Niente soldi in legge di Bilancio, se non per le spese militari: 32 miliardi di euro nel 2025
Dopo la trasmissione al parlamento della legge di Bilancio proposta dal Governo Meloni, l’Osservatorio sulle spese militari italiane (Milex) ha effettuato un’analisi – condotta congiuntamente da Francesco Vignarca ed Enrico Piovesana – delle allocazioni relative alla sfera della Difesa e degli armamenti, giungendo quindi ad una valutazione della spesa militare previsionale per il 2025.
Nei 124 articoli che compongono il Ddl 2112 presentato alle Camere dal ministro Giorgetti lo scorso 23 ottobre, gli unici riferimenti diretti ed espliciti ad interventi in questa sfera si trovano negli articoli 90 e 91 dedicati il primo ai programmi “strade sicure” e “stazioni sicure”, e il secondo al rifinanziamento del Nato innovation fund. Mentre gli importi relativi a questo specifico programma sono di scarsa consistenza (circa 7,7 milioni di euro) ben più rilevanti dal punto di vista finanziario (tralasciando per un momento l’aspetto operativo e politico) sono i circa 240 milioni annui (fino al 2027) che garantiscono la proroga della presenza sulle strade del contingente di circa 6.000 militari già previsto e dell’incremento di 800 unità per quanto riguarda la vigilanza sulle stazioni.
Mentre gli importi relativi a questo specifico programma sono di scarsa consistenza (circa 7,7 milioni di euro) ben più rilevanti dal punto di vista finanziario (tralasciando per un momento l’aspetto operativo e politico) sono i circa 240 milioni annui (fino al 2027) che garantiscono la proroga della presenza sulle strade del contingente di circa 6.000 militari già previsto e dell’incremento di 800 unità per quanto riguarda la vigilanza sulle stazioni.
Ovviamente anche questa cifra evidenziata nel Ddl, in quanto necessitante di una esplicita proroga di missione, va ad inserirsi nel totale complessivo del bilancio del ministero della Difesa, che costituisce il punto di partenza di base per qualsiasi stima delle spese militari. La cifra messa a disposizione del ministero guidato da Guido Crosetto come “bilancio proprio” evidenzia fin da subito la forte crescita (in termini assoluti e percentuali) di tali spese: per il 2025 il totale infatti si attesta su 31.295 milioni di euro, con una crescita netta di oltre 2,1 miliardi di euro (aumento del 7,31%) rispetto alle previsioni per il 2024. Per la prima volta nella storia viene dunque superata (e di gran lunga) la quota complessiva di 30 miliardi di euro.
Per arrivare alla stima reale di spesa militare (in accordo con la metodologia Mil€x) l’Osservatorio ha poi effettuato alcuni ricalcoli per riflettere in maniera aderente alle reali operatività militare alcuni costi o interni al ministero della Difesa ma con scopi differenti (quindi da sottrarre) o esterni allo stesso ministero e quindi da aggiungere.
La somma complessiva di queste voci porta ad una valutazione della spesa militare italiana diretta per il 2025 a 32.023 milioni di euro, ulteriore record storico con un aumento del 12,4% rispetto al 2024 (+3,5 miliardi in un anno) e del 60% sul decennio (rispetto alla spesa valutata da Mil€x per il 2016 di 19.981 milioni di euro (a valori correnti)
Aggiungendo poi ulteriori due voci di costi indiretti (da noi stimati in qualche caso in passato, ma non che si possono anche non inserire nel totale per coerenza di confronto) legati a costi ed investimenti (dentro e fuori bilancio Difesa) per basi militari e alle quote di compartecipazione per spese di natura militare in ambito Ue si potrebbe aumentare il totale complessivo di un ulteriore miliardo, giungendo quindi a superare i 33 miliardi di euro. Considerando per valida (anche se in realtà appare eccessiva) la stima del Pil previsionale 2025 presente nel Nadef ciò equivale ad un rapporto di spesa militare sul Pil dell’1,42% se consideriamo i soli costi diretti e dell’1,46 se invece si inseriscono anche gli ultimi costi indiretti segnalati.
Tutto questo mentre, su altri fronti di spesa la manovra Meloni si presenta come restrittiva, come conferma da ultimo il taglio dell’80% per il fondo automotive e la totale inadeguatezza degli investimenti sui fronti della transizione ecologica e dell’adattamento climatico.