La mappa interattiva delle foche monache nel Mediterraneo
Il sito web “Spot the Monk Observatory”, frutto di una collaborazione tra il dipartimento di scienze dell’ambiente e della terra e quello di psicologia dell’università di Milano-Bicocca è una vera e propria mappa interattiva e in continuo aggiornamento per monitorare la presenza della foca monaca nel Mar Mediterraneo, man mano che vengono raccolti, analizzati e caricati nel sistema i campioni di DNA provenienti da diversi punti del Mediterraneo centro-occidentale, dal Mar Egeo allo Stretto di Gibilterra, dal Mar Adriatico al Mar di Sicilia, seguendo le tracce lasciate dall’unico pinnipede endemico del Mare Nostrum.
Il progetto fa parte di “Spot the Monk”, un’iniziativa nata nel 2020 che, come spiegano all’Ateneo milanese, «Si avvale di una metodologia di rilevamento innovativa ed assolutamente non invasiva per l’intercettazione di tracce di presenza della foca monaca da semplici campioni di acqua marina. In che cosa consiste? Nell’analisi del DNA ambientale (eDNA) ovvero quel DNA contenuto nelle tracce biologiche che ciascun organismo lascia al proprio passaggio. Il test molecolare consiste nell’utilizzare un piccolo filamento di DNA sintetico (primer), la cui sequenza è identica ad una stringa di nucleotidi (i piccoli mattoncini che costituiscono il DNA) che si trova solo ed esclusivamente nel genoma della specie target, in questo caso la foca monaca».
La procedura, messa a punto nel 2019 nel laboratorio del Marhe Center da Elena Valsecchi, ecologa molecolare del dipartimento di scienze dell’ambiente e della terra della Milano-Bicocca, «Sfrutta la naturale attitudine del singolo filamento di DNA di “cercare” ed “avvinghiarsi” al filamento complementare, ammesso che questo sia contenuto all’interno di un campione, ovvero se il campione contiene tracce di DNA della specie bersaglio».
il test è stato utilizzato per analizzare un gran numero di campioni raccolti nel solo 2021 nel Mediterraneo centro-orientale grazie a una fitta rete di programmi di Citizen Science che ha permesso di raccogliere campioni di acqua marina in punti diversi del Mediterraneo ha consentito di stilare una prima mappa sulla distribuzione delle aree visitate.
La Valsecchi sottolinea che «Da allora la campagna di raccolta “partecipativa” non ha avuto sosta coinvolgendo un numero sempre maggiore di associazioni sensibili alla causa ambientale, come la Fondazione Acquario di Genova (con il supporto finanziario di 11th Hour Racing) e il Wwf che, con l’imprescindibile apporto del Gruppo Foca Monaca, partner del progetto sin dai suoi esordi, hanno messo in campo una folta squadra di “campionatori seriali”, non più solo dalla superficie del mare, ma anche formando campionatori subacquei, grazie all’adesione al progetto da parte di numerosi Diving Center».
L’ecologa annuncia che quest’anno “Spot the Monk” ha raccolto una nuova sfida: «Tendere la mano al grande pubblico e renderlo partecipe dei risultati ottenuti, strizzando l’occhio all’Open Science. Ho concepito l’idea di un Osservatorio dove sia possibile consultare i campioni man mano che vengono raccolti e analizzati».
Dall'idea alla realizzazione, “Spot the Monk Observatory” è diventato realtà. Il sito web è stato progettato e sviluppato da Alessandro Gabbiadini, professore del dipartimento di psicologia e vicedirettore del centro di ricerca sulle nuove tecnologie MIBTEC della Milano-Bicocca e che spiega a sua volta: «Il sito del nuovo osservatorio è stato sviluppato seguendo la filosofia dello User Centered Design. La priorità è stata data alla visualizzazione immediata dei dati raccolti, per rendere le informazioni facilmente accessibili e fruibili. Inoltre, il sito web è concepito come un punto di contatto e di raccordo tra le diverse realtà che si occupano della tutela e della mappatura della presenza della foca monaca nel Mediterraneo, favorendo il mantenimento di una rete collaborativa».
Nato con lo scopo di rendere più partecipi gli amanti del mare allo studio della foca monaca, che per alcuni decenni sembrava essere scomparsa dalle acque centro occidentali del bacino mediterraneo, per poi ricomparire sporadicamente in alcuni siti, “Spot the Monk Observatory” si sta rivelando un’utile piattaforma anche per gli addetti ai lavori, sia in ambito scientifico che per gli enti preposti alla gestione e conservazione della specie. L'obiettivo finale è potenziare la comunicazione con il pubblico, in linea con le esigenze della "terza missione" dell'Università di Milano-Bicocca, che mira a rafforzare il dialogo tra il mondo accademico e la società.
Le caratteristiche e proprietà del nuovo sito sono state dettagliate nello studio “An Observatory to monitor range extension of the Mediterranean monk seal based on its eDNA traces: collecting data and delivering results in the Open Science era”, pubblicato da Valsecchi e Gabbiadini sul Biodiversity Data Journal.
Al momento sono stati analizzati 412 dei 537 campioni raccolti da oltre un centinaio di collaboratori e 37 associazioni partner, dal 2018 a oggi. All’università di Milano-Bicocca rivelano che «Di questi 412 campioni, 144 (più di un terzo) sono risultati positivi al test, segnalando la presenza o il recente passaggio della foca monaca. Sulla mappa consultabile online, si può osservare la distribuzione nel Mediterraneo dei diversi rilevamenti e, cliccando su uno di essi, si possono ottenere l’anno, l’autore, la fascia del giorno (diurna/notturna) e altre informazioni del singolo campionamento. Oltre allo stato dell’analisi (effettuata o no) e al suo esito (positivo/negativo)».