Milton, la “tempesta del secolo” sta devastando la costa occidentale della Florida. Ultima catastrofe estrema nei 30 anni che hanno sconvolto il clima. E nel nostro Nord è allarme alluvioni: tante lezioni dimenticate
Milton è atterrato quando in Italia era ancora notte a sud di Tampa Bay, città con oltre 3,3 milioni di abitanti diventata “fantasma” per l’evacuazione di massa. Da uragano classificato categoria 3 sulla massima di 5 sta scaricando violentissime e abbondanti piogge e tempeste di venti estremi fino a 205 chilometri all'ora. È anche sbarcato lungo le coste della Florida con mareggiate alte fino a 4,7 metri, terrorizzando i pochi valorosi che stanno provando a sfidarlo nonostante giorni di appelli a non “fare gli eroi” e a sloggiare. Sono state evacuate circa 7 milioni di persone, altre decine di milioni affollano i rifugi, chi ha potuto è volato da tempo il più lontano possibile grazie a una delle più clamorose fughe da una catastrofe fortunatamente annunciata in tempo nella storia degli hurricane. E, col cuore in gola, milioni di persone senza elettricità restano in attesa che passino i “tornado multipli” e le violentissime inondazioni sperando e pregando affinché i loro beni non siano catalogati tra le distruzioni totali o quantomeno parziali. I morti annegati o travolti ufficialmente “sono diversi” ma si temono vittime nelle cittadine costruite e ri-costruite dopo passaggi di furiose tempeste tropicali.
Gli Usa e il mondo e noi italiani guardiamo gli effetti dell’ultimo uragano terrorizzante in televisione, e il suo racconto distruttivo sui social accesi h24. Mentre piogge sempre più torrenziali stanno vomitando dalla notte scorsa valanghe d'acqua devastanti e inarrestabili anche nel Nord della nostra Penisola, a partire dalla Lombardia con Milano e tutta la Brianza e le Prealpi. I corsi d’acqua e in particolare il solito Seveso mai messo nella massima sicurezza è in salita e spinge le sue acque non verso le vasche di laminazione a nord di Milano che colpevolmente ancora mancano, ma verso il capoluogo, dove ieri è stata svuotata l’unica cassa di espansione realizzata dal Comune di Milano e si spera riesca a contenere la piena.
Ma uragani, cicloni tropicali ed extratropicali, tempeste esplosive sono fenomeni sempre più alimentati dal calore crescente di oceani e mari. Sollevano vapore acqueo come non mai, e quando nella prima atmosfera si scontrano con le perturbazioni gelide ritornano a terra sottoforma di temporali devastanti come non era mai accaduto a memoria d'uomo con questa frequenza e intensità.
Questi fenomeni contemporanei hanno una matrice comune. Noi continuiamo a definirli “estremi” nel tentativo di essere rassicurati dalle parole, ma da tempo hanno ormai superato il limite delle devastazioni conosciute e temute, e colpiscono con una velocità ed una violenza che lasciano atterriti.
I soli ultimi 30 anni di catastrofi naturali di vario tipo correlate al caos climatico hanno provocato nel mondo 1,3 milioni di vittime e colpito aree sulle quali vivono 4,4 miliardi di abitanti, e sono costate circa 2.000 miliardi di dollari per risarcimenti e ricostruzioni. Fu il 1992, l'anno dell’Earth Summit di Rio de Janeiro, a inaugurare uno dei più devastanti disastri-testimonial del riscaldamento globale. Era l'uragano Andrew, il secondo più distruttivo nella storia degli Stati Uniti che confermava il nome ripreso dal temuto dio dei Maya Hunraken, che a fine agosto travolse la Florida e la Louisiana provocando morti e danni per 26.5 miliardi di dollari. Classificato come il disastro naturale più costoso degli Usa, nel 2005 venne però sorpassato dal gemello Katrina, che dal 23 agosto mandò ancora sott'acqua l’area sud-orientale della Florida densamente abitata, con danni per 180 miliardi di dollari dopo aver annegato New Orleans e la Louisiana, travolgendo un sistema di argini catastroficamente debole. Uccise 1.836 persone con danni per 180 miliardi di dollari. Tre anni dopo in ottobre soffiò a 295 km orari l'uragano Mitch che annientò la poverissima America centrale lasciandosi dietro oltre 10 mila morti, 3 milioni di senza casa e senza cibo, il ritorno di colera, malaria e polmonite, colture agricole distrutte e inquinamento delle acque dal Nicaragua all’Honduras a El Salvador, Guatemala, Chiapas messicano. I danni ammontarono a 8.5 miliardi di dollari. Altre inondazioni dalla Thailandia all'India intanto causavano 1.400 vittime e nuovi cicloni anomali e potenti. L'uragano Catarina nel marzo 2004, per la prima volta nella storia della meteorologia, colpiva il Brasile centro meridionale. Il ciclone Irene dal 28 agosto 2011 mandò in tilt 20 Stati Usa con New York. E nell’estate 2012 ancora altre scene di emergenze inedite. Tra un grande evento e l'altro, una miriade di medie e piccole catastrofi umane e umanitarie, improvvise e incontrollabili.
Tante brutte lezioni inutilmente impartite a chi ha mandato in tilt la macchina atmosferica su vasta scala. A forza di pompare gas serra e surriscaldare l’atmosfera, stiamo segando il ramo su cui siamo seduti. E il trend del riscaldamento senza freni fa ritenere irrealistico agli esperti il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dello stock e del flusso dei gas serra, nonostante gli impegni assunti solennemente ogni anno da quasi tutti gli Stati. Pochi stanno chiudendo il rubinetto delle emissioni climalteranti. Pochi puntano sull’obiettivo di riuscire nel più breve tempo possibile a disaccoppiare la crescita economica dalle emissioni di gas serra, globalizzando la sfida ambientale. E riducendo i costi dei crack finanziari da catastrofi climatiche. A partire dalla nostra Italia dove la cronistoria dell’escalation delle catastrofi archiviate da Cnr e Ispra fa contare complessivamente circa 29.000 alluvioni e circa 11.000 frane che hanno colpito la penisola in circa 14.000 luoghi, lasciando oltre 6000 morti, centinaia di migliaia di feriti, invalidi, orfani e milioni di sfollati, con danni in media per oltre 4 miliardi di euro dal 1946 ad oggi, ma con il raddoppio nell’ultimo decennio. Un’altra verità che tendiamo a rimuovere.