Novant’anni a servizio della natura: Fulco Pratesi e l’eredità del Wwf
Venendo da una generazione dove tutto era considerato politica, da esperienze dove l’interlocuzione istituzionale era prevalente e prioritaria, all’inizio degli anni ‘90 il mio arrivo nel Wwf di Fulco Pratesi non solo mi ha fatto scoprire un mondo a me ignoto, ma anche un diverso senso dei valori. Per molti che come me si occupavano di tutela già dagli anni ‘80 la parola “natura” sembrava di disimpegno rispetto alla parola “ambiente”, il termine “biodiversità” era pressoché sconosciuto fuori dal mondo scientifico.
Noi pensavamo di essere quelli delle battaglie ambientali “serie”, inquinamento, rifiuti e cementificazione, percepivamo il Wwf come poco incisivo: imparammo da lì a breve che la natura rappresenta un valore in sé, che la natura è importante nella nostra vita più dell’economia, perché la natura è la vita stessa. E questo lo imparammo grazie a Fulco Pratesi e a quel Wwf così da lui fortemente caratterizzato.
In un’Italia ferma a soli quattro parchi nazionali (Gran Paradiso, d’Abruzzo, Circeo e Stelvio) l’intuizione delle Oasi avuto da Pratesi negli anni ‘60 tracciò una strada, il privato stava facendo quello che il pubblico non riusciva o non voleva fare quando invece avrebbe dovuto. In un’Italia dove la tutela della fauna (e con essa l’istituzione dei parchi) era sotto scacco della potentissima lobby dei cacciatori (oltre 1.700.000 nel 1980) Fulco comprese che occorreva costruire un Associazione popolare, diffusa, che rendesse percepibile la crescente maturità che sui temi della tutela andava registrandosi. Fu una “chiamata” collettiva che il clima sociale di quegli anni trasformò in partecipazione, in sostegno anche economico come dimostra la campagna per il cervo sardo che portò nel 1985 allo straordinario acquisto (implementato nel 1996) di Monte Arcosu in Sardegna, acquisto sostenuto da migliaia di microdonazioni, quello che oggi chiameremmo crowfunding.
Comprese che servivano managerialità e competenze, ebbe l’umiltà di capire che occorreva affidarsi a competenze di comunicazione e di marketing che lui non aveva e legittimò dunque un processo di organizzazione e professionalizzazione del Wwf che lo portò prima a 100.000 soci e poi in pochi anni a superare i 300.000. Questo non scalfì mai il valore culturale del posizionamento di quelle campagne, ed alcune di queste sono tutt’ora sono citate come riferimento, da quella per la foresta amazzonica (“Quest’anno ci siamo giocati l’Austria” per indicare la superficie deforestata in 12 mesi) a quelle per la salvaguardia delle specie come l’orso marsicano (“Pianta un melo, salverai un orso” in collaborazione col Parco di Abruzzo per consentire agli orsi di alimentarsi lontano dai centri abitati). Troppo lungo sarebbe anche solo tentare un elenco che non certo non esclude il mare dalla campagna “Il mare deve vivere”, alle mille iniziative in difesa di tartarughe e cetacei, alle battaglie per la foca monache e contro le spadare e la pesca illegale.
Comprese la centralità dell’educazione ambientale che divenne centrale nelle finalità istituzionali del Wwf. Educazione ambientale come investimento per il futuro, come costruzione di una speranza. Educazione ambientale che non è solo la conoscenza di specie ed habitat, ma anche la responsabilizzazione dei nostri comportamenti e quindi non solo rivolta a bimbi e ragazzi, ma a tutti. Da qui le campagne “Riconquista della città” o “Vittime del consumismo” che in modo diverso, rivolte a target diversi, mettevano al centro il nostro modo di vivere.
Pratesi capiva che i tempi stavano cambiando, garantì sempre un posizionamento naturalistico del Wwf, ma comprese che non si poteva limitarsi a quello. Alle campagne con accento più naturalistico (quella contro la caccia dopo la riforma del 1991 si evolse e portò finalmente all’estromissione della Federcaccia dal Coni) se ne affiancarono così delle altre con tagli più sociali e politiche supportate da testate importantissime come l’Espresso (su cui Pratesi per anni ha scritto) o come il Maurizio Costanzo Show, campagne ed iniziative che trattarono i principali temi ambientali del nostro Paese, l’Acna di Cengio e l’Italsider di Bagnoli, Marghera, le cave in Campania, il processo di cementificazione del territorio e delle coste in particolare.
Da sempre antinuclearista ben prima di Cernobyl, sin di tempi della costruzione della centrale di Montalto di Castro, non si è mai sottratto dal sostenere la battaglia per un’energia alternativa, che non lasciasse strascichi di scorie. Sostenne, molto prima che il concetto di Nature based solutions si diffondesse, che la risposta al cambiamento climatico non poteva basarsi solo sulle strategie energetiche ma che aveva bisogno di garantire sistemi naturali (ad iniziare da quelli forestali, fluviali e marini) in salute, forti e resilienti.
Convinto assertore dell’agricoltura biologica, orgogliosamente mostrava i risultati ottenuti nella tenuta di Gallese. Dalla battaglia referendaria contro i pesticidi a quella per la dismissione delle sostanze chimiche tossiche e persistenti (prevista in un regolamento comunitario) si è sempre battuto contro la manomissione della natura soprattutto quando questa diventava brevetto.
Pratesi è un uomo deciso nelle sue convinzioni e determinato nelle sue decisioni, ma con una significativa capacità di mediazione e di apertura al nuovo. Sempre entusiasta, solo apparentemente infantile ma in realtà profondamente saggio, fuori dal tempo con i suoi acquarelli e taccuinima in questo rivoluzionario perché nel suo modo ci richiamava ad uno “slow”, ad un “lentamente”, ad un “fermati a guardare”. Osserva ed impara.
Sono rimasto sempre ammirato nel vedere in Fulco un uomo capace di trattare il principe Filippo di Edimburgo nello stesso modo e con lo stesso rispetto con cui interloquiva con un guardiaparco, che frequentava Incisa della Rocchetta, Susanna Agnelli, Giulia Maria Mozzoni Crespi (giusto per fare qualche nome) con la stessa spontaneità con cui si rivolgeva a noi interessandosi di quello che stavamo facendo.
Gli episodi che si possono raccontare sono molti. Ne scelgo uno.
Accettò di fare un incontro all’Appia Antica. Erano presenti una cinquantina di persone ed era l’inizio di giugno.Inaspettatamente invitò tutti a seguirlo in un prato vicino ed iniziò a raccontare, descrivere, spiegare le erbe spontanee, i fiori di campo, gli insetti. Fermi in cerchio intorno a lui, in pochi metri quadri di prato fummo immersi in un mondo per noi invisibile di cui in quel momento cogliemmo l’importanza, la bellezza, la funzionalità rispetto al tutto. Fu una delle più belle lezioni ricevute nella mia vita.
Se siamo qui è grazie anche a te Fulco, un grandissimo grazie di tutto e tantissimi auguri di cuore.