
I mitici anni Ottanta. Tutti a ballare sul Ponte!

L’IRI HA 20 MILIARDI E 3 SOLUZIONI PER L’ATTRAVERSAMENTO:
TUNNEL SUBALVEO, GALLERIA IN ALVEO O PONTE AEREO?foto archivio Corriere della Sera
È l’11 giugno del 1981 e mentre a Roma, nei palazzi della politica tra ministeri e Palazzo Chigi c’è un tono depressivo diffuso per l’agonia del governo DC, PSI, PSDI, PRI guidato dal democristiano ma ormai dimissionario Arnaldo Forlani, qua e là per la Capitale nei piani alti dei palazzi dell’IRI, di Ferrovie dello Stato e di ANAS e in dei palazzi che a Reggio Calabria e a Palermo ospitano le rispettive sedi regionali, si sfiora l’euforia e sono baci e abbracci e botti di tappi di spumante che saltano con esplosioni di bollicine ed è subito festa! Accade che, dopo una decina di anni di inutili tentativi, al fotofinish governativo è stata scongelata la legge del 17 dicembre 1971 n.1158, che fino ad allora decretava inutilmente la nascita di una “Società di diritto privato a capitale pubblico, concessionaria per la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento stabile stradale e ferroviario fra la Sicilia e il continente”.
Si fa festa, dunque, per l’accordo firmato tra i partiti di maggioranza e con il via libera di ampie aree dell’opposizione per la costituzione della nuovissima e promettente “Società per il Ponte sullo Stretto”, nelle cui mani l’entrante nuovo governo guidato dal repubblicano Giovanni Spadolini con DC - PSI - PSDI - PRI - PLI dal 28 giugno avrebbe affidato le sorti del Ponte rimasto congelato come le fiabe della buonanotte raccontate la ai bimbini. In più, il governo Spadolini ci aggiunge la bella cifra di 4 Miliardi di Lire per far fronte alle prime spese.
Nella nuova Spa istituzionale si preparano le cerimonie dell’esordio. Entrano con pari quote societarie al 12,25%, le Ferrovie dello Stato, l’ANAS, la Regione Sicilia e la Regione Calabria ma soprattutto, nella parte del “padrone”, entra l’IRI, l’Istituto per la Ricostruzione Industriale con la sua ITALSTAT, la società per le “Infrastrutture e l'Assetto del Territorio” con la quota maggioritaria del 51% del capitale finanziario. E siamo già oltre l’immaginario. Tutti i partecipanti già dal saliscendi dagli ascensori ministeriali e di Palazzo Chigi e dalle firme notarili fanno a gara a chi ne sa di più su come va costruito un epico Ponte - che vuoi che sia? -, mostrando certezze sui tempi stretti nello Stretto e l’immancabile orgoglio nazionale di saper tenere testa al mondo con la performance di un’opera vistosamente complicata ma che sarà tirata su in tempi da record. Tutti enfatizzano, e nessuno di loro immagina o vuole immaginare che passeranno anni e anni e stagioni politiche divoratrici di qualsiasi idea progettuale. Ma oggi il clima è festaiolo e speranzoso, e anche i giornali in sincronia accompagnano la nascita sparando titoloni alla “Sicilia non sarà più un’isola” annunciando ancora una volta lo stesso prodigio di 20 o 10 anni prima, che anche questa volta sembra a portata di mano.
L’obiettivo Ponte è di Stato, e la Spa pesa e peserà sul bilancio nazionale, e l’impegno a parole è di recuperare e dimostrare sul suolo calabro-siculo lo sprint finora perduto, collegando ad ogni costo e prima possibile la costa siciliana di Ganzirri all’affaccio costiero calabrese di Pezzo. La nuova Spa dovrà quindi darsi da fare nel suo ruolo di concessionaria, avviando e accelerando le fasi di progettazione e poi quelle dell’esecuzione e poi finalmente anche quella della meritata gestione del passaggio stabile tra la Sicilia e il continente senza scendere dall’automobile, dal treno e persino dalla bicicletta e utilizzando anche i piedi.
Tra i più accorti festeggianti, i più avveduti e cauti grand commis, alcuni alti dirigenti dello Stato, bracci destro e sinistro di politici e ministri, big delle aziende nazionali, esponenti della finanza e dell'industria, preferiscono però parafrasare l’alert del coraggioso Jack Swigert, il pilota del modulo di comando della sfigatissima missione lunare Usa dell’Apollo 13 con disastro sfiorato, e qua e là ripetono: “Governo, abbiamo un problema!”. Anzi, sull’asse Roma-Reggio Calabria-Messina i problemi da risolvere sono tanti e sono grossi.
Il primo problema, è l’articolato della legge costitutiva del 1971 della Spa che non cita la parola “Ponte”, una furbata che lasciava aperta per i posteri ogni fantasiosa soluzione del generico attraversamento. Non ci sono obblighi costruttivi e si potrà progettare il passaggio forse intubati dentro un tunnel o in una galleria subalvea o sul Ponte. Chissà. Ma il secondo problema è quello che preoccupa di più, ed è costituito dall’opinione pubblica che ormai, salvo gli irriducibili sponsor, considera la grande opera un sogno alquanto sgonfiato e persino dolorosamente infranto. Il Ponte sembra proprio rimosso dall’immaginario nazionale, e il colpo da kappaò lo ha dato il diffusissimo Topolino nelle case degli italiani dopo aver sbeffeggiato in 42 strepitose pagine di strips con la costruzione e il fatale crollo del Ponte di Zio Paperone e Rockerduck. Quasi nessuno crede sia possibile il miracolo del transito sotto i fondali o sott’acqua o sulle acque, e l’oggetto del desiderio funziona solo nelle giornate di competizione elettorale con annunci roboanti e definitivi puntualmente seguiti dal nulla.
L’opera, insomma, ha già collezionato talmente tanti stop and go e talmente tante disillusioni con proteste e interrogazioni di fuoco sia nei consigli comunali che nei due consigli regionali e in Parlamento tra Senato e Camera e persino all’Europarlamento tra Strasburgo e Bruxelles su ritardi e stallo con sprechi di tempo e di risorse finanziarie che nell’opinione pubblica, e nell’opinione che conta nei palazzi del potere, passa per essere la più inutilmente annunciata del secolo.
