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Autolesionismo all’italiana. Dall’escalation delle alluvioni alla de-escalation di risorse per fronteggiarle. In Finanziaria un fondo senza fondi fino al 2028: cosa insegna la strage di Valencia?

 |  Editoriale

Il giorno dopo, come ogni giorno dopo i più devastanti cataclismi, le città e i paesi tra Cadice e Valencia e Barcellona colpiti al cuore dalla peggior alluvione da 28 anni, sono irriconoscibili, alcuni sono ancora irraggiungibili, e insieme alla Spagna anche noi italiani siamo sotto shock per gli effetti a terra della terrificante violenza della “Gota Fría”, la goccia fredda, il fenomeno meteo in gergo scientifico spagnolo conosciuto come “DANA” ovvero “Depresión Aislada en Niveles Altos” che ha abbattuto con una potenza epocale sulla parte sud della penisola iberica. Sono 95 i morti finora accertati, tutte persone ignare del rischio e non avvertite in tempo a dimostrazione di un deficit mortale dei sistemi di preallerta e nella gestione dell’emergenza, annegate e sballottate nella fiumana di acqua e fango. Sono ancora tanti i dispersi e non si contano le strade ostruite da grovigli di auto e camion accartocciati e le distruzioni nelle aree urbane. Tutto è stato sommerso da piogge del tutto fuori controllo e le più terrificanti della storia recente, da tempeste di vento con grandinate pazzesche con chicchi di dimensioni enormi. Effetti che anche noi italiani purtroppo conosciamo bene.

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Si possono almeno evitare i morti? Si può almeno ridurre la portata della devastazione? La manovra Finanziaria abbandona l’Italia al rischio

Per noi italiani appena usciti dall’ennesima terribile e angosciante settimana di alluvioni-lampo da Sud a Nord con Bologna cuore dell’emergenza, e soprattutto per il governo, la domanda delle domande è questa: come pensiamo di contrastare l’estremizzazione delle precipitazioni e ridurre questi livelli di vittime e di distruzioni senza una chiara governance tecnica organizzata per questa missione essenziale, senza prevedere risorse nella manovra finanziaria in discussione? Perché anche quest’anno la legge Finanziaria prevede zero carbonella per la difesa dai colpi del dissesto idrogeologico e per parare i micidiali effetti dei cambiamenti climatici. I motivi di questa clamorosa rimozione come se il problema non esistesse, forse li ritroviamo nell’aforisma coniato da Winston Churchill nel 1939. Commentando le intenzioni della Russia, l’allora premier del Regno Unito lasciò scritto: “Si tratta di un indovinello, avvolto in un mistero all'interno di un enigma”. Parole e umori da fotocopiare oggi. Perché ci sarebbe bisogno di bravi psicanalisti per interpretare questa misteriosa nostra coazione a ripetere gli errori di sempre, questa nostra incapacità nazionale nel saper reagire ai peggiori colpi meteoclimatici che ormai si susseguono con frequenze e intensità devastatrici mai viste. Perché noi italiani inventori di tutto e costruttori di tutto non riusciamo a mettere in campo tecnica, tecnologie, esperti e soprattutto risorse per non affondare nel fango o non essere travolti dalle acque o dalle frane. Emergenze gestibili che però non rientrano tra le priorità intorno alle quali saremmo felicissimi di vedere accapigliarsi al calor bianco maggioranza e opposizioni.

Siamo chiari. Nessuno sano di mente metterà mai in discussione i sacrosanti finanziamenti per aumentare pensioni minime e salari, per la scuola e la sanità, per la mobilità e le infrastrutture che servono. Però, vivaddio, per quale oscuro motivo le difese dal nostro nemico pubblico numero uno che ci colpisce come, dove e quando vuole devastandoci senza pietà e senza incontrare sistemi di protezione adeguati, non hanno diritto di cittadinanza nella manovra finanziaria dello Stato e nei bilanci pubblici?

