Se mettiamo in fila i 18 anni sul green carpet del primo quotidiano on line dell'ambientalismo italiano, emerge l'informazione che ha accompagnato un pezzo di storia nazionale, tutelando i sacri diritti dell'ambiente.
Il progetto editoriale promosso sul campo della valorizzazione degli asset dell'ecologia che fa rima con l'economia più competitiva, con la green economy nata con la Fondazione Symbola presieduta da Ermete Realacci, e con il futuro sostenibile del nostro Paese; il canale di comunicazione privilegiato e di supporto scientifico per tante formidabili iniziative e battaglie ecologiste, coordinato dal bravissimo Luca Aterini che resta il nostro giornalista di punta. Se guardiamo alle nostre spalle, vediamo perfettamente la nuova sfida che inizia oggi.
Da tempo molti ci hanno spinto a rilanciarlo, e oggi riparte con un editore smart come la Sicrea di Federico Chiesi e Maurizio Izzo, il sostegno delle aziende pubbliche toscane di Cispel, e con tutto l'orgoglio delle sue giovani e forti radici, e la sua missione molto chiara perché impressa già nel nome della testata.
Non sarà solo il bel portale, attraente e ricco di informazioni e occasioni di lettura e di impegno che state leggendo, ma un giornale da leggere, consultare, guardare, ascoltare, e attraverso il quale magari lanciarsi anche nella mischia. Insomma un invito quotidiano a rimboccarsi le maniche per migliorare l'ambiente che ci circonda, e magari impegnarsi e mobilitarsi nelle iniziative promosse dalle nostre grandi associazioni ambientaliste e civiche, a partire da Legambiente che è stata e continuerà ad essere un riferimento costante.
Greenreport riparte con lo sguardo ai grandi orizzonti e ai panorami locali, con l'ambizione di essere sempre più strumento di conoscenza scientifica e di analisi, a difesa del nostro ambiente sofferente e degli investimenti più strategici per aumentare l'innovazione e la qualità dei servizi pubblici e della nostra vita nelle nostre aree urbane, rafforzare la green economy italiana, riaprire le grandi questioni ambientale e dell'adattamento al clima cambiato, che si lega alla qualità del nostro sviluppo.
Non può che essere così, e basta ricordare la terribile sequenza delle 4 ultime grandi catastrofiche alluvioni negli ultimi 17 mesi tra Marche, Ischia, Romagna e Toscana che hanno colpito con 48 morti, decine di migliaia di sfollati e 15 miliardi di euro complessivi di danni. Quanto una manovra finanziaria! O, se vogliamo, quanto il solo costo del “Ponte Salvini” tra Scilla e Cariddi che nessuno oggi sa dire a cosa possa servire, perdipiù tra due regioni che avrebbero invece urgente bisogno di “ponti” verso la sicurezza da terremoti, rischi idrogeologici e siccità estreme e servizi pubblici indegni.
No, non può più essere ignorato l'abbandono della questione ambientale, e l'abbandono di tanti nostri territori a rischi sempre più gravi, sui quali greenreport avrà gli occhi green ben puntati e proporrà con i massimi esperti soluzioni concrete e realizzabili. Come pure li avrà sulla qualità dei governi nazionale e locali, perché governare è il privilegio di migliorare le cose e non di rinviarle. Perché questi non sono tempi normali, ma cruciali.
Dovrebbero essere tempi di ampi orizzonti e non di chiusure. Ma il mondo non si è solo perso nell'inferno di aggressioni e conflitti atroci anche ai bordi della nostra Europa, dei quali non si vede l'epilogo, ma lascia annegare nel mare di parole vuote gli impegni solennemente annunciati contro il pericolo numero uno di noi smemorati terrestri: quella crisi climatica del tutto fuori controllo e contro la quale gli obiettivi di contrasto e di adattamento, concordati ogni anno nelle Conferenze COP dell'Onu, evidentemente si firmano con l'inchiostro simpatico, pronto a svanire un attimo dopo. L'andirivieni delle diplomazie climatiche tra un summit e l'altro finora è stato abbastanza fallimentare, da far dimenticare il primo promettente Summit della Terra di Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992, da far cancellare la flebile speranza riaccesa nel ventunesimo vertice sul clima di Parigi nel 2015, lasciando dilagare la disperazione di chi già subisce gli effetti del clima cambiato e di chi assiste a sempre nuovi accordi globali che resistono il tempo di un disegno sulla sabbia in riva al mare.
Oggi, a una manciata di giorni dal voto europeo, in una delle più spente campagne elettorali di sempre, nonostante le poste in gioco, salvo rarissimi casi, dai programmi è scomparso l'ambiente, è missing l'economia green, sono svaniti gli investimenti immediati che servirebbero per l'adattamento alla fase climatica accelerata da emissioni di CO2, mancano i fondamentali da rafforzare qui in Italia: investimenti per le infrastrutture dell'acqua, per le energie rinnovabili, per città vivibili, per habitat protetti, per la difesa dai rischi naturali incombenti e dal consumo di suolo.
Tra chi chiede il voto per “meno Europa”, chi la vorrebbe demolire, c‘è persino chi scambia per lacrime e sangue il Green Deal europeo per la neutralità climatica entro il 2050. Basterebbe leggerlo, e agire velocemente per accedere ai benefici visto che vale 3 mila miliardi di euro l'anno entro il 2032, il 18% del PIL dell'Unione europea, cioè 6.700 euro all'anno per ciascun cittadino di nuovi investimenti per 2 milioni di nuovi posti di lavoro. Basterebbe approfittarne in pieno, perché li abbiamo votati anche noi e sono gli investimenti più utili che tirano l'economia. Come quelli del PNRR che procedono al rallentatore.
Se le azioni concrete svaniscono, arretra il futuro sostenibile, rinunciando a tanta occupazione e innovazione. L'Italia deve rispettare gli impegni presi e triplicare in 6 anni entro il 2030 l'energia fotovoltaica, eolica, idroelettrica, raddoppiare l'efficienza energetica, trasformare case in “case green” e la mobilità, ma la politica ambientale, climatica ed energetica si è impigrita, le ambizioni sono declinanti e neutralizzate anche dai ritardi clamorosi del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambianenti Climatici. Chi l'ha visto? Finalmente è stato adottato, ma nel silenzio e nel disinteresse generale, dopo 12 anni di meri aggiornamenti dal Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica. È nei cassetti privo di capitoli finanziari e delle necessarie governance nazionale e regionali e degli osservatori nazionale e regionali, senza un fiato.
Nell'imbarazzante melina dei governi e di questo governo, l'Italia però continua a confermarsi tra i territori del Pianeta più esposti ai rischi climatici con danni incalcolabili, e sarebbero utili le 361 azioni di adattamento, mitigazione e prevenzione previste in 27 settori, ma continuano ad essere inchiodate alla mitologia degli atti ministeriali dispersi che non arrivano mai a conclusione.
Ecco perché greenport non lascia ma raddoppia le sue offerte, e con tanti collaboratori proveremo ad essere una chiave positiva per interpretare la complessità del nostro mondo con il racconto di territori, iniziative, progetti, soluzioni concrete, innovazioni nei settori produttivi e dei servizi pubblici. Insomma, uno strumento di informazione e formazione, la bussola green che indica le rotte della sostenibilità da seguire.