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La terza alluvione. L’area metropolitana di Firenze colpita per la terza volta in soli 16 mesi da piogge record con allagamenti, straripamenti, frane, danni, paura. È l’ora di piccoli grandi cantieri per ridurre l’esposizione ai rischi meteoclimatici

 |  Editoriale

Con l’ansia a mille l'Italia intera sta seguendo l’emergenza idraulica e idrogeologica da codice rosso che mobilita l’intero sistema di Protezione civile della Toscana, per la quale il presidente Giani ha chiesto lo stato di mobilitazione nazionale. Soprattutto è fiato sospeso tra Firenze e la sua area metropolitana lungo il corso dell'Arno, che ha già superato il primo livello di guardia a 3,64 metri con portata dell'acqua da 1121,50 metri cubi al secondo, tra rigurgiti di rii e torrenti gonfiati all’inverosimile con tratti urbani allagati lungo la Piana come a Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio, viabilità chiusa per acqua sulle carreggiate, canali social con i continui appelli lanciati dai Comuni a interrompere ogni attività, a non uscire di casa, a non mettersi alla guida e a spostarsi ai piani alti. 

La Toscana, lo sappiamo, è tra le regioni europee più esposte a rischi meteoclimatici inediti per frequenza e intensità. Basta tornare alle ore terribili dei 2 eventi estremi alluvionali che hanno devastato la stessa area della Piana tra Firenze e Prato il 2 novembre del 2023 lasciando 8 morti, e poi di nuovo con un ritorno distruttivo l’8 settembre del 2024 con terrore puro e danni ingenti. Per la sola prima alluvione nel 2023 la Regione ha consegnato alla Commissione Ue, per l'accesso al Fondo di solidarietà europeo, un piano di ricostruzione e di prevenzione da 1 miliardo di euro, sottoscritto con il Dipartimento nazionale di Protezione civile. Un altro miliardo è il costo della seconda alluvione, e tante ferite sono ancora aperte. Oggi si aggiunge il terzo evento che colpisce con violenza la stessa area centrale della Regione e che possiamo anche continuare a classificare come “estremo” nella vana speranza che possa non ripetersi, ma ormai sono eventi “ordinari”!

alluvione campi bisenzio marzo

È una sequenza angosciante e mai vista nella nostra Regione, che ha ampiamente superato i limiti conosciuti indicati nelle nostre modellistiche previsionali con curve di frequenza e stime dei “tempi medi di ritorno” di un’alluvione “cinquecentenaria, duecentennale, centenaria, cinquantennale e decennale”. Parametri ormai largamente superati.

Ormai tutto è cambiato in atmosfera. Non siamo certo nel secolo scorso, quando colpì la tragica alluvione dell’Arno iniziata nella notte del 4 novembre del 1966 con un’impressionante massa d’acqua che travolse a 70 km orari Firenze e dintorni rovesciando tonnellate di acqua, fango, melma e detriti, e lasciando i fiorentini isolati per 4 giorni con 35 morti, 70.000 famiglie alluvionate, 6.000 negozi devastati, 20.000 automobili sott’acqua e nel fango, migliaia di officine, fabbriche, laboratori, tipografie, botteghe artigianali e cantine allagate. Firenze allora fu l’epicentro di quella che i meteorologi definirono come “la tempesta perfetta”: un evento meteo a larga scala si abbatteva su una Italia senza difese idrauliche e del tutto priva di strutture operative di soccorso – non esisteva ancora il sistema di Protezione civile – e con enti scientifici non in grado di prevederne l’evoluzione, e il Governo nell’assoluta incapacità di gestire l'emergenza.

Le 3 grandi alluvioni in sequenza in meno di un anno e mezzo ci dicono che dobbiamo cambiare anche noi, e alla svelta. Che non basta la diga di Bilancino, che fortunatamente sta mitigando la portata a valle del grande fiume; non bastano le casse di espansione a monte di Firenze; non bastano i sistemi di difesa verso Pisa con lo scolmatore di Pontedera e la cassa di espansione della Roffia.

Abbiamo bisogno di progettare la massima sicurezza possibile integrando altre le soluzioni per poter anticipare, prevenire, resistere e fronteggiare i nuovi fenomeni meteo ancora imprevedibili nelle loro evoluzioni ma con una “esplosività” in grado di provocare vittime e danni enormi.  Perché impattano sulle nostre città che spesso sono “nodi idraulici”, veri “imbuti” nei quali convergono acque di pioggia e di reticoli fluviali esondati, che la pur efficiente rete di condutture fognarie non è più in grado reggere, essendo stata realizzata dalla fine del secolo scorso per un altro clima e soprattutto per lo smaltimento delle acque reflue urbane.

La terza alluvione richiama la necessità di realizzare prima possibile opere di tutela delle comunità, dei beni pubblici e privati e di infrastrutture primarie all’interno delle aree urbane, partendo da una nuova pianificazione della gestione dei rischi. Servono opere e infrastrutture idrauliche multifunzionali per gestire problemi nuovi con nuove soluzioni integrate e di sistema, per restituire permeabilità ai terreni cementificati, per rallentare l'ingresso di acqua in fognatura, per trattenere il deflusso rendendo il più possibile “spugnose” le nostre città. Un sogno? No, è la realtà in molte aree urbane europee, ma non in Italia!

La pianificazione della massima sicurezza possibile è la sfida epocale. Se è impossibile azzerare il rischio, è imperativo ridurlo. La cronaca di queste terribili ore indica ancora una volta l’urgenza di imboccare questa direzione, per l’adattamento ai cambiamenti climatici. Non va perso neanche un minuto, perché l’estremizzazione climatica ci ha fatto entrare in un tempo inesplorato.

panconcelli sui lungarni a Pisa arno alluvione 2 giani facebook

Erasmo D'Angelis

Erasmo D’Angelis, giornalista - Rai Radio3, inviato de il Manifesto e direttore de l’Unità -, divulgatore ambientale e autore di libri, guide e reportage, tra i maggiori esperti di acque, infrastrutture idriche, protezione civile. Già Segretario Generale Autorità di bacino Italia Centrale, coordinatore per i governi Renzi e Gentiloni della Struttura di Missione “italiasicura” contro il dissesto idrogeologico, Sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti del governo Letta, Presidente di Publiacqua e per due legislature consigliere regionale in Toscana. È Presidente della Fondazione Earth Water Agenda, tra i promotori di Earth Technology Expo e della candidatura dell’Italia al World Water Forum.