Due nuove missioni spaziali per scoprire gli oceani nascosti su altri pianeti
“Era un mondo oceanico, le cui acque nascoste venivano protette dal vuoto dello spazio mediante una crosta ghiacciata. In quasi tutti i punti il ghiaccio aveva uno spessore di chilometri, ma esistevano altresì linee di frattura, dove lo strato si era spezzato e separato. A tali fratture conseguiva una breve battaglia tra due elementi implacabilmente ostili che in nessun altro mondo del sistema solare venivano a contatto diretto. La guerra tra Mare e Spazio si concludeva sempre con lo stesso stallo: l’acqua esposta al vuoto bolliva e gelava contemporaneamente, riparando la corazza di ghiaccio.”
Con queste parole nel 1982, Arthur Clarke descrive in 2010: Odissea due un ipotetico oceano sotto la superficie ghiacciata di Europa, una delle lune di Giove. Clarke, nelle pagine che seguono, immagina una moltitudine di organismi alieni che ne popolano il fondale: è solo il frutto della fervida fantasia di un grande scrittore di fantascienza, o potrebbe esserci un fondo di verità?
Un’immagine di Europa, la quarta luna di Giove, acquisita durante un passaggio ravvicinato della sonda Juno nel 2022. Credit: Image data: NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS. Image processing: Björn Jónsson. (crediti NASA)
Le condizioni per l’esistenza della vita
L’esistenza di forme di vita extraterrestre è da sempre uno degli interrogativi più affascinanti che si è posta l’umanità. La vita sulla Terra è nata negli oceani primordiali, e l’acqua rimane un elemento indispensabile per gli organismi viventi. Per gli astrobiologi, la presenza stabile di acqua liquida sulla superficie di un pianeta è una delle condizioni affinché sia considerato potenzialmente abitabile. Ma sappiamo che è una circostanza molto rara: il pianeta non deve trovarsi né troppo vicino né troppo lontano rispetto alla sua stella e deve possedere un’atmosfera in grado di limitare l’escursione termica fra giorno e notte, il che richiede che la sua composizione chimica e la sua massa soddisfino ulteriori condizioni.
Insomma, un pianeta come la Terra sembra un’eccezione molto rara, frutto di una serie di coincidenze improbabili.
Ma recentemente la comunità scientifica ha maturato la convinzione che, se l’esistenza di acqua liquida sulla superficie di un pianeta è probabilmente una circostanza rara, la presenza di grandi quantità di acqua nel sottosuolo potrebbe essere invece piuttosto comune nel nostro sistema solare, e non solo.
Gli oceani nel sistema solare
Nel 2005, durante una serie di passaggi ravvicinati su Encelado, una delle lune di Saturno, la sonda Cassini ha fotografato diversi geyser che emergono dalla superficie ghiacciata della luna, composti di molecole di acqua, anidride carbonica e metano. I dati acquisiti dagli altri strumenti a bordo di Cassini hanno suggerito la possibilità che i getti provengano da una vasta riserva di acqua sotto la superficie. Altre evidenze hanno portato a ipotizzare la presenza di grandi quantità di acqua liquida anche nel sottosuolo di Titano, un’altra luna di Saturno, e di Europa e Ganimede, due lune di Giove, mentre la sonda europea Mars Express, grazie alle rilevazioni radar dello strumento italiano Marsis, ha dimostrato la presenza di laghi sotto i ghiacci polari di Marte.
Getti di acqua emergono da fratture nella superficie ghiacciata di Encelado, in un’immagine acquisita dalla sonda Cassini nelle vicinanze del polo sud della luna di Saturno. Credit NASA/JPL/Space Science Institute
Alla ricerca degli oceani nascosti
E proprio il sistema di Giove sarà oggetto di studio, nel corso del prossimo decennio, da parte di due importanti missioni spaziali.
La missione JUICE (Jupiter Icy Moons Explorer), realizzata dall’Agenzia Spaziale Europea e già lanciata nel 2023, raggiungerà Giove nel 2031. La sonda Europa Clipper, realizzata dalla NASA, partirà nel prossimo ottobre e arriverà a destinazione nel 2030. Le due sonde studieranno le lune di Giove in cerca di prove dell’esistenza di oceani nascosti, misurando con precisione il loro campo magnetico, esplorandone il sottosuolo con strumenti radar e cercando tracce di molecole organiche nel corso dei passaggi ravvicinati.
Ingegneri e tecnici del Jet Propulsion Laboratory al lavoro sulla sonda Europa Clipper. Credit: NASA/JPL-Caltech/Johns Hopkins APL/Ed Whitman
Le maree solide
Un aiuto importante per capire l’estensione di un possibile oceano sotterraneo arriverà grazie anche ad un vecchio metodo geofisico: lo studio delle maree solide.
Di che si tratta?
L’interazione gravitazionale tra due corpi celesti, come la Terra e la Luna, genera forze di marea che sul nostro pianeta sono responsabili dell’innalzamento e dell’abbassamento periodico delle acque degli oceani. Ma a dispetto del nome, le forze di marea non agiscono solo sui mari: anche la Terra solida è soggetta al loro effetto e, seppure in misura minore, la superficie della Terra si deforma ciclicamente, con ampiezze dell’ordine della decina di centimetri. Le caratteristiche di questa marea solida sono strettamente legate alla struttura interna del pianeta e la loro osservazione permise nel 1863 a Lord Kelvin di dedurre le proprietà elastiche medie dell’interno della Terra ben prima dell’avvento della sismologia.
Giove e Saturno hanno, rispettivamente, una massa pari a oltre 300 volte e a circa 100 volte la massa terrestre. Di conseguenza il loro campo gravitazionale è molto intenso e le loro lune sono soggette a forze di marea di notevole portata: proprio gli attriti prodotti all’interno delle lune dalla continua deformazione potrebbero essere all’origine del calore che permette l’esistenza di acqua liquida in profondità.
Il contributo INGV
Un recente studio condotto da ricercatori del JPL, dell’INGV e dell’Università di Bologna ha indagato come l’osservazione della deformazione mareale potrà aiutare a vincolare le proprietà di un eventuale oceano sotto la superficie ghiacciata. Attraverso una serie di simulazioni al computer, i ricercatori hanno studiato la “firma” che un oceano interno lascerebbe sui numeri di Love (introdotti nel 1909 dal matematico Augustus Edward Hough Love), parametri che descrivono la risposta di un pianeta alle forze di marea. I numeri di Love di Europa e di Ganimede, infatti, saranno misurati direttamente sia da JUICE che da Europa Clipper e, insieme alla conoscenza della massa delle due lune e ai risultati delle misure di induzione magnetica, consentiranno di stabilire lo spessore dello strato esterno ghiacciato e la profondità dell’oceano interno.
In attesa che JUICE ed Europa Clipper arrivino al termine del loro lungo viaggio, ricordiamo che nel romanzo 2010: Odissea due l’intelligenza aliena del Monolite invia agli esseri umani un avvertimento inquietante:
“Tutti questi mondi sono vostri, eccettuata Europa. Non tentate lì alcun atterraggio.”
Per il momento ci limiteremo a una serie di passaggi ravvicinati, quindi non c’è da preoccuparsi!
a cura di Daniele Meini, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv)