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Corte dei conti Ue, l’Italia ha conseguito in modo soddisfacente solo il 34% degli obiettivi Pnrr. Con questo ritmo il 62% degli investimenti sarebbe rimandato al 2026

 |  Editoriale

La Corte dei conti europea ha pubblicato ieri la nuova relazione sullo stato d’avanzamento dei Piani per la ripresa e resilienza (Rrf) avviati dai vari Stati membri dopo la pandemia Covid-19, nel caso italiano attraverso il Pnrr ottenuto dal Governo Conte e poi varato nel 2021 dal Governo Draghi, pensato per concentrare almeno il 37% delle risorse sulla transizione ecologica.

I fondi per alimentare i Rrf rappresentano il più grande investimento mai messo in campo dall’Unione europea, che solo per l’Italia vale un totale di circa 235 miliardi di euro: un nuovo Piano Marshall che però avanza a passo di lumaca, come conferma adesso la Corte Ue.

«Nei primi tre anni del dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf), istituito dall’Ue con una dotazione di 724 miliardi di euro (di cui fino a 338 miliardi di euro per sovvenzioni e fino a 385,8 miliardi per prestiti, ndr), si sono osservati ritardi nell’erogazione dei fondi e nell’attuazione dei progetti. È così messo a rischio – spiega la Corte – il conseguimento degli obiettivi tesi ad aiutare la ripresa dei paesi Ue dalla pandemia di Covid-19. Nonostante il progredire del tasso dei pagamenti eseguiti dalla Commissione europea, gli Stati membri potrebbero non essere in grado di attingere ai fondi o assorbirli per tempo, completare le misure previste prima dello scadere dell’Rrf nell’agosto 2026 e, quindi, godere dei benefici economici e sociali attesi».

Quasi tutti i paesi hanno presentato in ritardo le richieste di pagamento alla Commissione Ue, spesso – spiega il report – a causa dell’inflazione o di carenze di approvvigionamento, di incertezze circa la normativa ambientale e di una capacità amministrativa insufficiente.

«A fine 2023 – snocciola la Corte dei conti – erano stati trasferiti solo 213 miliardi di euro dalla Commissione alle casseforti nazionali. Non è detto poi che questi soldi siano arrivati ai destinatari finali, fra cui imprese private, società pubbliche di servizi energetici e scuole. Di fatto, quasi la metà dei fondi Rrf erogati ai 15 Stati membri che hanno fornito le necessarie informazioni al riguardo non aveva ancora raggiunto i destinatari finali».

Vi è il concreto rischio che non tutte le misure previste siano completate per tempo. A fine 2023 le richieste di pagamento avevano riguardato meno del 30 % degli oltre 6mila traguardi e obiettivi (cioè gli indicatori dello stato di avanzamento) totali; ne consegue che sono tanti (forse i più difficili) quelli ancora da raggiungere.

Nel caso particolare dell’Italia, la Corte documenta che a fronte del 46% dei fondi erogati al nostro Paese (dietro solo al 48% del Portogallo e al 59% della Francia), la quota dei traguardi e degli obiettivi raggiunti in modo soddisfacente si ferma appena al 34%, ovvero a un terzo.

Non solo: l’analisi della Corte mostra che 16 Stati membri prevedono di completare i traguardi e gli obiettivi relativi ad almeno il 30% dei propri investimenti solo nel 2026 con valori che vanno dal 30% nel caso della Spagna al 62% nel caso dell’Italia e al 70% in quello della Polonia. È dunque lecito domandarsi come sia possibile per il nostro Paese realizzare il 62% degli investimenti in soli 8 mesi, ovvero quelli disponibili – da gennaio ad agosto – nel 2026: l’ignavia dell’esecutivo in carica rischia così di condannare l’Italia a fallire clamorosamente il piano di ripresa post-Covid.

«Lanciamo un segnale d’allarme – commenta Ivana Maletić, il membro della Corte responsabile dell’audit – perché a metà percorso i Paesi Ue avevano attinto a meno di un terzo dei finanziamenti previsti ed erano avanzati per meno del 30 % verso i traguardi e gli obiettivi prefissati».

Un allarme che chiama in causa in primis l’Italia, in qualità di Stato membro che più di ogni altro ha beneficiato dei fondi europei per la ripresa post-Covid, per guidare la transizione ecologica e digitale del Vecchio continente. Un’ambizione che senza un colpo di reni sembra destinata a fallire, mentre il Governo Meloni ha indicato Raffaele Fitto – ministro al Pnrr – come candidato a una poltrona da commissario europeo.

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Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.