Francesco Santo Subito! Il Papa ecologista, globetrotter dei diritti globali, difensore dei migranti, combattente per gli accordi sul clima, al suo 45esimo e più lungo viaggio apostolico tra Asia e Oceania
Il volo dell’Ita Airways, partito il 2 settembre alle 17.32 da Fiumicino, lo sta portando sulle tappe del suo 45esimo e più lungo viaggio apostolico internazionale in 4 nazioni, tra Asia e Oceania. Francesco ha bisogno del mondo, ma è il mondo che mai come oggi ha bisogno di Francesco, il Papa militante al servizio della pace e della fraternità, della “cura” del Pianeta e dei “cessate il fuoco” per lanciare “segnali di speranza” negli anni più bui. Ha bisogno del primo Papa ad aver scelto come nome quello del Santo del “Cantico delle Creature” che resta come il più struggente messaggio d’amore verso la Natura e nostra “Sorella Acqua”, la risorsa fondamentale per la vita ma contesa nel mondo da 510 water wars documentate dalla Banca mondiale per il controllo delle risorse idriche.
A 87 anni, sotto l’occhio vigile del suo medico e di due infermieri, in 12 giorni passerà dall’Indonesia a Papua Nuova Guinea, da Timor Est a Singapore. Non è un viaggio come un altro. Con parole, gesti, visione del “Creato”, risuonerà ancora il suo costante appello alle responsabilità di chi governa il mondo a farsi carico di questioni aperte: l’emergenza climatica, le povertà crescenti, i drammi delle migrazioni che trasformano mari e frontiere in cimiteri di morte. Nei suoi 16 discorsi programmati affronterà non solo le questioni del dialogo interreligioso come “segno dei nostri tempi” poiché ispira il desiderio di “incontro e di conoscenza nel rispetto delle differenze”. Ma, soprattutto, denuncerà ancora i problemi di un mondo lacerato, che ha smarrito sé stesso. Con la forza della “voce nel deserto” e da leader globale invocherà la fine delle “guerre sanguinarie” e delle sofferenze provocate dai barbarici stermini, anche alle porte dell’Europa tra Ucraina e Medio Oriente.
“Basta stermini, guerre e giochi di guerre nucleari. Riponete le armi, aprire trattative di pace”
Chiederà a tutti, Papa Francesco, di riporre le armi, e soprattutto di riporre il minaccioso riarmo nucleare che potrebbe moltiplicare gli arsenali, e che oggi vede giochi di guerra simulate, war games da fine di mondo come non era mai accaduto dalla fine della Guerra Fredda, e potrebbero aumentare a 15 le attuali 9 nazioni con arsenali nucleari di oggi.
Con la forza delle parole chiare, il Papa implorerà negoziati di pace, e di recuperare i ritardi insopportabili degli impegni promessi e finora non rispettati per la mitigazione del riscaldamento globale e per l’adattamento a fenomeni climatici spaventosi in corso. Uno di essi, molto sottovalutato e subdolo, è l’innalzamento costante dei livelli oceanici che sta mettendo in fuga popolazioni degli Stati insulari non solo del Pacifico. Popolazioni ormai pronte al peggio dicono addio alle loro isole diventate inospitali perché periodicamente sommerse dalle maree. Ammonirà i “grandi della Terra” sulla necessità di aiutare le popolazioni più povere, di salvare dai naufragi e dai trafficanti di esseri umani chi fugge da catastrofi e dalla fame, con il dovere dell’integrazione, e a partire dall’Italia dove la Fondazione Migrantes è scesa al fianco della Mare Jonio dell’Ong Mediterranea Saving Humans, accompagnando con la sua barca a vela le missioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, supportata direttamente dalla Conferenza episcopale italiana con la benedizione di Papa Bergoglio che li incoraggia: «Prego per voi».
Il Papa “militante” al servizio dei poveri e del Pianeta che spiazza e stupisce
Il fatto è che Papa Francesco ci spiazza e ci stupisce fin da quel suo sorridente “buona sera”, con pronuncia da sudamericano, augurato dalla loggia di San Pietro il 13 marzo del 2013. L’umanità e il Pianeta non sapevano ancora di aver trovato il loro strenuo difensore. Il mondo aveva bisogno di un pontefice capace di inchiodare i potenti della Terra alle loro responsabilità. E non è stato deluso.