L’Italia può reggere ancora questa trattato di resa incondizionata al rischio calcolato al millimetro sul territorio nazionale dall’Ispra e da tanti esperti del ramo? Possiamo continuare con un autolesionismo nazionale indegno della nostra storia che deve la costante de-escalation dei fondi – oggi praticamente fino allo zero - per opere e interventi più urgenti e vitali. Una assenza che rispecchia forse il menefreghismo di chi preferisce cullarsi ancora nell’illusione di potersela sempre cavare, di chi passa dalle puntuali dichiarazioni di buoni propositi nelle ore della tragedia alle rimozioni delle cause appena il cielo torna il sereno e all’assenza del contrasto alle emergenze che continueranno là dove c’è bisogno che ci siano: nei capitoli di bilancio dello Stato durante la definizione degli obiettivi annuali programmatici e di finanza pubblica.

La nuova manovra di bilancio 2025 di per sé già restrittiva e con poco o nulla su capitoli determinanti come la transizione energetica, la tutela ambientale, l’adattamento alla crisi climatica pur avendo oggi finalmente un ottimo piano nazionale di misure e interventi adottato dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin. Persino l’efficientamento delle infrastrutture idriche, all’articolo 94 della manovra, raccolgono briciole con “una quota fino a 144 milioni per il 2025 destinata ad un piano stralcio” ma a fronte di oltre 13 miliardi di opere inserite nel “Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico” redatto dal Ministero delle Infrastrutture e guarda caso perfettamente equivalenti al costo dell’inutile Ponte sullo Stretto che, al contrario, gode di corsie di emergenza finanziaria.

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Anche i sassi ormai conoscono la dinamica della catastrofe. Siamo la penisola del consumo di suolo e in mezzo al mare che si riscalda più di tutti gli altri mari

L’innesco delle piogge esplosivo è nel Mediterraneo Nostrum le cui acque superficiali si stanno riscaldando molto più velocemente di altri mari, e questo attiva masse di vapore acqueo che salgono verso l’atmosfera dove, se si scontrano con perturbazioni gelide, si condensano in gocce d’acqua e palline o palle di grandine che precipitano a terra con effetti estremi. L’energia del mare è in aumento e, purtroppo per noi, la verità amare è di un futuro con tempeste sempre più violente se non riusciamo a ridurre o frenare il riscaldamento globale. I meteorologi ci spiegano che la struttura del fenomeno killer spagnolo definito “DANA” è quella tipica dei fenomeni intensi di precipitazioni cicloniche che ci devastano. Sono identici di inneschi e le variabili.

Il tempo però è tutto. Siamo ancora in tempo per evitare guai peggiori, ma è necessario investire risorse certe in ogni annualità e da oggi. L’Italia è e sarà sempre più un hotspot di emergenze climatiche, e oggi la miriade di alluvioni e allagamenti che ci colpisce restituisce un panorama angosciante di territori che non reggono e non possono reggere tipologie di precipitazioni mai viste. Siamo Patria di fiumi tombati sotto le città come bombe idrauliche a orologeria, e troppe aree sono a pericolosità idraulica massima anche per un abusivismo edilizio che non ha pari in Europa e per l’assenza clamorosa di interventi infrastrutturali.

Ma se il clima peggiora anche noi dobbiamo riuscire a reagire, prendere decisioni, ritagliare risorse per non finire sempre sott'acqua. Abbiamo tutte le condizioni per poter combattere sul campo brutali devastazioni che accumulano almeno 6 miliardi di danni pubblici e privati all’anno, oltre il peso incalcolabile delle vittime. Il dibattito politico dovrebbe essere sovrastato da questa grande questione nazionale.

