Dalle alluvioni alle città-spugna. La Toscana può lanciare la nuova urbanistica green per la gestione di eventi estremi in aree urbane: è l’ora dei Piani regolatori delle acque
Campi Bisenzio, Montemurlo, Prato. A dieci mesi dalla tragica alluvione della Piana del 3 novembre 2022, un nuovo temporale a carattere "esplosivo" con 150 millimetri di pioggia sull’intera Toscana e cumulati tra 70 e 100 sulla piana – su una media annuale di circa 1000 mm –, in poche ore ha rimandato in emergenza la fragile idrologia della grande piana tra Firenze Prato. L’acqua ha colpito questa volta non esondando da fiumi e torrenti, ma soprattutto “esplodendo” dalle caditoie di reti fognarie e da tratti di fiumi e torrenti tombati come lo Stregale a Montemurlo, e da grigliature inadeguate che fanno da tappo. I 160 milioni di euro in opere di somma urgenza spesi finora dopo l’ultima grande alluvione – necessità d’interventi calcolati dalla Regione per almeno 1,1 miliardi di euro dei quali a Palazzo Chigi si sono perse le tracce – hanno solo tamponato guai peggiori, ma servirebbero dal Governo almeno 400 milioni da investire subito.
È chiaro a tutti che bisogna correre sui diversi fronti dell’emergenza. Per “stombare” almeno una parte dei circa 50 chilometri di corsi d’acqua cementificati e scomparsi sotto la piana urbanizzata da un boom edilizio senza limiti e senza tener conto dei vitali deflussi dell’acqua.
In Toscana, dal secolo scorso, sono stati tombati circa 500 km di canali e rii sotto tappeti di cemento e asfalto, e in tutta Italia sono oltre 20.000 i km di corsi d’acqua scomparsi sotto le città che esplodono periodicamente facendo danni, come il Seveso che per 9 km è stato intubato sotto Milano in una galleria dalle dimensioni inadeguate. Ma ormai la frequenza e l’intensità delle alluvioni sono spaventose. In Italia, da 5 eventi meteo estremi circa ogni 15 anni di tipologia “alluvione di Firenze 1966” registrati fino al Novecento, siamo passati negli ultimi anni a oltre 100 in media all’anno, con un aumento vertiginoso di Stati di emergenza, vittime e danni per circa 4 miliardi di euro all’anno. La stessa piana oggi colpita è stata allagata due volte in soli 9 mesi!
Circa 1 milione di toscani, quasi i due terzi della regione, vive oggi in aree a rischio alluvioni o frane. Serve tanta prevenzione strutturale fatta di opere e interventi, ma anche formazione e manutenzioni costanti. Bisogna avviare delocalizzazioni di edifici, pur dolorose ma necessarie, che hanno cancellato preziosi reticoli idraulici essenziali allo scorrimento delle acque della piana. Bisogna accelerare al massimo, lavorando ormai coi tempi dell’emergenza le difese strutturali dalle alluvioni, a partire dalla conclusione delle grandi opere del nostro Mose che sono le 4 casse di espansione lungo l’Arno a monte di Firenze. Bisogna tenere nella massima efficienza i 13.844 chilometri di rete fognaria regionale costruita in 150 anni di storia – a Firenze sono 717 km e per ogni città nella piana in media è lunga intorno ai 150 km –, peraltro ben gestita, e ripulire le caditoie sapendo che si tratta di una rete tarata non per le esigenze di oggi ma del secolo scorso e assolutamente non in grado di assorbire i cumulati di precipitazioni del prossimo futuro. Bisogna semplificare il più possibile le procedure e chiarire le competenze sulla pulizia delle caditoie, sapendo che le nostre aziende idriche operano con grande efficienza.
Circa un terzo dei toscani, 1 milione di persone, vive in aree a rischio frane o alluvioni che un tempo erano coperte da paleo-laghi
Viviamo da sempre su terreni alluvionali, e oggi sull’intero territorio regionale scorrono la bellezza di 49 fiumi e ben 642 torrenti e corsi minori per un totale di 60.000 km di vie d’acqua. È la nostra ricchezza, ma possono essere anche rischi senza interventi di contenimento e protezione.
Nella “genetica” della Toscana le pianure di oggi un tempo erano immensi paleo-laghi, e poi per millenni aree paludose. Anche la piana della Toscana centrale era un lago sovrastato da argini giurassici, alimentato dal primo Arno molto più impetuoso di oggi, che scorreva dalla sorgente del Casentino. La via verso il mare in quel tempo era ostruita dall’enorme Masso della Gonfolina, il costone roccioso che si saldava alla catena montuosa del Montalbano nei pressi dell’attuale abitato di Poggio alla Malva e che come una diga naturale chiudeva ogni varco alle acque del fiume, facendole ristagnare su un’area oggi occupata da Firenze, Prato, Pistoia, Scandicci, Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio, Calenzano, Signa e Lastra a Signa.
