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Aggiornato dall’Ispra l’Italian Emission Inventory, mentre la Eea pubblica il nuovo rapporto annuale

In Italia migliora l'inquinamento atmosferico, ma uccide ancora decine di migliaia di persone l’anno

Il settore energetico è la principale fonte di emissioni, con una quota superiore all’80% per molti inquinanti
 |  Inquinamenti e disinquinamenti

L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), dopo il consueto rapporto sulle emissioni di gas serra, ha pubblicato ieri l’aggiornamento annuale dell’Italian emission inventory, in cui si delinea l’andamento di alcuni dei principali inquinanti atmosferici dal 1990 al 2023, suddivisi tra le varie fonti d’emissione.

«Nel periodo 1990-2023 le emissioni di quasi tutti gli inquinanti descritti in questo rapporto mostrano una tendenza al ribasso – certifica Ispra – Le riduzioni sono particolarmente rilevanti per i principali inquinanti (SOX -96%; NOX -74%; CO -73%; NMVOC -57%), per BC (-64%), cadmio (-62%), mercurio (-65%), piombo (-95%) ed esaclorobenzene (-92%). I principali driver del trend sono costituiti dalle riduzioni nei settori industriale e del trasporto su strada, dovute all’implementazione di diverse Direttive Europee che hanno introdotto nuove tecnologie, più stringenti limiti di emissione degli impianti, limitazioni del contenuto di zolfo nei combustibili liquidi e quindi il passaggio a combustibili più puliti. Altri fattori determinanti per la riduzione delle emissioni sono stati il miglioramento dell’efficienza energetica e la promozione delle energie rinnovabili».

Il settore energetico è la principale fonte di emissioni in Italia con una quota superiore all’80%, comprese le emissioni fuggitive, per molti inquinanti (SOX 92%; NOX 91%; CO 92%; PM2.5 84%; BC 89%; PAH 86%, HCB 91%). Si tratta però di un settore molto ampio: spazia dalla produzione di elettricità alle raffinerie, dal trasporto su strada al riscaldamento domestico.

«Il settore dei processi industriali – aggiunge Ispra – è un’importante fonte di emissioni specificamente legate alla produzione siderurgica, almeno per particolato, metalli pesanti e POP, mentre significative emissioni di SOX derivano dalla produzione di nerofumo e acido solforico; il settore dell’uso di solventi e altri prodotti è invece caratterizzato da emissioni di COVNM. Il settore agricolo è la principale fonte di emissioni di NH3 in Italia con una quota del 91% sul totale nazionale. Infine, il settore dei rifiuti, in particolare l’incenerimento dei rifiuti, è una fonte rilevante di BC (10%), Cd (10%), HCB (9%) e diossine (17%)».

I settori dove sarebbe più urgente intervenire, per lenire gli impatti sulla salute, sono noti da tempo. Sappiamo infatti da dove arriva l’inquinamento atmosferico: le principali fonti di provenienza per le polveri sono riscaldamento degli edifici, allevamenti e trasporti stradali; per il biossido d’azoto, il traffico veicolare; per l’ozono, trasporto su strada, riscaldamento e produzione di energia.

Il documento Ispra è uscito insieme all’Air quality status report 2025 dell’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), dove si conferma che «la qualità dell'aria in Europa è migliorata notevolmente negli ultimi decenni per la maggior parte degli inquinanti, ma ci sono ancora zone dell'Ue in cui le concentrazioni di inquinanti superano gli attuali standard europei e i valori guida più rigorosi dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms)».

Come da tradizione, la Eea si concentra sui tre inquinanti atmosferici che procurano più danni alla salute umana: particolato fine e ultrafine (Pm2.5 e Pm10), biossido di azoto (NO2) e ozono (O3). Rispettivamente, solo il 59%, 65%, 70% e 71% delle stazioni di monitoraggio europee rispetta, nel 2023, le concentrazioni massime d’inquinanti previste dalla normativa Ue al 2030; dati che calano all’8%, 36%, 30% e 2% guardando invece alle linee guida Oms.

stazioni monitoraggio eea 2023

In Italia la situazione è tutt’altro che brillante: a documentare l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute è la stessa Agenzia europea dell’ambiente (Eea), che mostra come l’Italia svetti ancora in testa tra i Paesi più inquinati dell’Ue con 48.600 morti l’anno per inquinamento da Pm2.5, 13.600 decessi prematuri da O3 e 9.600 da NO2.

Guardando invece ai dati messi in fila da Legambiente con l’ultimo rapporto Mal’aria, se per le medie annuali di PM10 e NO2 nessuna città supera i limiti previsti dalla normativa vigente, lo scenario cambierà con l’entrata in vigore della nuova direttiva europea sulla qualità dell'aria, a partire dal 1° gennaio 2030. La direttiva si avvicina maggiormente agli standard dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms): guardando ad esempio al limite stabilito come media annuale da non superare, la direttiva Ue pone come riferimento 20 µg/mc per il Pm10, 10 µg/mc per il Pm2.5 e 20 µg/mc per l’NO2. La cattiva notizia è che, se i dati odierni fossero confermati al 2030, sarebbero fuorilegge il 71% delle città per il PM10 e il 45% per l’NO2.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.