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Monni: «L'obiettivo è quello di diffondere una corretta informazione»

Frane e alluvioni, per ridurre il rischio in Toscana la Regione investe sulla conoscenza

Al via un nuovo percorso formativo per enti, associazioni e professionisti iscritti agli Ordini. Si parte al Teatro Politeama il 12 marzo: ecco come partecipare
 |  Interviste

Sta per partire in Toscana un percorso formativo e di comunicazione unico in Italia, che mette a sistema le vaste conoscenze territoriali sui rischi idrogeologici – in crescita insieme all’avanzata della crisi climatica – per offrirli a cittadini, enti e associazioni con uno scopo tanto semplice quanto fondamentale: difendersi dall’avanzata della crisi climatica. 

In quanti sanno come comportarsi quando arriva un’allerta meteo? Come funziona il sistema di Protezione civile? Quali sono i rischi maggiori in caso di frane e alluvioni? Quali ruoli hanno la pianificazione urbanistica o la manutenzione dei corsi d’acqua? 

A queste e molte altre domande risponderà l’iniziativa Meno rischio in Toscana. Nuove soluzioni contro alluvioni e frane, che prenderà il via il prossimo 12 marzo al Teatro Politeama di Prato per concludersi il 16 giugno al Teatro della Compagnia di Firenze, con nel mezzo 8 webinar tematici riservati a tecnici degli enti locali, ordini professionali e associazioni di categoria.

L’evento di apertura è infatti ad accesso libero (previa registrazione, qui), ma il percorso prevede un alto tasso di approfondimenti tecnici, pensato per arricchire la cassetta degli attrezzi di chi il rischio idrogeologico è chiamato ad affrontarlo tutti i giorni. Non a caso il percorso, realizzato a cura della Regione, vede – oltre alla media partnership di greenreport – i patrocini di Anci Toscana, Ordine degli architetti di Firenze, Ordine dei geologi della Toscana, Collegio provinciale dei geometri e geometri laureati di Firenze, Ordine dei giornalisti della Toscana, Ordine degli ingegneri della Provincia di Firenze, Ordine degli ingegneri della Provincia di Prato, Federazione degli ordini degli ingegneri della Toscana. 

I partecipanti iscritti agli Ordini degli ingegneri, architetti, geometri, geologi e giornalisti potranno conseguire crediti formativi secondo le regole del proprio ordine, mentre Enti e Associazioni che aderiranno di ottenere un attestato ufficiale, che consentirà loro di utilizzare il logo dell’iniziativa sulla propria carta intestata, identificandoli come Enti formati sul tema del rischio da frane e alluvioni.

Ne abbiamo parlato con la prima promotrice di quest’importante iniziativa, l’assessora all’Ambiente e Protezione civile della Regione Toscana, Monia Monni.

Intervista

È in avvio Meno rischio in Toscana. Nuove soluzioni contro alluvioni e frane, un percorso formativo e di comunicazione promosso dalla Regione. Di cosa si tratta?

«L'obiettivo è quello di diffondere una corretta informazione rispetto alla gestione del rischio. Per molti anni anche in Toscana abbiamo parlato di riduzione del rischio attraverso la realizzazione di opere idrauliche, diffondendo probabilmente una consapevolezza sbagliata, cioè quella che l'opera idraulica di per sé possa portare a una sicurezza assoluta. Purtroppo non è così: abbiamo sulla pelle i segni di questa evidenza, dato che eventi meteo sempre più intensi, sempre più localizzati e sempre più difficilmente prevedibili hanno sistematicamente superato quanto previsto dalle norme dai piani di gestione. Si tratta di eventi considerati ancora estremi ma certamente non più rari. 

Quindi il compito che noi abbiamo è aggiornare la nostra cassetta degli attrezzi e lavorare, da una parte per il contrasto ai cambiamenti climatici con la lotta alle emissioni climalteranti, e dall'altra parte con gli adattamenti. Le opere idrauliche vanno progettate rispondendo alla realtà più che alla norma, e insieme a tutto questo serve un sistema di gestione del rischio che metta dentro al tema della prevenzione i piani di protezione civile, che possono salvare vite e che devono essere strumenti a disposizione dei cittadini – che sono parte del sistema di Protezione civile, perché così li definisce il codice – ma anche le città, perché il modo in cui le nostre città sono state progettate ovviamente non risponde alla nuova era climatica che stiamo vivendo. 