Alle spalle dei festeggiamenti c’è poi un decennio di flussi di dichiarazioni volatili, di predizioni e iperboli con un mare di finti timing costruttivi. C’è il cocente flop del concorso internazionale del 1969 che ancora brucia. C’è l’impossibilità di avere tra le mani uno straccio di progetto da progettare con dossier tecnici e scientifici quantomeno da valutare con realismo. Mancano valutazioni aggiornate dei costi e dei benefici. Non c’è nemmeno un aggiornamento sulla micidiale sismicità dei fondali e le dinamiche delle micidiali faglie che si vorrebbero bucherellare con troppa nonchalance conficcandoci giganteschi piloni. C’è l’incertezza su dove andare a pescare i finanziamenti.
Ma davanti, c’è chi vede un orizzonte promettente, c’è da apparecchiare un futuro di appetiti politici spartitori, ci sono interessi da tutelare e percorsi da giungla tropicale con trame da esplorare per arrivare all’agognata apertura del cantiere. Ma oggi il Ponte sta per entrare in una fase nuova, sicuramente sarà una fase convulsa ma anche parecchio promettente per i promotori, come la ricostruisce anche il sociologo Aurelio Angelini nel suo “Il mitico ponte sullo stretto di Messina” per Franco Angeli editore.
Nel giorno di festa per l’opera ritirata dal freezer e in via di scongelamento è nata quindi una nuovissima Società per azioni per realizzare l’opera maxima, e il Presidente del Consiglio Arnaldo Forlani prima di abbandonare il Palazzo fa in tempo a nominare, anzi a confermare, l’avvocato messinese Oscar Andò, già sindaco della sua città nel biennio 1961-1962 e poi parlamentare, come primo Presidente della Spa. Andò, in realtà, subentra a sé stesso essendo il Commissario ad acta in carica della società incaricata di gestire l’”Operazione Ponte”, nominato nel marzo del 1980 dall’allora Presidente del Consiglio Francesco Cossiga.
Chi ha un progetto corre a proporlo alla nuova Spa, e cerca sponsor nel governo e in Parlamento e nel giro delle aziende pubbliche. E tra i primi a bussare alla porta di Andò c’è il “Gruppo Lambertini”, tra i 18 vincitori del concorsone del 1969, che propone il suo Ponte strallato ma aggiornato con due pile nel mare e senza più le campate di riva e con un ampio varco per la navigazione portando le tre luci a 600 metri, 1800 metri e 600 metri. Un ringraziamento al gruppo, e avanti un altro.
Si fa prendere dall’euforia, nel 1982, anche Claudio Signorile, socialista ed esponente dell’ala sinistra lombardiana che, da politico del Sud e da Ministro per gli Interventi Straordinari nel Mezzogiorno, annuncia agli italiani una “sorpresa” nello Stretto dove “accadrà qualcosa in tempi brevi”. Suspense.
Nel 1983, il team di architetti e ingegneri ingaggiati dall’IRI con la sua ITALSTAT con Carlo Cestelli Guidi, Silvano Zorzi, Alfio Chisari e Ludovico Quaroni, presenta un innovativo progetto per l’attraversamento in un tunnel subacqueo di sezione ellittica per garantire il passaggio di due carreggiate autostradali e una doppia fila di binari ferroviari. L’idea, finisce nel nulla ma gli incuriositi italiani, nel 1984, hanno un sussulto. Signorile svela la sua sorpresa: accadrà in una annata miracolosa, che il leader della sinistra socialista considera “certa”: il 1994. Per quell’anno, assicura nel suo nuovo ruolo da Ministro dei Trasporti del governo Craxi, il Ponte sarà pronto, con queste tappe di avvicinamento: “Entro il 1984 avremo gli studi di fattibilità; entro il 1986 verrà redatto il progetto di massima e per la fine dell'87 potremo avere il progetto esecutivo così da dare il via ai lavori per la costruzione”.
”tunnel subacqueo” IRI-ITALSTAT del team Cestelli Guidi, Zorzi, Chisari E Quaroni
L’entusiasmo per il Ponte, almeno tra gli addetti ai futuri lavori, sta salendo a mille, e tra gli entusiasti irrompe sulla scena dello Stretto l’economista Romano Prodi. Dal 3 novembre del 1982 è diventato Presidente dell’IRI, e lo sarà fino al 29 ottobre del 1989 e poi ancora dal 1993 al 1994, ed è subito un super-sponsor dell’attraversamento. Prodi non mollerà mai. Anche nei suoi futuri ruoli istituzionali e politici - da capo della coalizione di centrosinistra e nel doppio mandato da Presidente del consiglio dal maggio 1996 all’ottobre 1998 e poi dal maggio 2006 al maggio 2008, e anche da Presidente della Commissione Europea dal settembre 1999 al novembre 2004 - farà di tutto per provare ad avviare l’opera.
Nel 1985, in audizione alle commissioni Trasporti e Lavori pubblici del Parlamento, a nome dell’IRI, Prodi si sbilancia e arriva a promettere un cronoprogramma sbalorditivo: “Completamento degli studi entro un anno, avvio dei lavori nel 1989 e la completa agibilità del Ponte entro il 1996”. Alle vecchie volpi del Parlamento e agli attoniti novizi al primo giro tra Camera e Senato, il capo dell’IRI e socio di maggioranza della “Spa Stretto di Messina” chiede solo una cosa: l’approvazione urgente di un decreto legge per far partire i lavori e promette la sua IRI farà recuperare all’Italia “la cultura delle grandi opere pubbliche che si è persa negli ultimi anni”. Il governo che ascolta il suo timing è guidato dal segretario socialista Bettino Craxi, e l’IRI impegna la sua costola FINSIDER, la Società Finanziaria Siderurgica del Gruppo che, producendo acciai speciali e ghisa, è parecchio interessata al business e a far costruire con le sue produzioni di altissima qualità l’infrastruttura lunga oltre 3 chilometri, con strade e binari ferroviari incorporati.
