono due, e una peggiore dell’altra. La prima: quello che si sta per chiudere è l’anno più caldo mai registrato. La seconda: la temperatura media globale di questo 2024 è per la prima volta più di 1,5 gradi Centigradi sopra i livelli pre-industriali.

Certo, non basta un singolo anno per paventare catastrofi, l’accordo di Parigi sulla temperatura limite oltre la quale l’impatto dei cambiamenti climatici si fa devastante (appunto +1,5°C rispetto all’era pre-industriale) era calcolato su una base ventennale. Ma ci sono due fattori che dicono che l’ultimo bollettino appena rilasciato dal Copernicus climate change service (C3S) è tutt’altro che da sottovalutare. Il primo: se il trend di riscaldamento globale fin qui registrato dovesse mantenersi così com’è, la media ventennale su cui si ragionava nel 2015 al vertice organizzato dall’Onu nella capitale francese verrà raggiunta non nel 2035 come ipotizzato dai ricercatori di Copernicus nel 2018, non a metà 2031 come calcolato dagli stessi all’inizio di quest’anno, ma addirittura tra soli cinque anni, nel 2030. L’impennata delle temperature causata dall’utilizzo dei combustibili fossili sta insomma avvicinando sempre più la deadline. 

Ma soprattutto, il secondo fattore che, dopo il bollettino di novembre del C3S, rende ancora più “pesante” quello appena diffuso è ciò che è avvenuto, e non è avvenuto, da una mesata a questa parte. Ecco un breve elenco: si può cominciare dai fallimentari risultati della Cop29 di Baku e le sue «noccioline» per il clima, il rinvio dei tagli delle emissioni di gas serra e la promessa di stanziare 1.300 miliardi di dollari di aiuti però rimasti sulla carta e tutti da trovare e, passando per il surreale esito della Cop16 sulla biodiversità di Cali e il flop sul trattato globale sulla plastica del vertice Onu a Busan, si può finire con il nuovo corso che su combustibili fossili e contrasto ai cambiamenti climatici imprimerà la Casa Bianca con l’arrivo di “Donald 2.0” e i tutt’altro che incoraggianti segnali partoriti su deforestazione e altri temi inerenti al Green deal dalla Commissione Ue targata “Ursula 2.0”.

Tutto ciò mal si concilia con quanto riportato dal bollettino del Servizio per il cambiamento climatico di Copernicus. Partiamo dalle temperature: il mese di novembre 2024 è stato il secondo più caldo a livello globale, dopo il novembre 2023, con una temperatura media dell’aria superficiale ERA5 di 14,10°C, 0.73°C al di sopra della media del periodo compreso tra il 1991 e il 2020 per novembre. Il novembre 2024 è stato di 1.62°C al di sopra del livello pre-industriale ed è stato il 16° mese in un periodo di 17 mesi in cui la temperatura superficiale media globale dell’aria ha superato di 1,5°C i livelli pre-industriali. L’anomalia della temperatura media globale per tutto l’anno (gennaio-novembre 2024) è di 0,72°C al di sopra della media tra il 1991 e il 2020, che è la più alta mai registrata per questo periodo e 0,14°C più calda rispetto allo stesso periodo del 2023. Secondo questi set di dati, spiegano i vertici di Copernicus «a questo punto è praticamente certo che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato e più di 1.5°C al di sopra del livello pre-industriale».

Per quanto riguarda l’Europa, si legge sempre nel bollettino diffuso dal C3S, la temperatura media sulla terraferma è stata di 5,14°C, 0,78°C al di sopra della media del periodo compreso tra il 1991 e il 2020 per il mese di novembre. Al di fuori dell’Europa, le temperature sono state molto più alte della media nel Canada orientale e negli Stati Uniti centrali e orientali, nella maggior parte del Messico, in Marocco, nell'Africa nordoccidentale, in Cina, in Pakistan, nella maggior parte della Siberia e in Australia. Le temperature sono state invece notevolmente inferiori alla media negli Stati Uniti occidentali, in alcune parti dell’Africa settentrionale, nella Russia orientale e nella maggior parte dell'Antartide.

I dati di Copernicus sono importanti anche per quel che riguarda la temperatura superficiale media marina,  che a novembre è stata di 20,58°C, il secondo valore più alto registrato per il mese, e solo 0.13°C al di sotto del novembre 2023. Il Pacifico orientale e centrale equatoriale ha registrato temperature inferiori alla media, indicando un passaggio a condizioni di neutralità o La Niña, ma le Sst in tutto l’oceano, sottolinea il bollettino del C3S, sono rimaste insolitamente alte in molte regioni.

A questo si aggiungono precipitazioni che, soprattutto per la maggior parte dell’Europa occidentale e centrale, sono state inferiori alla media, il ghiaccio marino artico che ha raggiunto la sua terza più bassa estensione mensile a novembre, con un 9% al di sotto della media, e l’estensione del ghiaccio marino antartico che ha raggiunto il suo valore mensile più basso a novembre, con un 10% al di sotto della media, superando leggermente i valori del 2016 e del 2023 e continuando una serie di anomalie negative storicamente ampie osservate per tutto il 2023 e il 2024.

Secondo Samantha Burgess, vicedirettore del Copernicus climate change service, «con i dati di Copernicus relativi al penultimo mese dell’anno, possiamo ora confermare con quasi certezza che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato e il primo anno solare al di sopra di 1.5 °C. Questo non significa che l’Accordo di Parigi sia stato violato, ma che un’azione ambiziosa per il clima è più urgente che mai». Qualcosa di analogo lo aveva detto in occasione della diffusione del precedente bollettino, un mese fa. Anzi, a dire il vero aveva detto qualcosa di più specifico, annunciando già allora che il 2024 rischiava di essere l’anno più caldo di sempre: «Questo dovrebbe servire da catalizzatore per aumentare le ambizioni della prossima Conferenza sui cambiamenti climatici, la Cop29». Che, invece, è andata come è andata.

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.