Quel Masso quaternario di arenaria è oggi visibile sul tracciato della statale 67 Tosco-Romagnola al km 64,5, tra le località La Lisca e Brucianesi nel Comune di Lastra a Signa, sulla sponda sinistra dell’Arno, in corrispondenza della stretta e tortuosa gola della Gonfolina. Giovanni Villani, lo storico del Medioevo, nella sua Cronica la descrisse così: “…anticamente tra Signa e Montelupo nel mezzo del corso del fiume d’Arno ove si ristrigne in piccolo spazio tra rocce di montagna, aveva una grandissima pietra che si chiamava e chiama Golfolina, la quale per sua grandezza e altezza…‘l facea ringorgare infine assai presso ov’è oggi la città di Firenze, e per lo detto ringorgamento si spandea l’acqua del fiume d’Arno, e d’Ombrone, e di Bisenzio per lo piano sotto Signa, e di Settimo, e di Prato, e di Micciole, e di Campi, infino presso appiè de’ monti, faccendo paduli”. E anche Leonardo aveva intuito la genesi del lago, e la descrisse sul foglio 9r del Codice Leicester: “Dove oggi volano gli uccelli a torme, solean discorrere i pesci a grandi squadre...”.
Col passare dei millenni, l’innalzamento dei fondali per lo scarico di sedimenti dall’Appennino e la pressione dell’acqua del fiume aprirono una gola quanto bastava per farla defluire dalla “tagliata” naturale. Molte generazioni di toscani vissero con la certezza che fosse stata opera di Ciclopi o Titani ma è plausibile che all'azione erosiva dell’acqua si siano aggiunti l'ingegno e la mano d'opera etrusca e romana, nell’aprire definitivamente la via del mare al fiume per favorire la prima colonizzazione nella piana.
La Regione spinga tutti i Comuni al restyling dei Piani regolatori aggiungendo il Piano regolatore delle acque
Che fare? Sappiamo tutti ormai, e a nostre spese, che nell’ambiente urbano le superfici iper-impermeabilizzate impediscono l’assorbimento causando allagamenti per la sempre più ridotta capacità di ricezione e smaltimento dell’acqua. Che i picchi di piena della rete fognaria sono oggi raggiunti molto più velocemente, con conseguenti rigurgiti sulle aree cittadine dovuti alle loro sezioni insufficienti a smaltire le portate che si generano. Eppure, il problema del drenaggio delle acque meteoriche in aree urbane non è stato quasi mai preso in considerazione nella storia dell’urbanizzazione italiana, e l’idraulica non era uno dei problemi tecnici da affrontare e risolvere nella fase di impostazione di un Piano regolatore. Bisogna ripartire da questo gap. Vanno riaperti i Prg comunali e inseriti i Piani regolatori delle acque! Nuovi capitoli dell’adattamento al nuovo clima e alle sue emergenze nelle aree urbane con nuove infrastrutture idriche urbane green possono essere inseriti nelle pianificazioni comunali.
La risposta della Toscana, con la forte determinazione del presidente Eugenio Giani, può essere “pilota” per l’Italia. La nostra Regione ha tutte le capacità per diventare la prima Regione italiana con i Prg delle acque, la risposta agli eventi mete-climatici sempre più dirompenti è nel saper trasformare il più possibile le città in “città spugna” per:
- separare il più possibile il deflusso dell’acqua piovana dal sistema fognario, che va tenuto sempre nella massima efficienza con ispezioni e pulizie per evitare intasamenti da detriti o radici di alberi e foglie o altro
- tetti e pareti verdi con coperture di vegetazione che assorbono parte dell’acqua piovana, riducendo il deflusso e il sovraccarico degli impianti fognari
- ripristino di aree golenali proteggendo le zone urbane
- realizzare a monte delle aree urbane piccoli bacini idrici di laminazione delle acque di piena dei torrenti e dei fiumi
- realizzare nelle aree urbane serbatoi interrati di stoccaggio di acqua piovana, giardini-spugna e sistemi di canali e stagni come aree drenanti per assorbire acqua durante gli eventi metereologici, e sistemi frangi-piena che rallentano la velocità dell’acqua
- aumentare la permeabilità naturale del terreno con pavimentazioni con materiali altamente porosi, sostituendo superfici oggi impermeabili per aumentare l’assorbimento nel terreno e anche la vivibilità urbana
Per questi nuovi sistemi di drenaggio urbano in aree private si potrebbero utilmente estendere i bonus e sgravi fiscali
Soluzioni tarate per singoli edifici, quartieri, città o unioni di città, gestito sia da privati che dalle istituzioni. L’urbanistica green è applicata ormai in molte città europee. E noi che conosciamo quali sono le aree più esposte, se guardiamo alle altre regioni italiane abbiamo un sistema istituzionale e di gestori che funziona – dal Lamma all’Autorità di bacino, dai Consorzi di bonifica alle aziende idriche –, siamo l’unica regione italiana che garantisce un gettito finanziario annuo per le manutenzioni ai Consorzi, ma da oggi occorre un salto operativo perché mai come oggi si può e si deve reagire e migliorare per sfidare il clima e le sue precipitazioni sempre più estreme.