Era stato già clamoroso il messaggio che Francesco volle inviare “urbi et orbi”, pubblicando la sua rivoluzionaria Enciclica “Laudato si’” il 24 maggio del 2015, a pochi mesi dal summit dell’Onu sul clima: la Cop15 di Parigi. Concretamente visionaria e illuminante, tracciava un sentiero per “tutte le persone di buona volontà”, interrogava tutti sul futuro desiderato per i nostri figli e invita alla rivoluzione dei comportamenti ripartendo dal basso, a comprendere che le risorse naturali che abbiamo a disposizione non sono infinite, che sull’ambiente ci giochiamo tutto.
E la sera del 7 dicembre, all’inizio del summit globale, inviò al mondo intero, e soprattutto ai partecipanti al quindicesimo vertice mondiale sul clima, che poi aprì la strada della riduzione dei gas serra che non viene ancora percorsa, un messaggio con un format del tutto inedito, inaspettato, spettacolare per la chiesa. Fece trasformare la facciata di San Pietro in un meraviglioso enorme videowall largo 118,6 metri e alto 48 metri che rifletteva l’emozione di "Fiat Lux, illuminare la nostra Casa comune". In tre ore, passarono le splendide immagini della Natura scattate dai grandi maestri della fotografia - da Sebastião Salgado a Joel Sartore e da Yann Arthus-Bertrand a Ron Fricke a Steve McCurry – con un racconto visivo di grande impatto emotivo. E nei giorni seguenti, ci fu un’altra inattesa prima volta per la chiesa: tutti i cardinali del Pianeta avanzarono alle Nazioni dell’Onu la loro “Proposta politica in 10 punti” per "la completa decarbonizzazione dell'economia entro la metà del secolo, la limitazione dell'aumento della temperatura globale e la speciale attenzione alle popolazioni più povere che sono le più danneggiate dai cambiamenti climatici. Non c'è più tempo da perdere e servono risultati concreti e non parole".
Francesco entrava a gamba tesa nei negoziati della diplomazia climatica con le sue “accorate preoccupazioni per la cura della nostra casa comune”. Sostenne apertamente gli sforzi diplomatici per la firma dell’accordo di Parigi il 12 dicembre 2015, e lo fece anche con un discorso all’Onu, e l’appello domenicale all’Angelus.
L’Enciclica e l’Esortazione Apostolica spingono alla presa di coscienza dei gravi rischi del riscaldamento globale e i governi a reagire
E poi arrivò l’Esortazione Apostolica “Laudate Deum a tutte le persone di buona volontà sulla crisi climatica”. Era il 4 ottobre del 2023, ancora una volta a poche settimane da un’altra Conferenza Onu sul clima, la numero 28 di Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre, e spingeva i partecipanti “a nome del Pianeta” a mostrare “la nobiltà della politica e non la sua vergogna”. Scuoteva ancora il mondo per il “Pianeta sofferente”, con richiami alle responsabilità di tutti per debellare “una malattia silenziosa” che trova le sue giustificazioni in un modello economico e di sviluppo insostenibile “che va cambiato alla radice”.
L’Enciclica e l’Esortazione apostolica sono documenti da rileggere. Papa Bergoglio riparte da verità scientifiche. La sua visione è chiara: «Con il passare del tempo, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura. Al di là di questa possibilità, non c’è dubbio che l’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie. Ne sentiremo gli effetti in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e in altri ambiti..Per quanto si cerchi di negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli, i segni del cambiamento climatico sono sempre più evidenti… L’origine umana, antropica, del cambiamento climatico non può più essere messa in dubbio».
Attacca anche “certe opinioni sprezzanti e irragionevoli che trovo anche all’interno della Chiesa cattolica”, e a tutti replica: «Non possiamo più dubitare che la ragione dell’insolita velocità di così pericolosi cambiamenti sia un fatto innegabile». La frequenza dei fenomeni climatici dipende “dagli enormi sviluppi connessi allo sfrenato intervento umano sulla natura negli ultimi due secoli” che ha innescato “la crisi climatica con l’aumento della temperatura globale degli oceani, l’acidificazione e la riduzione dell’ossigeno, la riduzione dei ghiacci sono irreversibili per centinaia di anni. Tuttavia non bisogna cedere a diagnosi apocalittiche e irragionevoli. Si tratta piuttosto di assumere una visione più ampia che ci permetta non solo di stupirci delle meraviglie del progresso che probabilmente un secolo fa non si potevano nemmeno immaginare”.