Prodi difende a spada tratta la “grande opera pubblica” prendendola anche dal versante “meridionalista”. In pieno agosto del 1985, intervistato dal Tg1, fa immaginare agli italiani al mare o sui monti un cantiere già aperto con maestranze già al lavoro per “una grande opera di interesse collettivo, indispensabile perché il nostro sistema economico possa concorrere con le altre nazioni”. E un mese dopo, in una intervista su Panorama, rincara e promette: “La posa della prima pietra avverrà al più presto. Qualunque sia la tipologia scelta, ponte o tunnel sottomarino, dovrà fare uso abbondante di acciaio e quindi Finsider avrà un ruolo importante”. La sua IRI farà di tutto perché, avverte pensando al mare che separa lo Stretto: “La Sicilia è fortemente ostacolata da questa barriera naturale. Con un collegamento stabile i costi di trasporto calerebbero del 13 per cento, senza parlare della maggiore rapidità degli spostamenti. Anche per l’economia calabrese i vantaggi sarebbero molti e importantissimi”. E già prevede: “il risparmio di tempo per un automobilista di 40 minuti, 35 per autocarro e 92 per il treno. Nel 2015 transiteranno sul Ponte 12 milioni e 621mila autovetture e 295mila carrozze ferroviarie”. Lo ribadisce in ogni sede che il progetto è una “priorità assoluta”, e che i lavori per la costruzione “cominceranno al più presto”, in perfetta sintonia con il ministro Signorile, che conferma la fine lavori nell’anno 1996.
IL SOCIALISMO AVANZA, MA IL PONTE È SEMPRE FERMO
CRAXI PROMETTE: “DALLA FINE DEL 1988, IN 8 ANNI LO FAREMO”
Claudio Signorile e Bettino Craxi
Anche il Presidente del Consiglio Bettino Craxi, il 27 dicembre del 1985, augurando il buon anno può annunciare agli italiani, intervistato da Repubblica, che il Ponte sarà fatto con questo cronoprogramma: “…entro il 1986 chiuderemo la fase progettuale. Con il 1987 porteremo avanti le opere di fondazione e la sistemazione del territorio secondo quanto predisposto dai tecnici del progetto, mentre alla fine dell’88 ci sarà l’apertura dei cantieri, i quali resteranno operanti per otto, dieci anni”.
L’attraversamento stabile dello Stretto viene anche inserito come “…infrastruttura prioritaria per l’area Mediterranea” nel “Piano Generale dei Trasporti” all’interno del “Corridoio plurimodale tirrenico Ventimiglia-Trapani-Mazara del Vallo”, indicato come “fondamentale collegamento Europa centrale-Africa”. Craxi lo sostiene e difende la scelta argomentando sicuro: “Esso è destinato a moltiplicare flussi industriali, commerciali e turistici che troveranno in nuove aree attrezzate la loro collocazione, a questo devono prepararsi le due Regioni più direttamente interessate, la Calabria e la Sicilia. Vogliamo che lo Stato faccia finalmente un uso economico delle sue risorse, che progetti in tempi certi: tutto questo è possibile, possibilissimo. È inammissibile solo prolungare l’attuale stato delle cose. Se non cambieremo, noi non faremo né il ponte né le altre grandi opere progettate, o faremmo tutto in tempi eterni e a costi disastrosi”. Firmata la convenzione per l’avvio del progetto, Craxi conferma che sarà “…una delle più grandi realizzazioni mondiali…è un’opera di progresso e di modernizzazione, un simbolo dell’unità nazionale e dello sviluppo del Mezzogiorno…Entro il 1994 sarà ultimato.” Ma nel 1988 aggiusterà il tiro: “Entro il 1998 avremo il Ponte.”
Craxi ha delegato l’impresa del secolo il suo ministro Claudio Signorile che deve accelerare l’iter burocratico e istituzionale, facendo approvare prima possibile l’opera anche dalle commissioni parlamentari Lavori Pubblici e Trasporti di Camera e Senato.
Corriere della Sera 1985
1986 L’ESORDIO CHOC DELLA SPA “STRETTO DI MESSINA”
ECCO IL PONTE CAMPATA UNICA, MA ANCHE IL TUNNEL E LA GALLERIA
“IN 8 ANNI, CON 5,4 MILIARDI FAREMO L’ATTRAVERSAMENTO”
Sempre nel 1985, intanto, la Spa “Stretto di Messina” acquista dalla Spa “Gruppo Ponte di Messina” il progetto realizzato nel 1955 dall’architetto statunitense David Barnard Steinman di un “Ponte sospeso di tipo classico”, a 3 campate, con la campata centrale di 1600 metri e le altre due di 770 metri ciascuna, per una lunghezza complessiva di 3200 metri.
Sulla soluzione a più campate, nel 1990, saranno due esperti progettisti di ponti di fama mondiale come lo statunitense Robert Whitman e l’olandese Abraham Van Weele, a sconsigliarla escludendo categoricamente la realizzazione anche di una sola “pila” nel mezzo del mare dello Stretto, confermando così il parere espresso dalla Capitaneria di Porto per il rischio di fortissime correnti, e aggiungendo il problema rimosso del rischio dovuto alla presenza di faglie sismiche.
Il parere di Whitman e Van Weele Università Federico II di Napoli, dall’analisi di Federico Mazzolani
Passa però un altro anno senza novità e, nel giugno del 1986, sostenuta anche dalla consulenza tecnica dell’ingegnere Riccardo Morandi tra i più innovativi progettisti del XX secolo, la Spa “Stretto di Messina” annuncia nuovi studi di fattibilità. Non più solo per l’unica soluzione del Ponte sospeso con unica campata di 3300 metri, ma aggiungendo anche le soluzioni progettuali per l’attraversamento in galleria sotto i fondali e in un tunnel sommerso agganciato ai fondali. A fine anno, al termine degli studi rigorosamente custoditi fino ad allora come segreti militari, sottopone agli stati maggiori dell’ANAS e di Ferrovie dello Stato e al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, la soluzione del Ponte sospeso. È descritta come quella “tecnicamente realizzabile”, anche dal punto di vista finanziario e della durata dell’opera in quanto offrirebbe garanzie di “…sicurezza ampiamente dimostrata in un arco di tempo superiore al secolo di utilizzazione delle opere realizzate, minore costo, ridotto tempo di esecuzione, facile ed economica manutenzione”. Il costo complessivo è comunque elevatissimo, calcolato a 5.400 miliardi di lire, compresi gli accessi stradali e ferroviari. I tempi di realizzazione? Sono valutati in un arco temporale di circa 8 anni.
