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Perché le aree rurali Usa sono contrarie alle rinnovabili? La risposta nell’indagine dell’Università di Pittsburgh

Sì soltanto a impianti piccoli e rispettosi del paesaggio: il ruolo del carbone e la paura, infondata, che dai pannelli solari escano sostanze che inquinano le terre agricole e le reti di approvvigionamento idrico
 |  Nuove energie

Nei giorni scorsi l’amministrazione Biden-Harris ha stanziato 7,3 miliardi di dollari per produrre energia pulita nelle aree rurali. Di fatto, si tratta della cifra più alta mai investita per l’elettrificazione extraurbana statunitense dai tempi del New deal. Ma non tutti sono contenti, in America. E anzi le più scontente sono proprio le popolazioni che vivono in queste aree. Gli Stati Uniti infatti devono costruire molti impianti di energia rinnovabile e le comunità rurali hanno un'abbondanza di terreni agricoli che possono ospitare energia eolica e solare. Ma la spinta per realizzare progetti di energia rinnovabile su ampia scala deve fare i conti con l'opposizione di molti residenti delle zone extraurbane e delle amministrazioni locali. Le obiezioni più comuni sono che i progetti energetici danneggeranno il paesaggio e altereranno il carattere tipico del luogo.

«La sfida più grande nelle comunità rurali è che alle persone non piace il cambiamento», è la dichiarazione riportata dal sito specializzato Inside Climate News di Paul Mason, un produttore di latte di quarta generazione nel sud-est della Pennsylvania. L’imprenditore ha permesso a un'azienda attiva nella realizzazione di impianti solari di realizzare un progetto su sette acri della sua terra, ma può capire perché altri si oppongono allo sviluppo di queste tecnologie.

Ora una nuova ricerca realizzata dall'Università di Pittsburgh e appena pubblicata dalla rivista scientifica Energy Research & Social Science aiuta ad ampliare la comprensione di quali fattori guidano gli atteggiamenti delle popolazioni rurali nei confronti dell'energia solare. Gli autori dello studio hanno intervistato 32 agricoltori e 16 persone che svolgono altri tipi di professione residenti in un'area che si trova lungo il confine tra Pennsylvania e Maryland, zona che comprende due contee in ogni Stato. Ebbe, i ricercatori hanno scoperto che i progetti hanno maggiori probabilità di essere accolti se sono più piccoli e costruiti nel rispetto del paesaggio.

Il titolo dello studio è «“Farming the sun” or “coal legacy”? Social perspectives on solar energy projects in Appalachia» («“Coltivare il sole” o “eredità del carbone”? Prospettive sociali sui progetti di energia solare negli Appalachi») e nel testo emerge che l'eredità della produzione di carbone gioca un ruolo nell’opinioni pubblica di queste aree, con alcune persone ostili all'energia rinnovabile perché la vedono come un concorrente per il carbone che una volta era essenziale per l'economia locale. Altri hanno detto di essere aperti a nuovi progetti energetici in parte a causa dell'opportunità di rivitalizzare l'economia senza i danni ambientali e sanitari che associano al carbone.

«Il mio tipo di approccio al business è: 'Come posso occuparmi della mia attività senza essere dannoso per le altre persone?'», ha detto Mason a Icn. Il produttore di latte ha partecipato tre anni fa a una conferenza dedicata all’energia solare, ha fatto le sue valutazioni e oggi è soddisfatto del progetto fotovoltaico realizzato nella sua fattoria, ma non vorrebbe ospitare un impianto che possa occupare centinaia o addirittura migliaia di acri.

I ricercatori dell’Università di Pittsburgh hanno realizzato tutte le interviste con la promessa di anonimato, in modo che gli intervistati si sentissero a proprio agio nel parlare liberamente. L'autore principale dello studio è Shanti Gamper-Rabindran, economista dell’università statunitense che ha detto di essere ottimista sul fatto che lo sviluppo e la diffusione di queste tecnologie possa avvenire in un modo che otterrebbe il sostegno delle comunità rurali. 

Uno dei concetti chiave del documento è la connessione emotiva tra gli agricoltori e la loro terra. «L'attaccamento del posto degli agricoltori ai terreni agricoli è complesso», hanno scritto gli autori nel documento, pubblicato sulla rivista Energy Research & Social Science. «Trovano un senso di pace e sicurezza dalle loro fattorie e sentono l'obbligo di coltivare la loro terra. Usano le loro fattorie per fornire un luogo sicuro e mezzi di sussistenza per la loro famiglia e per lasciare un'eredità e una fattoria per i loro eredi. Se gli agricoltori percepiscono un progetto energetico come una protezione del valore del luogo, sia migliorando la sua redditività economica (consentendo così loro di continuare a possedere, lavorare e vivere sulla terra) o il contributo culturale, allora sono più propensi a sostenere quel progetto».

Il documento tocca anche un altro argomento fondamentale: come l’informazione e la disinformazione possano svolgere un ruolo nei dibattiti locali. Un esempio è come gli oppositori delle rinnovabili parlano delle loro paure sul fatto che dai pannelli solari possano fuoriuscire livelli pericolosi di sostanze chimiche che finirebbero per penetrare nel terreno e poi nelle reti di approvvigionamento idrico, facendo ammalare le persone. È una paura che confessano, anche se non sono a conoscenza di prove affidabili a sostegno di questa loro preoccupazione. Alcuni dei soggetti dell'intervista sapevano però che questa informazione era falsa, o almeno dubbia, e sospettavano che provenisse da persone che stavano agendo per il desiderio di affossare i progetti per le rinnovabili. Altri hanno citato informazioni fuorvianti o imprecise come se fosse un fatto. Ciò è un ulteriore conferma del ruolo fondamentale che riveste una corretta informazione riguardante queste tematiche.

Redazione Greenreport

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