Quindi Meno rischio è un progetto complesso, che parte con la restituzione di un lavoro importante fatto dal nostro comitato tecnico-scientifico nominato all'indomani dell'alluvione del novembre 2023: si dispiegherà con una serie di corsi di formazione indirizzato ai professionisti, agli amministratori ai tecnici dei Comuni e ai giornalisti, perché anche le informazioni hanno un ruolo prioritario».

Per gli scienziati di Copernicus sul clima «c’è ancora disinformazione, spesso strumentalizzata dalla politica», per questo è cruciale investire nella buona comunicazione su questi temi. Cosa ne pensa?

«È molto preoccupante. Credo che i primi giorni del mandato di Trump segnino anche in questo una rottura rispetto al modo in cui ci si pone di fronte all'emergenza dettata dai cambiamenti climatici. Non dobbiamo affrontare il maltempo ma la crisi climatica, e invece si lavora per ridimensionare il problema, il che non ci aiuta ovviamente a gestirlo: abbiamo bisogno di farlo ingaggiando e responsabilizzando i cittadini e le cittadine. 

Continuare a fomentare una divisione fra sviluppo e sostenibilità che è la cosa peggiore che si possa fare, perché in realtà affrontare il tema dei cambiamenti climatici, e rendere le nostre città più capaci di adattarsi e di resistere a questi fenomeni così intensi, è una grande leva di sviluppo, più duraturo e più giusto, che deve stare attento a non lasciare nessuno indietro. Perché ciò avvenga il cambiamento va a governato, e gli elementi di conoscenza sono fondamentali. Tapparci gli occhi e fare finta di niente invece ci rende tutti estremamente più fragili».

Anche in Toscana l’ultimo anno è stato il più caldo mai registrato, con ben 21 eventi meteo estremi. In regione l’aumento di temperatura è doppio rispetto alla media globale, e per il Lamma la gestione dell’acqua è la sfida più importante: quali sono le priorità?

«Le priorità sono quelle di lavorare intensamente a tutti gli adattamenti che servono, e il tema dell'acqua è certamente uno dei principali. Bisogna guardare alla risorsa idrica pensando a come proteggerci dall'eccesso di acqua, le alluvioni, e a come proteggere invece l’acqua in quanto risorsa. Si fa dotandosi di opere multifunzionali, quindi invasi di piccole dimensioni anche a servizio dell'agricoltura, ma pure invasi di grandi dimensioni che possono avere più finalità. Guardo al modello Bilancino, che tanto è costato a questa Regione in termine politici, per chi quella scelta così lungimirante la fece e riuscì a metterla a terra.  Ora non pensiamo a invasi di quelle dimensioni, però certamente è importante mettere insieme lo stoccaggio dell'acqua per poterla rilasciare nei momenti di siccità, valorizzando al contempo la biodiversità e creando una leva di sviluppo più sostenibile. Ricordo che Bilancino che durante l'alluvione del 2-3 di novembre del 2023 riuscì a stoccare 18 milioni di metri cubi d'acqua in pochissimo tempo, e sappiamo benissimo il valore che ha per restituire la risorsa in tempo di siccità».

Per mitigare la crisi climatica è prioritaria la transizione verso le fonti rinnovabili, e nella proposta di legge toscana il 30% del territorio si compone di aree ordinarie o idonee agli impianti. Basterà?

«È sufficiente perché la legge è molto ambiziosa. Non punta soltanto a raggiungere l'obiettivo di 4,2 GW aggiuntivi rispetto al 2020 entro il 2030, ma alla decarbonizzazione della nostra regione. La legge identifica aree idonee e quindi anche aree non idonee per raggiungere il nostro target, soltanto per il fotovoltaico. Ma a quello si aggiungeranno ovviamente l'eolico e la geotermia, che per noi è risorsa preziosissima che ha già le sue aree non idonee e quindi non ha bisogno di stare in questa norma, ma che darà un contributo fondamentale perché già oggi da geotermia noi produciamo l’equivalente del 34% della nostra domanda elettrica. 