Il Ponte pare correre veloce. E la società concessionaria per lo studio, la progettazione, la costruzione e anche l’esercizio ancorché del solo collegamento viario, finalmente fa cerchiare in rosso sulle agende giornalistiche e politiche la fatidica data del 16 giugno 1986. È quello il gran giorno della presentazione del progettone con annesso studio di fattibilità, analisi di costi e benefici e prospettive economiche e di sviluppo del Sud e del Paese. Si attende con ansia il rendering dell’opera che dovrà fare il giro del mondo.
Ma non è aria. La Spa lascia a bocca aperta la platea di giornalisti e direttori di giornali e riviste invitati, e soprattutto deprime ministri e parlamentari, presidenti e assessori e consiglieri delle due regioni giunti a Roma, alti dirigenti dello Stato.
La SPA ripresenta, a sorpresa, non solo il Ponte a campata unica da 3300 metri ma anche le altre due tipologie di soluzioni del passaggio tra Scilla e Cariddi: in galleria sotterranea scavata sotto il fondo marino sismico e nel tunnel sommerso a mezz’acqua agganciato al fondo del mare. Non è proprio un quiz di Mike Buongiorno della serie “Tra la numero uno, la numero due e la numero tre, quale è la soluzione esatta?”, ma poco ci manca. La Spa si limita a considerare la “soluzione aerea” del Ponte sospeso quella tecnicamente più realizzabile ed economicamente conveniente. Ma quel che colpisce i presenti è l’indecisione connessa alla premessa.
E le perplessità nel giro della politica e delle imprese aumentano, anche se amministratori e dirigenti della Spa si affannano a spiegare che in fondo c’è lo studio di fattibilità che sancisce che il Ponte da 3300 metri sarebbe “tecnicamente realizzabile”. Ma l’orologio del tempo, inesorabilmente, continua a segnare l’assenza di scelte definitive.
1984-1993: LA GRANDE GUERRA SULLO STRETTO
L’IMBARAZZANTE SCONTRO TRA LE DUE AZIENDE SEPARATE NELLO STATO
L’IRA DI PRODI PORTA L’IRI IN TRIBUNALE l’ENI DI FRANCO REVIGLIO
Prodi e Reviglio immagine da Le Formiche
Nel frattempo, dal 1984, in solitaria, anche l’ENI, il nostro Ente Nazionale Idrocarburi nato nel 1953 e in fase di rilancio e riorganizzazione si lancia sul Ponte dello Stretto. Il socialista e poi ministro Franco Reviglio, Presidente e Amministratore delegato dal 1983 e lo sarà fino al 1989, cerca nuovi orizzonti e tra questi c’è l’affaccio sul panorama mozzafiato dello Stretto. Tagliata brutalmente fuori dall’affaire Ponte dalla “Spa Stretto di Messina” nonostante il pressing sui governi regionali e nazionali, ENI ha avuto la bella idea di fare da sé. Ha costituito persino il suo "Consorzio per lo Stretto di Messina", ed ha iniziato sottotraccia e nel top secret più rigoroso a far progettare una galleria alvea o sub-alvea dopo aver acquistato il progetto e il brevetto del Gruppo “Alan Grant and Partners” del “tunnel a mezz'acqua ancorato al fondo mediante cavi in acciaio come Ponte di Archimede”, tra i partecipanti premiati nel concorsone di Stato del 1969. Per l’opera ha anche creato la Spa “Ponte di Archimede nello Stretto di Messina”, invitando a compartecipare all’impresa il raggruppamento di imprese SSST costituito da Saipem, Snamprogetti, Spea e Tecnomare.
Nel 1987 ENI ha già predisposto il suo progetto “fattibile” di un “Attraversamento stabile in alveo flottante” con un collegamento per complessivi 6.375 metri da Catona sulla costa calabra a Punta San Raineri di Messina, più vari raccordi metropolitani tra Reggio e Messina. Nel rendering i 3 tuboni flottanti per le 3 grandi gallerie subalvee di scorrimento stradale e ferroviario sono posti a 40 metri sotto il livello del mare, ancorati a giganteschi blocchi di calcestruzzo posati nel fondale. Delle 3 gallerie, due sono indicate per l’attraversamento stradale ciascuna con 2 corsie più una terza corsia di emergenza. Una è destinata all’attraversamento ferroviario nei due sensi a due binari. Le tre gallerie sarebbero state collegate ogni 250-500 metri con gallerie di servizio scavate sotto i fondali marini a quota meno 258 metri sotto al livello del mare, sulla direttrice di Punta Pezzo e Ganzirri. La lunghezza totale dell’attraversamento ferroviario compresi i raccordi in superficie è di 17 Km, e la lunghezza media dei due percorsi viari è di 23 km. Il costo tecnico è un botto pari a 13.200 miliardi di lire, 6.8 miliardi di euro, compresi gli accessi viari per 39 chilometri (A20 - A30) e ferroviari (Messina-Villa San Giovanni) per 50 chilometri, ambedue per la quasi totalità in galleria. Tempo occorrente? Ben 17 anni.
