Addio Anders, l’astronauta che scattò Earthrise
Chissà, forse il temerario William Anders l’aveva messa in conto questa sua morte tragica. Mentre precipitava con il suo aereo Beech A45 in panne nel mare delle isole di San Juan nello Stato di Washington, l’astronauta novantenne avrà ripensato alla sua leggendaria impresa.
È stato il primo fotografo della Terra nel primo viaggio umano intorno alla Luna, la missione Apollo 8, e dall’oblò scattò la foto più iconica, “Earthrise”, la prima immagine a colori del pianeta scattata da un essere umano, che non smetterà mai di incantare.
Era il 24 dicembre 1968, e la riprese mentre la sua luminosa alba spuntava dal terroso suolo lunare. Regalò al mondo la prima foto che ha cambiato la percezione del nostro pianeta, tutta la sua struggente bellezza che illumina il buio dello spazio.
La missione Apollo 8 era iniziata il 21 dicembre del 1968, l’annata terribile dell’escalation della guerra in Vietnam, dell’assassinio di Martin Luther King del 4 aprile e di Robert Kennedy del 6 giugno. Anders fu selezionato per l’esplorazione con un razzo Saturn V con il sorvolo nell’orbita lunare, passando dal lato oscuro della Luna opposto a quello perennemente visibile dalla Terra, e utilizzando la gravità lunare come “piattaforma di lancio” per dare propulsione al viaggio di ritorno verso la Terra.
Pilotava il LEM, con a bordo i primi tre esseri umani ad abbandonare la sfera di gravitazione terrestre e a raggiungere l’orbita lunare mai così vicini ad un altro corpo celeste. John Kennedy, sette anni prima, aveva rilanciato la supremazia americana nella guerra dello spazio contro la Russia, e l’Apollo 8 con il comandante Frank Borman e Jim Lowell e Anders doveva preparare il clamoroso sbarco sulla Luna del 20 luglio 1969. L’operazione era rischiosissima, tornare a casa un’incognita.
Tutto accadde quando il modulo di comando uscì dal “lato oscuro” della Luna. Di colpo, i tre astronauti si trovarono di fronte alla scena più spiazzante, all’unico Pianeta che illumina di azzurro l’oscurità dello spazio. Nella navicella, saltarono tutti i rigidi protocolli di missione. Anders, colpito dallo spettacolo che aveva davanti, prese la fotocamera e cominciò a scattare le sue foto dal finestrino laterale, e una segnò per sempre la storia della fotografia con la “Blue Marble”.
La colse in un attimo di felicità dall’oblò del modulo di comando, sul sedile di destra. Possiamo solo immaginare le straripanti emozioni. Scattò la foto, che per protocollo non poteva scattare, con la fotocamera Hasselblad con teleobiettivo da 250 mm, riprendendo il Pianeta come nessuno lo aveva mai visto. Lo seguirono Lowell e poi Borman con una telecamera. Stupore e emozione erano alle stelle, non erano stati addestrati per quella scena che sembrava inverosimile, mai vista prima dall’occhio umano.
La trascrizione NASA delle registrazioni dei dialoghi riporta i suoi attimi di stupore: «Oddio, guarda quell’immagine laggiù! C’è la Terra che sorge. Wow, quant’è bella!». Fotografarla non era “nel programma”, lo avvertì il comandante Bormann. Ma Anders chiese un rullino a colori a Lovell, e dall’oblò la inquadrò. Era perfettamente nitida, trovò la giusta regolazione e impresse sul rullino a colori “l’Alba della Terra”, catalogata dalla Nasa come «AS8-14-2383HR». In Italia erano le 5 del pomeriggio del 24 dicembre 1968, e fece al mondo il più bel regalo di Natale.
Quella visione della Terra, vista dalla prospettiva del nostro satellite naturale, entrò nella storia dell’iconografia globale, provocò emozioni, e contribuì alla nascita del movimento ambientalista globale che adottò Earthrise come simbolo della fragilità del “Pianeta blu”, Terra di tutti, senza confini, con fragili equilibri da proteggere. La più celebre foto della Terra mai scattata, con quella sua bellezza pulsante di vita e di colori accompagnò le prime battaglie per l’ambiente.
Dalle stesse emozioni era già stato sopraffatto, il 12 aprile del 1961, il cosmonauta sovietico Jurij Alekseevič Gagarin, il primo uomo ad ammirare il nostro Pianeta dal Vostok 1, volando nello spazio, e che comunicò al centro di controllo: «È blu. Da quassù è bellissima, senza frontiere né confini». E ogni astronauta in missione ricorda al suo ritorno: «Siamo andati nello spazio per scoprire la Terra», l’unico Pianeta che con i suoi colori riflette «energia positiva».
Già, il pianeta blu. Solo per questa sua unicità, più che Terra dovremmo istintivamente chiamarla «Pianeta Acqua». Soprattutto oggi, sotto i colpi della prima crisi climatica che vede l’umanità sottoposta a modifiche mai vissute dalle generazioni precedenti, con l’acqua prima vittima dell'uso selvaggio della risorsa fondamentale che allo stato liquido ricopre oltre i due terzi della sua superficie. Sui complessivi 510.065.285 km2, le terre emerse occupano appena 148.939.063 km1, esattamente il 29,2%, poco meno di un terzo. L’acqua di oceani e mari, laghi e fiumi, domina, ricoprendo 361.126.222 km2, il 70,8%. È l’unico Waterworld dell’Universo conosciuto.
Earthrise è l’immagine che vale più di una lezione. Se ci pensiamo, riflette il pianeta come il luogo che ci tiene insieme. Non riflettere sugli effetti delle nostre azioni e delle mancate reazioni ci proietta nella metà oscura della Luna. Facciamoci carico, noi e oggi della salvezza del Pianeta, l’unico che abbiamo.
Grazie Anders.