La legge toscana ha inoltre la particolarità di ingaggiare e chiamare alla propria responsabilità tutti i Comuni, perché nell'assenza di norma – il Governo ci ha messo due anni e mezzo a fare i decreti attuativi necessari alle Regioni per dotarsi di strumenti propri – il mercato ha fatto il mercato, e quindi è andato a insediarsi laddove c'è una fragilità maggiore. In alcuni territori soprattutto nel sud della Toscana ma anche in parte della costa c’è una quantità di progetti impressionante, estensivi, spesso speculativi, che non lasciano niente alle comunità e al territorio e a verso i quali si sta mobilitando gran parte della popolazione. 

Noi questo fenomeno vorremmo provare a contenerlo, quindi ingaggiare i Comuni vuol dire dare un obiettivo a ciascuno, e chiedere a tutti di raggiungere quell'obiettivo nelle modalità che ritengono più giuste. La legge, una volta approvata, vedrà attive le proprie aree ma i Comuni potranno spostarle in un tempo successivo: avranno 60 giorni di tempo per ridisegnare un vestito sartoriale e decidere dove andare a collocare le aree potenzialmente utilizzabili per l'installazione di rinnovabili. Questo consente di fare pianificazione de partecipazione con le comunità».

A quanto ammontano gli interventi a difesa del suolo in corso in Toscana che transitano dal bilancio regionale, e quante risorse sono invece arrivate dal Governo Meloni per arrivare agli 1,1 miliardi di euro stimati come necessari dopo l’alluvione del 2023?

«Noi siamo una delle regioni che in difesa del suolo investe di più nel Paese. Prima dell’alluvione del 2023 avevamo in corso 700 milioni di euro di cantieri in opere idrauliche e abbiamo quello che noi definiamo il passo del montanaro, cioè investiamo ogni anno 200 milioni di euro in manutenzioni e nuove opere, anche attraverso i Consorzi di bonifica. È chiaro che servirebbero molte più di risorse, ma al di là della quantità servirebbe una pianificazione, sapere che ogni anno c'è una dotazione economica sulla quale fare programmazione. Ma non lo si fa più dal tempo in cui c'era un'unità di missione molto utile che però è stata, secondo me sbagliando, cancellata. 

Cosa ci servirebbe oggi? Le risorse per rispondere ai fenomeni alluvionali che si sono verificati in questa regione e per le quali ancora una risposta non è stata data. Per l'alluvione del 2 e del 3 di novembre questo fabbisogno è quantificato in 1 miliardo di euro: sono risorse ingentissime, non è una cifra che inventa l'assessore o il genio civile, è una ricognizione che abbiamo fatto insieme al Dipartimento nazionale e che insieme abbiamo sottoscritto e che il Governo ha inviato in Europa per avere accesso al Fondo di solidarietà europea. L'Europa ci ha assegnato 67 milioni di euro, ma il governo su questo ancora non dà risposta. Ora io capisco che 1 miliardo sia tanto, però dovremmo almeno cominciare a capire quando arriverà la prima parte di queste risorse per poter pianificare gli interventi.

Interventi che non è facile nemmeno immaginare per alcuni territori, come quello pratese, che sono densamente urbanizzati e non offrono spazi per grandi casse d’espansione. Per questo diventa fondamentale ragionare nei termini in cui faremo col convegno al Politeama e con il percorso di formazione successivo, perché appunto abbiamo bisogno di lavorare su più piani. Insieme alle opere che sono realizzabili e che vanno assolutamente fatte, per cui il Governo deve mettere a disposizione risorse in tempi certi, occorre agire sull’urbanistica, sulla restituzione della funzione drenante del suolo, sulle reti fognarie».

Maurizio Izzo

Giornalista, responsabile comunicazione di una azienda che si occupa di produzioni video, organizzazione di eventi, multimedia. Ho prodotto numerosi documentari sulla cooperazione internazionale.