L’ENI ha fatto anche verificare, come rileva il team tecnico siciliaintreno.org, il suo fantasmagorico progetto dal “Registro Italiano Navale”, l’ente di certificazione della stazzatura delle navi e di un'ampia gamma di infrastrutture marittime e per la sicurezza della navigazione. E sventola un test positivo, come risulta dagli archivi RINA “Registro Italiano Navale, Verifica del progetto di massima Ponte di Archimede, Società Ponte di Archimede nello Stretto di Messina Spa, 1984”. I vertici dell’ente energetico di Stato, ignorando i giudizi negativi già archiviati su altri progetti di galleria alvea da parte del Ministero dei Trasporti, nonostante i consigli di tenersi molto alla larga dallo Stretto, sono però già lanciati sul terreno della fattibilità, con il progetto definitivo commissionato, come da accordi, a Saipem, Snamprogetti e Tecnomare.Progetto ENI del tunnel e infrastrutture dell’attraversamento in alveo dello Stretto di Messina
La scelta dell’ENI provoca le ire di una parte del governo, ma soprattutto dell’IRI. E manda su tutte le furie Romano Prodi che, a nome della “Stretto di Messina” e spinto anche dai capi corrente della DC, porta Reviglio e i suoi dirigenti in tribunale. Seguono proteste, scontri, richieste di intervento del governo, liti furibonde tra partiti di governo e all’interno delle variegate correnti nel tentativo di bloccare l’ENI. La mossa non è piaciuta per nulla al democristiano Ministro dei Trasporti Giorgio Santuz, e figuriamoci al Presidente del Consiglio Ciriaco De Mita.
Santuz stronca sul nascere l’ipotesi progettuale in una sua articolata relazione che boccia la scelta dell’ENI considerandola “negativa” e “inopportuna”, e affonda l’ipotesi delle gallerie subalvee. Tra gli atti parlamentari - Documento XXVII numero 3 - della decima legislatura della Camera dei deputati, c’è la relazione di Santuz dell’11 giugno 1988 dove il ministro, pur riconoscendo la fattibilità dei tunnel subalvei, indica la “tipologia aerea con un ponte sospeso a campata unica da 3.300 metri”, escludendo la soluzione subalvea per motivi sismici, di “circolabilità stradale e ferroviaria”, per l’abnorme lunghezza degli accessi, per gli elevati costi e tempi di esecuzione.
Il Piano ENI, fatto entrare a gamba tesa nella feroce contrapposizione con l’IRI titolare del progetto, prosegue però il suo viaggio soprattutto nelle aule del tribunale. La querelle diventa anche giudiziaria ed è di Stato, con Prodi contro Reviglio diventato un duello all’ultima sentenza tra democristiani contro socialisti, e si trascinerà fino al 1993 con imbarazzi a non finire. Come quando, nel 1991, IRI ed Eni, da perfetti separati nello Stato, organizzano a Palermo una dopo l’altra a poche settimane di distanza, le loro rispettive conferenze stampa in grandissima pompa per presentare al mondo i rispettivi plastici dei due rispettivi e competitivi progetti. ENI parte per prima e presenta e sostiene il suo tunnel in alveo perché “è più sicuro, economico, di più rapida realizzazione e di minore impatto ambientale del ponte”. L’IRI nella sua conferenza stampa successiva presenta il suo lunghissimo Ponte e chiarisce al mondo che “la società Stretto di Messina, la concessionaria alla quale il governo ha affidato l'esecuzione dell'opera, ha già scelto la soluzione aerea, ritenendo impraticabili tutte le altre, tunnel in testa”. L’ENI non ci sta e afferma di essere “…disposta a sostenere la maggior parte dei costi del progetto”. L’IRI prodiana ribatte con un definitivo: “Sarà un giudice a stabilire la soluzione”.
In effetti, sarà il tribunale di Messina nel 1992 a mettere fine alla querelle decidendo che l’ENI deve sospendere immediatamente ogni studio sul terreno e sui fondali dello Stretto poiché c’è una chiara un’esclusiva concessa dallo Stato all’IRI.
1994, IL MIRACOLO DEL “PONTE BERLUSCONI”
AVVISO AGLI INNAMORATI: “SENZA ASPETTARE I TRAGHETTI, ANCHE DI NOTTE ANDRETE DAL VOSTRO AMORE NELLO STRETTO”
Il 10 maggio del 1994, entra in scena Silvio Berlusconi con il primo governo della “Seconda Repubblica” - una coalizione con Forza Italia, Lega Nord, Alleanza Nazionale, Centro Cristiano Democratico e Unione di Centro, che resterà in carica per 251 giorni fino al 17 gennaio 1995. Seguiranno il Berlusconi II dall'11 giugno 2001 al 23 aprile 2005, il Berlusconi III, dal 23 aprile 2005 al 17 maggio 2006 e il Berlusconi IV dall'8 maggio 2008 al 16 novembre 2011. Ma in tutte le puntate dei suoi governi, il Ponte è centrale come opera pubblica nazionale anzi mondiale, diventa un simbolo del berlusconismo, e Silvio non mollerà mai la presa e le proverà tutte.
Da “uomo del fare” e stratega di comunicazione e marketing, da Presidente del Consiglio deve provare soprattutto a convincere gli italiani disillusi e scarsamente “pontieri”. E allora va per le spicce e, con il suo impareggiabile approccio ancora l'8 maggio del 2005 proverà a sedurre anche i siciliani e i calabresi più sospettosi con una nuovissima e stravagante motivazione mai descritta prima nelle tonnellate di corposi studi e dossier, deduzioni e giustificazioni per la costruzione del Ponte fino ad allora inutilmente accumulati: “Costruiremo il ponte, così se uno ha un grande amore dall’altra parte dello Stretto, potrà andarci anche alle quattro di notte, senza aspettare i traghetti”. E sarà subito “Ola” anche se gli innamorati siciliani e calabresi, due decenni dopo quella promessa, ancora si incontrano viaggiando molto comodamente in traghetto.
Ma Silvio seduce soprattutto Umberto Bossi, il gran capo della Lega Nord e suo alleato di governo, che depone slogan e minacce in nome della supremazia della Padania dopo aver strenuamente combattuto contro la follia dell’“opera vergognosa, inutile e dispendiosa”, perché "sarebbero meglio 100 aeroporti così portiamo in Sicilia Svedesi, norvegesi e tedeschi". E a quel punto abbozza un mezzo sì. Tanto basterà per far avviare una prima finzione di cantiere, battendo anche tutti i record storici con pe assunzioni più in anticipo di tutti i tempi: quelle degli addetti alla manutenzione dell’infrastruttura che non c’è ma nel frattempo si inizia con i corsi di formazione per formarli.