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La Finanziaria 2025, all’articolo 92, istituisce un Fondo “interventi di ricostruzione e delle esigenze connesse alla stessa”. Ma a partire dal 2028

La manovra di bilancio 2024, all’articolo 92, istituisce un Fondo “destinato al finanziamento degli interventi di ricostruzione e delle esigenze connesse alla stessa”. Il titolo sarebbe anche promettente: “Misure in materia di calamità naturali ed emergenze (Fondo per la ricostruzione)”. Ma già dal Comma 1 cadono le braccia. Recita: “Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un fondo destinato al finanziamento degli interventi di ricostruzione e delle esigenze connesse alla stessa, con una dotazione di 1.500 milioni di euro per l'anno 2027 e di 1.300 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2028”. Segue poi il Comma2: “Le risorse di cui al comma 1 sono ripartite con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del capo del dipartimento Casa Italia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, tenuto conto dei fabbisogni e dei relativi cronoprogrammi di spesa”. Segue quindi il Comma 3 “La ripartizione di cui al comma 2 è predisposta tenendo conto dei dati di monitoraggio sull'avanzamento dei processi di ricostruzione, a tal fine utilizzando, ove disponibili, anche le risultanze dei sistemi informativi del Ministero dell'economia e delle finanze”.

In sostanza, il fondo per la difesa degli italiani resterà senza fondi per le prossime annualità 2025 e 2026. Gli stanziamenti sono rinviati alle manovre future che saranno gestite da chissà quale maggioranza dall’anno 2027 per 1,5 miliardi e poi a seguire per 1,3 miliardi a partire dal 2028. Risorse peraltro insufficienti.

Lo schema della Finanziaria, insomma, bypassa tranquillamente il presente e questo nostro terribile triennio 2024-2025-2026 non prevedendo finanziamenti necessari per iniziare a mettere in massima sicurezza possibile, e prima possibile, territori ad elevatissimo rischio di essere devastati. Dall’Emilia Romagna alla Toscana al Veneto salgono proteste per aree colpite e abbandonare a sé stesse, senza fondi per casse di espansione, letti di fiumi più ampi, argini da rifare, delocalizzazioni dolorose ma necessarie.

Il nostro destino non è quello di restare un Paese-rischiatutto, e la Finanziaria dovrebbe innanzitutto coprire le richieste dei territori devastati e da vita a ciò che presidenti di regione e sindaci che invocano da tempo: un “Piano Marshall” per irrobustire un Paese fin troppo fragile. A Bologna, giovedì scorso, anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha chiesto al governo “un impegno straordinario” e “misure rapide”. Invece la manovra finanziaria prevede tagli agli enti locali che riducono o impediscono gli investimenti più utili.

La speranza essendo l’ultima a morire, ci fa guardare ora alle consultazioni sui 144 articoli del testo. Tra misure fiscali come il taglio del cuneo e il riordino delle detrazioni, norme sulle pensioni e sulla revisione della spesa, si andrà avanti fino al 10 novembre, data ultima per depositare emendamenti. Speriamo che dalla maggioranza ci siano ripensamenti e che le opposizioni unite riescano a modificare una manovra che se resta così continua a condannarci a tragedie ormai quotidiane. È così difficile capire che la prevenzione deve diventare una priorità in cima ai pensieri di tutti? Che è il miglior investimento per il futuro? Che non è una “spesa”, ma è l’unica nostra difesa?

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Erasmo D'Angelis

Erasmo D’Angelis, giornalista - Rai Radio3, inviato de il Manifesto e direttore de l’Unità -, divulgatore ambientale e autore di libri, guide e reportage, tra i maggiori esperti di acque, infrastrutture idriche, protezione civile. Già Segretario Generale Autorità di bacino Italia Centrale, coordinatore per i governi Renzi e Gentiloni della Struttura di Missione “italiasicura” contro il dissesto idrogeologico, Sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti del governo Letta, Presidente di Publiacqua e per due legislature consigliere regionale in Toscana. È Presidente della Fondazione Earth Water Agenda, tra i promotori di Earth Technology Expo e della candidatura dell’Italia al World Water Forum.