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Obiettivi di sviluppo sostenibile: se continuiamo così, solo il 17% di essi verrà raggiunto nel 2030

Le poche luci – l’impegno degli Stati membri – e le molte ombre che emergono dal Rapporto sullo sviluppo sostenibile dell’Onu. Il sostegno limitato e in calo al multilateralismo basato sulle Nazioni Unite da parte delle grandi potenze e l’insufficiente spazio fiscale rappresentano ostacoli chiave al raggiungimento dei target globali
 |  Green economy

L’impegno a livello globale c’è, assicurano dalle Nazione Unite. Ma i risultati scarseggiano. Stiamo parlando degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Oss). Un dato per tutti: a dieci anni dalla loro adozione, si prevede che vengano raggiunti entro il 2030 meno del 20% dei target. Il 17%, per la precisione. E i conflitti nel mondo, che anziché diminuire aumentano, non fanno di certo migliorare la situazione.

A segnalare che a dieci anni dall'adozione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile i progressi rimangono allarmanti è il “Sustainable development report 2025” pubblicato dalla Rete per le soluzioni di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Sdsn). Viene evidenziata la percentuale che dicevamo e anche sottolineato che le medie globali nascondono profonde disparità tra regioni e paesi nei progressi verso gli Oss. Nonostante queste sfide, rimarcano i vertici delle Nazioni Unite, l'impegno rimane elevato nella maggior parte degli Stati membri. Ma viene anche sottolineata la necessità di mettere sul tavolo riforme urgenti. A cominciare da quella riguardante l'Architettura finanziaria globale che dovrebbero essere adottata durante la conferenza sul Finanziamento per lo sviluppo che si apre il 30 giugno e che dovrebbe per sbloccare i finanziamenti necessari al raggiungimento degli Oss.

Sulla scia dell'80° anniversario della creazione del sistema delle Nazioni Unite, il rapporto fornisce anche misure migliorate e una nuova piattaforma web per monitorare il sostegno e l'impegno dei paesi con il sistema delle Nazioni Unite attraverso l’Indice del sostegno dei paesi al multilateralismo basato sulle Nazioni Unite (UN-Mi). Il professor Jeffrey D. Sachs, presidente dell'Sdsn e autore principale del rapporto, sottolinea: «In un contesto di crescenti tensioni geopolitiche, disuguaglianze globali in aumento e di una crisi climatica in crescita, il Sustainable development report (Sdr) di quest'anno sottolinea che il mondo riconosce a larga maggioranza gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile come la via fondamentale per raggiungere pace, equità e benessere. Molti Paesi stanno compiendo progressi significativi, ma molto di più può essere realizzato intensificando gli investimenti in istruzione, tecnologie verdi e soluzioni digitali. Soprattutto, abbiamo bisogno di pace e cooperazione globale per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile».

Il Sustainable development report di quest’anno evidenzia cinque risultati chiave:

1. L'impegno verso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile è elevato a livello globale. Ad oggi, 190 dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite hanno partecipato al processo di Revisione Nazionale Volontaria (VNR), presentando i propri piani e priorità nazionali per lo sviluppo sostenibile. Dal 2015, la maggior parte dei Paesi ha presentato due o più VNR e 39 Paesi si sono impegnati a presentarne uno quest'anno. Solo tre Paesi non hanno partecipato: Haiti, Myanmar e Stati Uniti. Inoltre, un numero crescente di governi regionali e locali ha sviluppato Revisioni Locali Volontarie (VLR) per fare un resoconto dell'attuazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile a livello subnazionale.

2. I paesi europei continuano a guidare l’indice degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, mentre i paesi dell’Asia orientale e meridionale superano le altre regioni nei progressi degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Come negli anni precedenti, i paesi europei, in particolare quelli nordici, sono in cima all'indice degli OSS: Finlandia (n. 1), Svezia (n. 2) e Danimarca (n. 3). Tuttavia, anche questi paesi affrontano difficoltà nel raggiungere i molteplici obiettivi e tendono a generare grandi ricadute internazionali, in particolare a causa di consumi non sostenibili. In media, i paesi dell'Asia orientale e meridionale hanno mostrato i progressi più rapidi dal 2015 (in punti): Nepal (+11,1), Cambogia (+10), Filippine (+8,6), Bangladesh (+8,3) e Mongolia (+7,7). Altri paesi che hanno dimostrato rapidi progressi rispetto ai loro pari includono il Benin (+14,5), Perù (+8,7), Emirati Arabi Uniti (+9,9), Uzbekistan (+12,1), Costa Rica (+7) e Arabia Saudita (+8,1). Nell'indice degli OSS di quest'anno, anche Cina (n. 49) e India (n. 99) fanno il loro ingresso, rispettivamente, tra i primi 50 e i primi 100 paesi.

