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Bocconi d'Italia. Ispra, ogni secondo 2,3 mq di terreni verdi diventano grigi di cemento anche in aree alluvionali e franose. Riuscirà il Parlamento ad approvare la legge contro il più folle consumo di suolo d’Europa?

 |  Editoriale

Dal 2006, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) monitora coi più avanzati sistemi di ricerca e analisi il consumo di suolo in Italia. E anche il nuovo rapporto 2024 è un dossier scientifico da allarme rosso. Dimostra che se la popolazione decresce il consumo di suolo continua a crescere con un ritmo autolesionista, a bocconi da 21.578 kmq che hanno artificializzato e cementificato il 7,16% di territorio nazionale. Per capirci, è un’area vastissima quanto la copertura di tutti gli edifici di Torino, Bologna e Firenze messi insieme. Il ritmo folle è di 20 ettari al giorno, di 2,3 metri quadrati cementificati o asfaltati al secondo… Offre un quadro desolante questa nuova mappa del “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” (la sintesi è scaricabile in coda all’articolo, qui la versione completa), elaborata dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa).

copertina rapporto consumo di suolo ispra

L’Italia continua a soprattutto a edificare persino su aree alluvionali o franose, mostrando un’attrazione fatale per il rischio come le falene dal calore. Spendiamo cifre inimmaginabili per riparare danni di alluvioni o frane – qualcosa come 4 miliardi di euro in media all’anno dal secondo dopoguerra, senza contare vittime e feriti – ma tolleriamo l’arrembaggio quotidiano alla riduzione fatale dell’effetto-spugna a ridosso o all’interno delle aree urbane, quella capacità dei terreni di assorbire acqua e di farla scorrere senza troppi danni. Come spiegare al mondo questo nostro pazzesco record che trova radici nella cultura dell'illegalità con scarsi contrasti se persino nella “Relazione sugli indicatori di Benessere equo e sostenibile 2023”, presentata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, si legge che l’”indice di abusivismo edilizio” resta ancora alto, intorno al 15%, anche se in calo dal quasi 20% nel triennio 2015-17. Per ogni 100 costruzioni autorizzate dai Comuni ben 15 ancora oggi sono abusive! Un dato sconcertante.

L’assalto con cemento a presa rapida e senza limiti però continua, spesso calpestando leggi, normative e regolamenti comunali, con silenzi complici e interessi e intrallazzi, emulando i progenitori protagonisti dei decenni d’oro delle impressionanti cementificazioni di mezzo secolo fa, della “rapallizzazione” dell’Italia con lottizzazioni su stupende colline e declivi, su spiagge e verdi pianure, su corsi d’acqua e fossati di scolo. Scempi che hanno condannato a lutti e incubi un ben pezzo d’Italia raccontati dai grandi cronisti del secolo scorso, da Indro Montanelli che li definì nei suoi reportage come “cecità del calcestruzzo” a Giorgio Bocca a Egisto Corradi a Leo Vergani che descrivevano inorriditi “l’Italia terra sgovernata”, e denunciati da urbanisti come Antonio Cederna che metteva in guardia gli italiani perché: “Su oltre 8.ooo chilometri di coste, più della metà sono da considerarsi perduti in quanto ridotti ad agglomerati lineari semi urbani, squallidi e ininterrotti, che riproducono sulla riva del mare gli aspetti peggiori delle concentrazioni cittadine, stroncano ogni continuità fra mare e risorse naturali dell'entroterra, e distruggono praticamente la stessa potenzialità turistica delle zone investite”.