Dal 1981 si sono già spesi la bellezza di ben 135 miliardi di lire in vari studi di fattibilità, ricerche e analisi ingaggiando aziende, enti, società, esperti di università e persino l’Istituto Ornitologico Svizzero per l’“investigazione radar di specie di uccelli migratori notturni” allo scopo di catalogare rotte migratorie, quote di volo, planate e picchiate dal falco cuculo alla poiana codabianca.
RISOLTO IL ROMPICAPO DEL PONTE: SI FA A CAMPATA UNICA DA 3.300 METRI
AVANTI TUTTA DA IRI, FERROVIE, ANAS E CONSIGLIO SUPERIORE LAVORI PUBBLICI
Progetto di massima della Spa Stretto di Messina a campata unica con pile sulla terraferma
Nel 1992, dopo 7 anni di progettazione, la società Stretto di Messina presenta il progetto definitivo dell’attraversamento stabile dello Stretto con un Ponte sospeso a campata unica, corredato anche da tutte le opere di collegamento con nuovi tratti autostradali e ferroviari e con un servizio ferroviario di “Metropolitana dello Stretto” con 8 fermate tra Reggio e Messina per un tempo di percorrenza di 30 minuti tra le due città collegate. Il Ponte, versione 1992, assicurano - a parole – che resiste a terremoti più forti del 1908, a venti con velocità oltre i 216 km/h.
Il Ponte sospeso a campata unica Il Ponte a campata unica
La Spa “Stretto di Messina”, come rileva anche Giuseppe Giuffrè nel resoconto di quegli anni sulla Rivista Galileo diretta da Enzo Siviero edita dal Collegio degli ingegneri della provincia di Padova, ha impegnato il suo articolato e affollato gruppo di progettazione con vari studi professionali e società e una schiera di specialisti di vari rami per il progetto di massima del “Ponte a campata unica" che invia alle Ferrovie, che danno parere favorevole il 21 luglio del 1994, e all’ANAS che concede il parere altrettanto favorevole in data 25 luglio 1995.
Il 30 aprile del 1997 il prezioso faldone con dentro il “Progetto di massima del Ponte sullo Stretto di Messina” arriva nel piano nobile del Ministero dei Trasporti nella sede del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Il Consiglio, all'unanimità, esprime parere favorevole che viene archiviato con il numero 220 in data 10 Ottobre 1997. Cosa c’è scritto? In estrema sintesi, il massimo organo tecnico consultivo dello Stato dotato di piena autonomia funzionale e organizzativa, dopo aver analizzato “…le considerazioni, osservazioni e prescrizioni contenute nei "considerato", decide che il progetto di massima ”…possa essere sviluppato in sede di progettazione esecutiva", ritenendo anche che il "... Ponte sospeso sullo Stretto di Messina dalla luce centrale di 3.300 possa essere realizzabile in piena sicurezza conservando la completa affidabilità funzionale".
Eliminati il tunnel sub alveo e il tunnel poggiato sul fondale, la soluzione aerea a campata unica passa ma non senza perplessità tecniche e di fattibilità, e per questo i tecnici della Spa decidono di sviluppare 2 progetti di massima preliminari: uno a campata unica con pile sulla terraferma, l’altro a due campate con una pila centrale fondata in mare a 150 metri di profondità. Un tunnel attraverserebbe inevitabilmente le faglie attive, come un Ponte a più campate con fondazioni dei piloni intermedi in faglie attive. Restano, quindi, la soluzione del Ponte sospeso a campata unica e l’attraversamento flottante “Ponte di Archimede” con cavi tesi ancorati sul fondo. La SdM sviluppa due Progetti di massima preliminari: uno a campata unica con pile in terraferma, l’altro a due campate con una pila centrale fondata in mare a 150 metri di profondità. L’esame dei due progetti conduce l’International Consulting Board a indicare come soluzione del Ponte a campata unica per maggiori garanzie di esecuzione, esercizio e sicurezza da eventi sismici.
1996-2001 SUL PONTE SALE L’ULIVO MA I RAMI SI DIVIDONO
PER PRODI E D’ALEMA, MARINI E DI PIETRO È LA PRIORITÀ
PER VERDI, COMUNISTI E ECOLOGISTI PD INUTILE E COSTOSO
Il 17 maggio del 1996, sconfitto Berlusconi, inizia a governare l’ampia coalizione dell'Ulivo - PDS, Movimento per l’Ulivo o Comitati Prodi, PPI, Socialisti Italiani, Patto Segni, Alleanza Democratica, Federazione dei Verdi, La Rete, PRI, Federazione dei Liberali, Federazione Laburista, Movimento dei Comunisti Unitari, Cristiano Sociali, in seguito Rinnovamento Italiano, e il presidente del Consiglio dei Ministri è il primo sponsor del Ponte: Romano Prodi. Già da candidato premier, a marzo, tra le priorità dei primi 100 giorni di governo aveva promesso, intervistato da Panorama, “un grande cantiere per il Sud. Il Ponte? Certo, il Ponte. O se fosse più sicuro, un tunnel sottomarino”. Con il plauso del neo ministro dei Lavori pubblici, il magistrato di “mani pulite” Antonio Di Pietro che promette rapide soluzioni, e del segretario del Pds Massimo D’Alema che tra le grandi priorità del Sud inserisce il Ponte anche perché “…non peserebbe sulle casse dello Stato in quanto capace di autofinanziarsi, e sarebbe un volano per lo sviluppo del Sud”. Ma i Verdi di Carlo Ripa di Meana con il simbolo del "Sole che ride" hanno raggiunto il loro miglior risultato, in termini di seggi parlamentari: 14 deputati e 14 senatori e, con il 2,5% per la prima volta, entrano a far parte di un Governo nazionale, esprimendo il Ministro dell'Ambiente Edo Ronchi e 4 sottosegretari e tra questi Gianni Mattioli. Il Ponte? Lo liquidano come uno “spreco miliardario” con esponenti del Pds e di Rifondazione, contro la mega-opera rilanciata dal ministro dei Lavori Pubblici Antonio Di Pietro. Dopo la "Variante" di valico sull’Appennino, la questione del ponte. Mattioli considera la proposta del ponte “inutile, sbagliata, rischiosa e ormai largamente superata". Tra i fan ci sono però dirigenti meridionali del Pds come Pino Soriero e Isaia Sales, rispettivamente sottosegretario ai Trasporti e al Tesoro. Mattioli lancia a loro un appello: "affinché assumano l'orgoglio di questo compito storico per il mezzogiorno, indicando altri progetti al posto del ponte".