Francesco ha però cambiato i dogmi della Chiesa cattolica che sembravano incrollabili e che guardavano alla cultura dell’ambiente con qualche sospetto poiché toccava i sacri tabù dell’antropocentrismo, e del concetto stesso di creazione della Natura. Non a caso, del resto, nella storia gli eventi catastrofici naturali sono sempre stati relegati nei capitoli delle “colpe dell’uomo” e la salvezza arrivava dalla “mano purificatrice di Dio”. Le catastrofi, nella loro imprevedibilità, hanno sempre favorito credenze, rituali, penitenze, attraverso le quali la chiesa cattolica, come tutte le altre religioni, immaginava l'unica possibilità di evitarli. Erano considerate manifestazioni della “collera di dio offeso dai peccati dell'uomo”, e questo ha segnato in profondità anche la nostra cultura nazionale, limitando ogni reazione con un fatalismo per noi fatale. La rivoluzione di Francesco è nel non trovare più giustificazioni nell’altrove, ma qui ed ora e nelle scelte dei governi del mondo.
Idee chiare anche sulle opportunità della transizione ecologica: «Spesso si dice anche che gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico riducendo l’uso di combustibili fossili e sviluppando forme di energia più pulita porteranno a una riduzione dei posti di lavoro. Ciò che sta accadendo è che milioni di persone perdono il lavoro a causa delle varie conseguenze del cambiamento climatico…Poniamo finalmente termine all’irresponsabile presa in giro che presenta la questione come solo ambientale, “verde”, romantica, spesso ridicolizzata per interessi economici…è deplorevole che le crisi globali vengano sprecate quando sarebbero l’occasione per apportare cambiamenti salutari. È quello che è successo nella crisi finanziaria del 2007-2008 e che si è ripetuto nella crisi del Covid-19».
Francesco rilancia quella che ama definire “una nuova cultura dell’ecologia integrata”, fa pressing per l’applicazione concreta degli impegni solo annunciati. Scuote i grandi emettitori di gas serra che, con le loro economie più inquinatrici, avendo il 49,2% della popolazione mondiale consumano il 66,4% di combustibili fossili e producono il 67,8% delle emissioni globali di CO2 fossile. Chiede a tutti di rispettare gli accordi sui tagli promessi del taglio del 45% di gas serra entro il 2030, con target net zero entro il 2050, riducendo le quote fossili come carbone, petrolio e gas e utilizzando sempre più energie rinnovabili.
Papa Francesco, figlio di emigrati italiani in Argentina, è oggi il difensore globale dei diritti dei migranti
Già nel Natale del 2017, Papa Francesco raccontò così la nascita di Gesù a Betlemme: «Maria e Giuseppe, per i quali non c’era posto, sono stati i primi ad abbracciare colui che viene a dare a tutti noi il documento di cittadinanza». Da anni, invoca inutilmente «una legislazione sulla cittadinanza conforme ai principi fondamentali del diritto internazionale». Implora di metter fine al clima d’odio esasperato che esclude e criminalizza, che scatena paure e rabbia, oscurando le immense opportunità e la necessità di integrazione di un Paese come l’Italia che invecchia più di altri. Chiede «giustizia per i migranti», insieme «a vie di accesso all'Europa sicure e che si uniscano gli sforzi contro i trafficanti di esseri umani».
Francesco ridà una nuova grande missione alla chiesa, quella visione del “creato” che deve segnare il nostro secolo. Lo ha fatto anche nell’udienza generale in piazza San Pietro, il 28 agosto 2024 parlando a nome di chi «anche in questo momento sta attraversando mari e deserti per raggiungere una terra dove vivere in pace e sicurezza. Mare e deserto: queste due parole ritornano in tante testimonianze che ricevo, sia da parte di migranti, sia da persone che si impegnano per soccorrerli…Le rotte migratorie di oggi sono spesso segnate da attraversamenti di mari e deserti, che per molte, troppe persone – troppe! – risultano mortali…il mare nostrum, luogo di comunicazione fra popoli e civiltà, è diventato un cimitero. E la tragedia è che molti, la maggior parte di questi morti, potevano essere salvati. Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti – per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave…Anche alcuni deserti, purtroppo, diventano cimiteri di migranti…Ma non è attraverso leggi più restrittive, non è con la militarizzazione delle frontiere, non è con i respingimenti che otterremo questo risultato. Lo otterremo invece ampliando le vie di accesso sicure e le vie di accesso regolari per i migranti, facilitando il rifugio per chi scappa da guerre, dalle violenze, dalle persecuzioni e dalle tante calamità; lo otterremo favorendo in ogni modo una governance globale delle migrazioni fondata sulla giustizia, sulla fratellanza e sulla solidarietà. E unendo le forze per combattere la tratta di esseri umani, per fermare i criminali trafficanti che senza pietà sfruttano la miseria altrui».
È Francesco, il Papa del nostro tempo.