Anche l’Italia del 2023, rivela l’Ispra, ha dato l’addio ad altri 72,5 kmq di terre vergini con una rapacità sempre più veloce. Se nel 2006 ogni italiano aveva teoricamente a disposizione un’area artificializzata – abusivamenre o regolarmente – da edifici o capannoni industriali e da asfalto e cemento di piazziali qualcosa come 348,2 mq a testa, oggi siamo saliti a 365,7 mq.

card consumo di suolo snpa 1

Quasi un’intera Lombardia asfaltata e cementificata. Con il paradosso dell’aumento di consumo di suolo negli anni in cui la popolazione diminuisce. In dieci anni abbiamo perso 1,3 milioni di residenti, ma si continua a costruire e a lasciare sul gruppone delle nuove generazioni problemi molto seri. Nel 2023, come spiega Maria Siclari, direttrice generale dell’Ispra cui si deve, con il presidente Stefano La Porta, la messa a punto di un sistema avanzatissimo di monitoring in real time e di analisi del territorio da eccellenza mondiale, sono stati 504 gli ettari di aree verdi occupate da strutture commerciali della logistica e della grande distribuzione e per attività produttive, con un 25% occupato da abitazioni e uffici. A Roma, metropoli divoratrice di suoli vergini ad alto rischio idrogeologico sono stati ancora “mangiati” in un anno terreni verdi per un nuovo polo commerciale sulla Pontina o per la viabilità per il torneo di golf Ryder cup, come se non bastassero le indicazioni stradali da brivido di aree densamente urbanizzate ma ad alto rischio alluvionale come le foci naturale e artificiale del Tevere iper-cementificate e località come Infernetto, Punta Maledetta, Punta Malafede, via Affogalasino, Isola Sacra, via delle Idrovore, Bagno, Bagnoletto, Settebagni….

Ma la cementificazione non si è fermata nemmeno dopo le alluvioni dalla Lombardia all’Emilia Romagna alla Sicilia. Evidentemente hanno insegnano poco o nulla le 5.400 alluvioni e le 11.000 frane che ci hanno colpito negli ultimi 70 anni. Nemmeno i circa 200 “Stati di emergenza nazionale” più ravvicinati decretati dal Consiglio dei ministri dal maggio 2012 ad oggi. E nemmeno ci hanno spaventato e costretto a darci una regolata i costi umani e le perdite miliardarie delle sole ultime 4 grandi alluvioni che ci hanno colpito negli ultimi 2 anni, con fatali 3 ritorni: nel 2022 il 15 settembre nelle Marche con 13 vittime e il 26 novembre a Ischia con 12 vittime, nel 2023 nella Romagna dal 1 maggio con 12 morti e dal 3 novembre in Toscana con 8 morti, e poi di nuovo il 9 settembre 2024 ancora in Toscana, il 20 settembre in Emilia Romagna e il 23 ottobre a Bologna. I soli costi complessivi di questi terrificanti eventi superano i 16 miliardi di euro! Per non dire della miriade di circa 100 eventi climatici minori che si sono abbattuti nel resto d’Italia negli ultimi 26 mesi. Ma evidentemente tutto scorre e non insegnano nulla nemmeno le proiezioni meteoclimatiche che prevedono aumenti di magnitudo e frequenza di eventi non più estremi ma ordinari.  

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Uno dei casi limite è quello dell’Emilia-Romagna, tra le “maglie nera” per consumo di suolo dove, anche nel 2023, l’Ispra calcola 815 ettari urbanizzati e in crescita anche nell’anno delle alluvioni nelle aree a rischio idraulico con magazzini, supermercati, strade o edifici. Terreni impermeabilizzati senza pensare alle conseguenze che oggi superano i 200 mila ettari, l’8,9% della Regione, oltre la media nazionale del 7,2%, superata però dalla Lombardia al 12,2%, dal Veneto all’11,9% e dalla Campania al 10,6%. Per suolo consumato nel solo 2023 l’Emilia-Romagna è però seconda dopo il Veneto con 815 ettari, con un aumento dello 0,4% in 12 mesi, sopra alla media nazionale del + 0,3%, e sono scomparsi tra il 2006 e il 2023 quasi 14mila ettari di terreni naturali concentrati sulle aree più pianeggianti della pianura padana, a servizio del più rapido sviluppo economico: 109 ettari occupati da edifici e fabbricati, 101 ettari da magazzini e centri logistici a servizio dell’industria e della grande distribuzione, 22 ettari da strade, ferrovie, aeroporti e porti. Per l’Ispra, in Emilia-Romagna il 62% degli edifici è in aree a rischio idraulico medio e il 5,8% a rischio frana e per due terzi a rischio terremoto.  