Sul No insiste anche il ministro dell'ambiente Edo Ronchi: "In Sicilia mancano le ferrovie, la Palermo-Messina non è ancora completata, la rete idrica perde il 35 dell'acqua, e gli impianti di depurazione sono sotto il 40 del necessario. Tutte cose che danno lavoro e che vengono prima del ponte". Argomenti ripresi anche da Paolo Galletti, deputato verde, che invita ad abbandonare "i miti delle grandi opere costose e irrealizzabili", e da Roberto Musacchio, responsabile ambiente di Rifondazione comunista, che definisce il ponte un'opera con "un drammatico impatto ambientale, senza risolvere i problemi veri dei trasporti per il Sud e la Sicilia". Anche per Fulvia Bandoli, responsabile ambiente e territorio per il Pds, "scegliere il ponte sarebbe prima di tutto un errore economico". Per Wwf di Fulco Pratesi e Legambiente di Ermete Realacci l'unica cosa da fare semmai è "la chiusura definitiva della Società Ponte sullo Stretto che, dopo aver speso alcune centinaia di miliardi per un progetto di massima, non ha più certo ragione di esistere”.
Prodi resterà in carica fino al 21 ottobre 1998, ma la maggioranza ulivista governerà fino al 2001 con i governi successivi D'Alema I e D'Alema II, Amato. Il Ponte, tra i maldipancia dell’ala ecologista e verde, di aree del PDS e della Rete di Leoluca Orlando che da sindaco di Palermo lo cataloga tra “sprechi e opere inutili…serve solo a ingrassare i conti di qualche azienda amica degli amici”, è una priorità da realizzare al più presto. Nel 1998, il Presidente del Consiglio Massimo D’Alema, con un DPCM, trasforma la Società Stretto di Messina in un “organismo di diritto pubblico”, in un ente con personalità giuridica di interesse generale con soci il Ministero del Tesoro, la Regione Sicilia, la Regione Calabria, ANAS e FS. E nel 1999 il CIPE - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica - approva il progetto di fattibilità subordinando però la decisone finale al giudizio di due advisor indipendenti selezionati con gara internazionale: la Steinman International per gli aspetti tecnici e l’ATI guidata da Price Waterhous Cooper per gli aspetti territoriali, ambientali, economici e finanziari.
Nel 2000 sono consegnati i rapporti favorevoli degli Advisor. Steinman definisce il progetto “realizzabile ed efficiente”. La decisione finale è quindi la realizzazione di un ponte sospeso a campata unica di più di 3.000 metri di luce. un salto dimensionale non privo di incognite. Il più lungo ponte sospeso costruito è l’Akashi, in Giappone, con una campata di 1.991 metri e non è ferroviario.
Il nemico da affrontare è il vento. Tutti ricordano il crollo del Ponte di Tacoma, per effetto di oscillazioni torsionali dell’impalcato innescate da un vento di modesta entità. Il problema dei ponti di grande luce è infatti l’instabilità da flutter, dovuta alle torsioni del ponte con innesco collasso dell’opera.
6 SETTEMBRE 1998: PONTE? NO GRAZIE!
VERDI, LEGAMBIENTE E WWF ALLA PRIMA MANIFESTAZIONE
Nel 1998 Verdi, Legambiente e Wwf costituiscono il primo comitato No Ponte “Tra Scilla e Cariddi” che inizia a realizzare studi, ricerche e documenti tecnici e scientifici che “smontano” l’infrastruttura dimostrando la sostanziale inutilità dell’opera, lo spreco di risorse pubbliche che sarebbero utili per ridurre i rischi incombenti dalla sismica alla siccità. Sulla base degli studi sulla straordinaria naturalità dei luoghi, viene lanciato anche un appello all’Unesco per l’inserimento dello Stretto di Messina tra i Patrimoni dell’umanità con queste motivazioni: “Il progetto di costruzione del ponte tra Scilla e Cariddi rappresenterebbe la cancellazione fisica dell’ecosistema dello stretto, già attualmente fortemente compromesso. Non si tratterebbe soltanto di un irreversibile danno ambientale, ma della cancellazione delle basi biologiche e fisiche di un patrimonio culturale antichissimo”.
E il 6 settembre del 1998 tutti in piazza a Messina per la prima manifestazione dei “No Ponte” organizzata dai Verdi, Legambiente e WWF. Inizia la protesta con cortei, manifestazioni organizzate, analisi che
Ci sono europarlamentari con Alexander Langer, Alfonso Pecoraro Scanio deputato e presidente dei Verdi, Anna Giordano e Tullio Fanelli del WWF Sicilia, Stefano Bocchi presidente di Legambiente Sicilia, Giorgio Silvestrini, politici, ambientalisti e intellettuali. La protesta ha come contenuti l’impatto ambientale dell’opera con rischi di danni irreversibili all’ecosistema dello Stretto, un’area di grande valore naturalistico e biodiversità; il rischio sismico essendo la zona ad alto rischio terremoti sismica, l’investimento considerato inutile, costoso e pericoloso e non certo una priorità trasportistica nazionale o regionale, la richiesta dell’investimento dei fondi per il Ponte in infrastrutture più urgenti per la Sicilia e la Calabria dal miglioramento delle reti ferroviarie e stradali a quelle idriche, gli interessi speculativi e che favoriscono corruzione e mala gestione delle risorse pubbliche, la tutela della pesca e del turismo sostenibile.
L’AUTOSTRADA È SUL MARE
IL PONTE VIRTUALE DI FERROVIE DELLO STATO E CARONTE SPA CHE STABILMENTE COLLEGA REGGIO E MESSINA
Nella competizione entra anche l’ingegnere Elio Matacena che, insieme al fratello Amedeo, ha fondato la “Caronte Spa” per il servizio di traghettamento privato fra Reggio Calabria e Messina. La Caronte ha iniziato l’attività il 19 giugno del 1965 collegando i porti di Messina e Reggio Calabria. È la prima società di navigazione privata autorizzata ad operare nello Stretto in concorrenza con le Ferrovie di Stato, fino ad allora monopolisti del traghettamento ferroviario tra le due sponde dal 1 novembre 1899 quando il primo treno raggiunse Messina da Reggio Calabria a bordo della di una nave.
