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Greenpeace, nell’ultimo anno in Italia dimezzate le notizie dedicate alla crisi climatica

«Allarmante calo d’attenzione dei principali media, la presenza massiccia delle pubblicità di aziende inquinanti espone la stampa al rischio di autocensura»
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Nel 2024 le notizie dedicate al clima hanno registrato un calo del 47% sui quotidiani (con una media di appena un articolo ogni due giorni) e del 45% sui telegiornali (in media un solo servizio ogni dieci giorni) rispetto al 2023. Di contro, si è assistito a un aumento delle pubblicità delle aziende inquinanti sui quotidiani (1.284, contro le 1.229 del 2023). Nel racconto mediatico sono inoltre prevalse le preoccupazioni per l’impatto economico delle politiche climatiche, rispetto alle conseguenze ambientali del riscaldamento globale.

È quanto emerge dal nuovo rapporto elaborato dall’Osservatorio di Pavia per Greenpeace, che esamina come la crisi climatica è stata raccontata dai cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Serala RepubblicaIl Sole 24 OreAvvenireLa Stampa) e dai telegiornali serali delle reti RAI, Mediaset e La7.

Le principali fonti delle notizie sulla crisi climatica e sulla transizione ecologica sono state aziende e rappresentanti del mondo economico (40%) sui quotidiani, politici e rappresentanti delle istituzioni nei TG (43%). Tra le pubblicità dei settori inquinanti ospitate dai quotidiani è prevalso il settore del gas e del petrolio, ma con un balzo significativo del comparto automotive. Le responsabilità del riscaldamento globale sono state invece generalmente trascurate dall’informazione italiana: basti pensare che, considerando tutte le edizioni serali dei TG, le compagnie dei combustibili fossili sono state indicate come responsabili della crisi climatica una sola volta in un anno. 

Ancora, il 17% degli articoli dei quotidiani e il 19% delle notizie dei TG conteneva narrative di resistenza alla transizione ecologica ed energetica e/o a specifiche azioni per il clima, in crescita rispetto al 2023. Sul piano politico, a guidare il dibattito mediatico sulla crisi climatica sono stati soprattutto i membri dell’esecutivo, con narrative ricorrenti dall’approccio spesso critico nei confronti delle politiche europee: molti interventi insistevano sull’eccessivo costo economico della transizione, anziché della crisi climatica.

Sulla base dei risultati dello studio condotto dall’Osservatorio di Pavia, Greenpeace ha stilato anche la classifica dei principali quotidiani italiani per l’anno 2024: fa meglio degli altri Avvenire, che tuttavia non totalizza la sufficienza (5,4 punti su 10); seguono Corriere della Sera (3,2 punti) e Il Sole 24 Ore (3 punti); fanalino di coda, a pari merito, la Repubblica e La Stampa (2,6 punti). I giornali sono stati valutati mediante cinque parametri: 1) quanto parlano della crisi climatica; 2) se citano i combustibili fossili tra le cause; 3) quanta voce hanno le aziende inquinanti e 4) quanto spazio è concesso alle loro pubblicità; 5) se le redazioni sono trasparenti rispetto ai finanziamenti ricevuti dalle aziende inquinanti. 

Tra i telegiornali, invece, il TG5 è la testata con il maggior numero di notizie pertinenti la crisi climatica e anche quella che trasmette più notizie specificamente dedicate al tema, il TG La7 quello che nel complesso ne trasmette meno.

«Il nostro report annuale evidenzia un allarmante calo d’attenzione dei principali media italiani nei confronti della crisi climatica, che nel complesso continua a perdere rilievo nell’agenda di quotidiani e TG da quando abbiamo iniziato il nostro monitoraggio nel 2022 – spiega Federico Spadini di Greenpeace Italia – Al contempo, la presenza massiccia delle pubblicità di aziende inquinanti espone la stampa italiana al rischio di autocensura preventiva quando si tratta di tirare in ballo i responsabili del riscaldamento globale e di raccontare le soluzioni più efficaci per contrastarlo. Inoltre il nesso fondamentale fra transizione energetica e lotta alla crisi climatica risulta estremamente indebolito, con il rischio di oscuramento della necessità e dell'urgenza delle politiche per il clima, in un contesto in cui queste ultime sono costantemente messe in discussione dal governo Meloni. È necessario quindi rompere al più presto quel patto di potere fra aziende fossili, politica e media che impedisce al nostro Paese un vero impegno nella riduzione delle emissioni e nella transizione verso le energie rinnovabili».

A pensarla così non sono solo gli ambientalisti, dato che un appello analogo – per le piattaforme online così come per i media tradizionali – è già arrivato nei mesi scorsi dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres: in Italia al momento c’è solo un’avanguardia di testate che aderisce a questi principi, quelle aderenti – greenreport compresa – alla coalizione Stampa libera per il clima promossa da Greenpeace.

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.