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Dopo l'esplosione al deposito carburanti Eni di Calenzano, il presidente della Regione Toscana vuole trasformarlo in un hub per le rinnovabili. La procura di Prato accusa il Cane a sei zampe di aver anteposto il profitto alla precauzione in tutta Italia

 |  Editoriale

Alla chiusura delle indagini in merito all’incidente al deposito carburanti Eni di Calenzano, avvolto in una palla di fuoco durante l’esplosione dello scorso 9 dicembre per la quale sono morte cinque persone, la procura di Prato ha inviato ieri avvisi di garanzia al Cane a sei zampe e a nove persone – sette dirigenti di Eni e due della società appaltatrice Sergen – per le ipotesi, a vario titolo, di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali. Scoperchiando un vaso di Pandora che riguarda non solo la provincia fiorentina, ma tutta l’Italia.

I dirigenti dell’azienda sono infatti accusati di aver operato «a vantaggio della stessa Eni in assenza di un modello organizzativo, adottato prima dei fatti, che contenesse misure precauzionali volte a impedire la situazione di rischio prevedibile ed evitabile che ha prodotto le 4 esplosioni e l’incendio». In che modo? Avendo «permesso la contemporaneità dell'attività lavorativa di manutenzione e di carico di autobotti nella stessa area sotto le pensiline, senza interrompere i carichi delle autobotti, agevolando così il mantenimento della produttività funzionale all'attuazione delle strategie imprenditoriali dettate dalla stessa casa madre Eni spa ed escludendo la necessità di dilatare i tempi di attesa degli autisti mentre avvengono manutenzioni lungo le pensiline di carico». Tale modalità, sottolinea la procura pratese, «è risultata indistintamente comune a tutti i depositi, non avendo rilevato specifiche ulteriori sulla documentazione di Eni spa, sicché l'interesse e il vantaggio sono ancor più ampliati su scala nazionale». 

Il Cane a sei zampe ha risposto con le dichiarazioni di rito, confermando «la propria piena e totale collaborazione all'autorità giudiziaria, con la volontà prioritaria di contribuire a individuare le cause e le dinamiche ad esse associate all'origine dell'incidente».

L’auspicio adesso è che il processo possa procedere spedito, ma le accuse della procura sono tanto pesanti – soprattutto in quanto rivolte a una società a controllo statale, che nell’ultimo anno ha incamerato qualcosa come 6,4 miliardi di utili – da imporre subito la necessità di accelerare sulla transizione energetica verso efficienza e fonti rinnovabili.

L’Ue ha intrapreso una strada di riarmo per garantire maggiore sicurezza al Vecchio continente, ma non ci sarà sicurezza finché resteremo dipendenti dalle importazioni di combustibili fossili, finché la crisi climatica alimentata dal loro uso continuerà a rovesciare sul territorio i suoi eventi meteo estremi (lo scorso venerdì la Piana fiorentina è tornata di nuovo sott’acqua a causa dell’ennesima alluvione), e finché modelli di business irresponsabili continueranno ad anteporre il profitto per pochi al benessere per tutti.

«Alla luce dell’esito della prima fase delle indagini riguardo all’impianto Eni di Calenzano, luogo della terribile esplosione del 9 dicembre scorso che è costata la vita a cinque persone, ritengo che quell’impianto non sia nella collocazione giusta e lì non debba più stare – dichiara oggi nel merito il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani – Per una riconversione degli spazi partirei da un’idea interessante formulata dal sindaco di Calenzano Giuseppe Carovani, che ha parlato di trasformare quel sito in un hub delle energie rinnovabili. Una proposta da approfondire e sviluppare».

Già lo scorso dicembre Carovani aveva chiesto di lavorare per spostare altrove il deposito carburanti di Eni, mentre la posizione di Legambiente Toscana è quella di ragionare in un’ottica di area vasta, ovvero bonifica del territorio dove oggi è presente l’impianto e creazione del Parco agroecologico della Piana.

Non si tratta infatti della necessità di delocalizzare l’infrastruttura altrove – del resto, dove potrebbe essere collocato oggi un nuovo depositi carburanti da 170mila mq? –, ma di bonificare l’area e riconvertirla per fare spazio alla transizione ecologica.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.