Nel 1974 i Matacena vararono la nave “Caronte” con la rivoluzionaria propulsione Voith Scheneider che consentiva la rotazione di 360 gradi, agevolando le manovre, e con la nascita della Tourist Ferry Boat Spa rafforzarono le flotte con navi più veloci e confortevoli - Ulisse, Villa San Giovanni, Giano, Archimede, Giuseppe Franza -, aumentando numero di corse giornaliere e passeggeri, riducendo i tempi di attesa per l’imbarco. Insieme alla flotta targata FS hanno strutturato di fatto uno stabile “Ponte” che collega stabilmente le due sponde dello Stretto.
La nave-traghetto dello Stretto delle Ferrovie dello Stato all’inizio del secolo
CHE FINE HA FATTO IL “PONTE DI ARCHIMEDE”?
PROGETTATO PER UNIRE REGGIO A MESSINA, LO REALIZZANO IN CINA
Nel 1983 Elio Matacena costituisce la società “Ponte di Archimede” – poi “Ponte di Archimede International SpA” - che brevetta la soluzione del Ponte galleggiante sommerso. Come racconta Antonio Fiorentino, l’ingegnere navale e meccanico tra i progettisti dell’infrastruttura - rivista “Ingegneri Napoli” marzo-aprile 2011 -, un anno dopo c’è il progetto di massima per l’attraversamento dello Stretto con la fattibilità attestata dal Registro Italiano Navale.
Guardando oltre i fondali dello Stretto, Matacena pensa alla Cina di Deng Xiaoping e, dopo i primi contatti, forma un team tecnico italo-cinese per progettare un prototipo da collocare nella Repubblica Popolare Cinese, e nasce il laboratorio SIJLAB - Sino-Italian Joint Laboratory of Archimedes Bridge - a con l’Istituto di meccanica della Accademia Cinese delle Scienze guidato da Youshi Hong, la sua società Ponte di Archimede con Antonio Fiorentino, l’Università Federico II di Napoli con Federico Mazzolani, il Politecnico di Milano con Federico Perotti. Il SIJLAB riceve fondi dal nostro Ministero per gli Affari Esteri e soprattutto dal Ministero della Scienza e della Tecnologia cinese. L’Accademia Cinese delle Scienze localizza l’area più idonea per la costruzione del prototipo nel lago Qian dao nella provincia dello Zhejiang con capoluogo Hangzhou a sud di Shanghai. Il nome Qian dao” richiama mille isole perché il lago è artificiale, ricavato in una immensa vallata di 573 km2 quadrati interamente sommersa con le cime delle colline di un tempo trasformate in 1.078 isolotti diventati meta turistica.
Nel 2006, dopo le indagini sulla natura dei fondali, le variazioni batimetriche stagionali, le caratteristiche sismiche e di altri parametri ambientali, scelsero una baia racchiusa da due penisole da collegare con il Ponte di Archimede per una lunghezza di 100 metri. Il Ponte viene costruito unendo 5 blocchi prefabbricati da 20 metri. La struttura è a tre strati: il più interno in acciaio con spessore 0,02 metri, l’intermedio è in cemento armato con spessore 0,30 metri e il più esterno in alluminio alveolato con spessore 0,10 metri che migliora la resistenza alla corrosione e, per la sua struttura alveolare, è in grado di assorbire in parte l’energia di eventuali urti proteggendo il resto della struttura. Il tubo ha un diametro esterno di 4,39 metri per un uso pedonale, a scopo turistico, tuttavia lo immaginano come prototipo per costruire un Ponte di grandi dimensioni. Introducono un “eccitatore di vibrazioni” per verificare il comportamento in caso di terremoti. L’ancoraggio è costituito da una serie di cavi di acciaio da 60 mm di diametro (carico di rottura 3.140 kN) fissati a blocchi di cemento appoggiati sul fondo del lago e sempre in tensione. Sono tre gruppi di cavi di acciaio collegati al centro dei tre moduli mediani, mentre i due moduli estremi sono collegati alla terraferma.
Il team italiano con Antonio Fiorentino schiera Federico M. Mazzolani, Raffaele Landolfo, Beatrice Faggiano, Matteo Esposto, Giulio Martire, Federico Perotti, Mariagrazia Di Pilato, Gianluca Barbella.
Matacena che nel 2023 fonderà la società di ingegneria “Ponte d’Archimede nello Stretto di Messina” proporrà poi il suo Ponte per i fiordi della Norvegia, in Grecia tra Rion e Antirion, insieme alla sua invenzione della “Turbina Kobold”, che prende il nome di un folletto buono della mitologia nordeuropea, progettata e realizzata con il Dipartimento di Progettazione Aeronautica dell’Università Degli Studi di Napoli “Federico II”. Ha l’aspetto di una piattaforma galleggiante di circa 10 metri di diametro, dotata di una turbina ad asse verticale con tre grandi pale immerse in acqua che sfrutta al contrario un moderno propulsore navale montato sui traghetti Caronte. Posta al largo di Ganzirri a Nord di Messina dove le correnti hanno una velocità media di 2 metri al secondo, la Kobold, dalla fine di marzo 2026, è la prima turbina al mondo in grado di convertire l’energia meccanica in elettrica alimentando le normali utenze allacciate alla rete elettrica dell’Enel.
Sul tetto delle turbine, per ottimizzare al massimo il rendimento sono installati anche pannelli fotovoltaici. Esportata in Indonesia dove tantissime isole di piccole dimensioni con paesi e villaggi non sono raggiunte da reti di trasporto di energia e sono senza elettricità e sfruttano le fortissime correnti che le circondano.
La turbina Kobold nello Stretto
Nella prossima puntata il Ponte dall’alba del terzo millennio con tutte le sorprese tra promesse uliviste e soprattutto berlusconiane, finti cantieri, false partenze, ponti immaginari, sprechi e grandi proteste