3. A livello globale, i progressi verso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS) sono in stallo; nessuno dei 17 Obiettivi Globali è sulla buona strada e solo il 17% dei target degli OSS è sulla buona strada per essere raggiunto entro il 2030. Conflitti, vulnerabilità strutturali e margini di manovra fiscali limitati continuano a ostacolare il progresso, soprattutto nelle economie emergenti e in via di sviluppo (EMDE). I cinque obiettivi che mostrano un significativo ritardo dal 2015 includono: tasso di obesità (OSS 2), libertà di stampa (OSS 16), gestione sostenibile dell'azoto (OSS 2), indice della lista rossa (OSS 15) e indice di percezione della corruzione (OSS 16). Al contrario, molti paesi hanno compiuto notevoli progressi nell'ampliare l'accesso ai servizi e alle infrastrutture di base, tra cui: utilizzo della banda larga mobile (OSS 9), accesso all'elettricità (OSS 7), utilizzo di internet (OSS 9), tasso di mortalità sotto i 5 anni (OSS 3) e mortalità neonatale (OSS  2

3). Tuttavia, i progressi futuri su molti di questi indicatori, compresi i risultati sanitari, sono minacciati dalle tensioni globali e dal declino dei finanziamenti internazionali per lo sviluppo.

4. Le Barbados tornano a primeggiare nell’impegno multilaterale basato sulle Nazioni Unite, mentre gli Stati Uniti sono ultimi. L'indice di sostegno dei paesi al multilateralismo basato sulle Nazioni Unite (UN-Mi) dell'SDR 2025 classifica i paesi in base al loro sostegno e impegno con il sistema delle Nazioni Unite. I tre paesi più impegnati nel multilateralismo delle Nazioni Unite sono: Barbados (n. 1), Giamaica (n. 2) e Trinidad e Tobago (n. 3). Tra le nazioni del G20, il Brasile (n. 25) è al primo posto, mentre il Cile (n. 7) è in testa tra i paesi OCSE. Al contrario, gli Stati Uniti, che si sono recentemente ritirati dall'Accordo di Parigi sul clima e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e hanno formalmente dichiarato la loro opposizione agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e all'Agenda 2030, si classificano ultimi (n. 193) per il secondo anno consecutivo.

5. L'architettura finanziaria globale (GFA) deve essere riformata con urgenza per finanziare i beni pubblici globali e raggiungere uno sviluppo sostenibile. Circa metà della popolazione mondiale risiede in Paesi che non possono investire adeguatamente nello sviluppo sostenibile a causa di un debito pubblico insostenibile e di un accesso limitato a capitali accessibili e a lungo termine. Lo sviluppo sostenibile è un investimento ad alto rendimento, eppure il GFA continua a indirizzare i capitali verso i Paesi ad alto reddito anziché verso i Paesi in via di sviluppo (EMDE), che offrono prospettive di crescita più solide e rendimenti più elevati. Anche i beni pubblici globali rimangono significativamente sottofinanziati. Il prossimo vertice di Siviglia offre un'opportunità cruciale agli Stati membri delle Nazioni Unite per riformare questo sistema e garantire che i finanziamenti internazionali fluiscano su larga scala verso gli EMDE per raggiungere uno sviluppo sostenibile.

E l’Italia, in tutto questo? Che il nostro Paese si stia muovendo su un «sentiero di sviluppo insostenibile» ormai è evidente. Siamo in drammatico ritardo su tutti i fronti e dobbiamo assolutamente rimetterci al passo con la media Ue sulla maggior parte degli Obiettivi. E che non si tratti di un mero obbligo ma di un’opportunità fornita al nostro Paese lo dicono tra gli i dati forniti dall’ASviS: con la transizione verde il Pil italiano può segnare +8,4% entro la metà del secolo.

Redazione Greenreport

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