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In Italia le esenzioni fiscali per auto aziendali a benzina e diesel costano 16 mld di euro l’anno

Boraschi (T&E): «Il governo Meloni in legge di bilancio può riformare la tassazione dell’auto per privilegiare le tecnologie meno emissive»
 |  Trasporti e infrastrutture

Lo scorso venerdì, mentre iniziava un fine settimana terribile a causa delle nuove alluvioni che hanno devastato il Paese – alimentate a loro volta dall’utilizzo di combustibili fossili, che fomenta la crisi climatica in corso – circa 20mila lavoratori dell’automotive sono scesi in piazza per uno sciopero nazionale con l’obiettivo di “cambiare marcia e accelerare verso un futuro più giusto”.

I lavoratori non chiedono di rimandare la transizione alla mobilità elettrica prevista in tutta l’Ue entro il 2035, consapevoli che il loro futuro si gioca sul campo dell’innovazione o non si gioca affatto. Chiedono piuttosto una politica industriale adeguata a sostenere la transizione ecologica: quella che il Governo ha mostrato di non saper attuare chiedendo di allungare la deadline del 2035, e ribadendo il concetto (in questo caso assieme all’opposizione) in tema di allineamento tra le accise diesel e benzina.

Per iniziare davvero una riforma fiscale che sappia sostenere la transizione, è possibile partire da un segmento di mercato poco mainstream ma assai importante: quello delle auto aziendali, che rappresentano il 60% di tutte le immatricolazioni di auto nuove in Europa.

A spiegarlo è un nuovo studio pubblicato oggi dall’associazione ambientalista Transport & Environment (T&E), che calcola le esenzioni fiscali concesse nei 5 maggiori Paesi Ue alle auto aziendali inquinanti: in totale si parla di 42 miliardi di euro all'anno.

L'Italia è il Paese che maggiormente sovvenziona le auto aziendali inquinanti, con sussidi pari a 16 miliardi di euro l’anno; seguono la Germania (13,7 miliardi), la Francia (6,4 miliardi) e la Polonia (6,1 miliardi). Sono quattro le leve fiscali prese in esame: tassazione dei benefit in kind, ammortamento del costo dei veicoli, detrazioni Iva e carte carburante.

Le distorsioni della fiscalità italiana sono marcate: per il noleggio in leasing di una BMW X3 diesel, ad esempio, azienda e dipendente beneficiano di esenzioni per oltre 21 mila euro l’anno. Il sistema di tassazione sulle auto aziendali è inefficiente al punto da premiare, in alcuni casi, il leasing di veicoli endotermici rispetto a quello di veicoli a emissioni zero di pari volume e prestazioni: il noleggio di una VW Tiguan a benzina, considerando la pressione fiscale, costa oltre 3 mila euro l’anno in meno di quello di una VW ID.4.

Il meccanismo non deve per forza funzionare così. Nel Regno Unito ad esempio i vantaggi fiscali per le auto aziendali inquinanti sono molto più bassi. Il Regno Unito prevede una forte penalizzazione per i veicoli aziendali a benzina e diesel, attraverso un'aliquota alta sui benefit in kind, mentre i conducenti di auto aziendali elettriche (Bev) pagano tasse ridotte. Ciò ha contribuito a stimolare la diffusione delle auto aziendali a zero emissioni, che ora è pari al 21,5% dell’immatricolato. In Italia, invece, nella prima metà del 2024 le immatricolazioni Bev sono appena 3,9% per il canale privato, 4% per quello corporate.

«Gli stati europei, ogni anno, sottraggono ai loro bilanci miliardi di euro per finanziare la mobilità inquinante – commenta Andrea Boraschi, direttore di T&E Italia – Questo ammanco serve a incentivare aziende e dipendenti all’utilizzo di auto fortemente emissive, spesso costosi Suv di fascia alta. Si tratta di una politica fiscale dannosa per il clima e socialmente iniqua. L’Italia, che ogni anno rinuncia a 16 miliardi di gettito pur avendo enormi problemi di budget, dovrebbe prendere a esempio il Regno Unito e il Belgio, che hanno introdotto misure fiscali green e stanno eliminando le agevolazioni per i veicoli inquinanti».

Per questo T&E invita la nuova Commissione europea ad agire subito e a presentare nel 2025 un regolamento per rendere più ecologiche le auto aziendali, fissando obiettivi vincolanti di elettrificazione al 2030 per le grandi flotte e le società di leasing; al contempo, l’associazione ambientalista invita anche il governo italiano a procedere, già con la prossima legge di bilancio, a modifiche sostanziali della fiscalità applicata alle auto, e a quelle aziendali in particolare: modulare le specifiche leve fiscali (tassazione sui BiK, ammortamento e Iva) in virtù delle emissioni di CO2 può porre fine a una grave distorsione e stimolare il mercato verso le tecnologie più pulite.

«Ci aspettiamo – conclude Boraschi – che la Commissione si attivi per porre fine a questa enorme anomalia fiscale. Ma molto può essere fatto, e in tempi brevi, anche a livello nazionale. Il governo Meloni, già con la prossima legge di bilancio, può riformare la tassazione dell’auto per privilegiare le tecnologie meno emissive e, soprattutto, per porre fine a una distorsione evidente. Concedere agevolazioni fiscali ad aziende e dipendenti, spesso manager benestanti, per l’acquisto o il noleggio di auto di lusso inquinanti è chiaramente iniquo, oltre che dannoso per il clima e per i polmoni dei cittadini».

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Redazione Greenreport

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