La crescita della cementificazione solo in minima parte è compensata da ripristini di aree naturali, ferme a poco più di 8 kmq, e il 70% del consumo di suolo è nelle aree urbane dove il nuovo regolamento europeo peraltro impone di azzerare la perdita netta di superfici naturali e di copertura arborea a partire dal 2024. Soprattutto, la tendenza è a consumare suoli accessibili come fasce costiere, pianure e fondi valle e aree a vocazione agricola in prossimità dei centri urbani. E quei vietatissimi suoli entro i 150 metri nelle aree di rispetto dei fiumi e dei torrenti dove si registra un incremento di 770 ettari nell’ultimo anno, per il 40% lungo i corpi idrici dell’Emilia-Romagna (123,4 ettari), della Lombardia (90,3 ettari) e del Piemonte (87,1 ettari). Nelle aree a rischio idrogeologico il consumo di suolo continua a crescere. Nelle fasce a pericolosità idraulica media è aumentato del 13,1% su 1.107 ettari, due terzi dei quali tra Emilia-Romagna (577 ettari) e Toscana (148 ettari). Nelle aree a pericolosità da frana salgono all’11% i suoli consumati con a top del rischio per il 15,53% la Lombardia e per il 15,43% il Piemonte, con l’aumento di 529,8 ettari tra il 2022 e il 2023, di cui 37,7 ettari persino in aree a pericolosità molto elevata - con 7,5 ettari in Emilia-Romagna -, e l’aumento di 79,2 ettari in aree a pericolosità elevata con il 28,2 dei suoli della Campania.

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Per fermare trend da scempio ambientale e da collasso economico, occorrerebbe il varo della legge sul consumo di suolo, attesa inutilmente dal Parlamento ormai da decenni. Ma evidentemente vince sulla ragionevolezza la deregulation urbanistica italiana, un caso unico nel continente e nel mondo avanzato che fa continuare a costruire trappole idrogeologiche per il consumo scellerato di pianure alluvionali, colline franose, arenili in erosione. L’assenza di una normativa nazionale favorisce ancora l’edilizia abusiva, oltre quella ormai graziata da ben 4 condoni: i tre del 1985, del 1994 e del 2003 con 15 milioni e 431.707 domande di sanatoria, e il quarto per le case di Ischia colpite dal sisma del 21 agosto 2017 voluto dal governo gialloverde Conte 1 e mascherato nella legge 2018 per la ricostruzione del ponte Morandi di Genova, che però riaprì i termini del condono del 1985, il primo e il peggiore che sanava edilizia abusiva anche in zone ad alto rischio idrogeologico e sismico.

Continuiamo a piangere morti e danni per il consumo scellerato di suolo? Oppure, come chiede anche l’Ispra con il suo report scientifico, ci diamo una mossa almeno per ridurre l’urbanizzazione nelle pianure alluvionali, sulle colline franose, sopra gli arenili in erosione evitando di continuare a calpestare leggi, normative e regolamenti, con silenzi complici e intrallazzi?

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Erasmo D'Angelis

Erasmo D’Angelis, giornalista - Rai Radio3, inviato de il Manifesto e direttore de l’Unità -, divulgatore ambientale e autore di libri, guide e reportage, tra i maggiori esperti di acque, infrastrutture idriche, protezione civile. Già Segretario Generale Autorità di bacino Italia Centrale, coordinatore per i governi Renzi e Gentiloni della Struttura di Missione “italiasicura” contro il dissesto idrogeologico, Sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti del governo Letta, Presidente di Publiacqua e per due legislature consigliere regionale in Toscana. È Presidente della Fondazione Earth Water Agenda, tra i promotori di Earth Technology Expo e della candidatura dell’Italia al World Water Forum.