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L’economia toscana preoccupa Irpet e Banca d’Italia, la risposta passa dai servizi pubblici locali

 |  Editoriale

Nelle ultime settimane Banca d’Italia prima e Irpet poi hanno pubblicato la loro analisi sulla situazione economica della Toscana. I dati che si leggono non sono buoni e per molti aspetti preoccupanti.

La produttività media toscana è ferma dal 2008 e così anche i livelli salariali. La Toscana non riesce a evolvere i propri processi produttivi verso produzioni a più alto valore aggiunto: prodotti poveri, imprese troppo piccole, poche multinazionali, poca innovazione.

Così il Pil toscano cresce poco, leggermente meno della dinamica nazionale. Nel 2023 e nel primo semestre 2024 i dati di crescita restano bassi, e il dato incorpora i molti stimoli esterni introdotti nell’economia negli ultimi temi: superbonus, Pnrr, fondi strutturali. Se non ci fossero stati gli stimoli il dato di crescita del PIL sarebbe probabilmente stato bassissimo, forse nullo.

La crisi demografica viaggia veloce e crea problemi crescenti al mercato del lavoro: sarà difficile nei prossimi anni sostituire i pensionati con giovani lavoratori, in molte aree non sarà possibile garantire la domanda di lavoro con l’offerta locale, e crescerà il pendolarismo. Per compensare questa riduzione demografica occorrerà raddoppiare la produttività, come visto ferma da anni. Mancheranno complessivamente in Toscana 100.000 lavoratori nei prossimi anni (200.000 nelle stime di Banca d’Italia).  Mancheranno in Italia, 1,2 milioni di lavoratori. E purtroppo la fuga di cervelli non si ferma.

La produzione industriale si riduce in Toscana (-3,3%) più di quanto avvenga in Italia (-2,1%), con alcuni distretti in grave crisi, come i due legati alla moda: confezioni in area fiorentina, area del cuoio. Dato solo apparentemente bilanciato da un’ottima performance dell’economia nell’export, in crescita (+3,3%) e superiore alla media italiana (-1,4%).

Il dato di aumento dell’export dipende però anche dall’aumento delleimportazioni. L’economia della nostra regione è sempre più dipendente dalla domanda estera. Un fattore positivo, ma che incorpora anche un alto rischio: la dipendenza eccessiva da mercati non sicuri, come Russia e Cina. Il 65% del valore aggiunto toscano è generato dalla domanda estera.

L’occupazione aumenta, ma non i salari, con una crescita e stabilizzazione del “lavoro povero”.

Gli investimenti ancora non decollano, nonostante gli stimoli,anche a causa dei tassi alti e del livello di incertezza globale.

Insomma la Toscana “tiene”, ma non cresce, da troppo tempo.

Il quadro critico della Toscana si inquadra in un contesto generale preoccupante, sia a livello italiano che a livello europeo. Gli investimenti esteri in Europa dal 2019 sono crollati e si sono spostati verso Cina e Usa. Il tema della competitività, della produttività e dell’innovazione sono ormai al centro delle politiche pubbliche e delle politiche industriali a scala continentale, nazionale ma anche regionale. La produttività totale del sistema economico è cresciuta in Francia del 19% negli ultimi 10 anni, il Italia solo del 4%.

Purtroppo i due Rapporti non descrivono il ruolo ed il peso dell’economia dei servizi pubblici locali, in questo quadro attuale e nelle previsioni per il futuro. Per molti aspetti i dati che conosciamo di questa economia vanno in controtendenza rispetto alle criticità illustrate dai rapporti: investiamo più della media pubblica e privata, generiamo posti di lavoro “non poveri”, abbiamo catene del valore meno esposte dalla dipendenza internazionale, anche se non è un settore che esporta, l’economia circolare che generiamo riduce le importazioni, facciamo innovazione finalizzata all’aumento della produttività (delle aziende ma anche dell’intero sistema economico), siamo al centro delle tre transizioni epocali: ecologica (energia, acqua, rifiuti, mobilità), digitale (tutte le aziende, in particolare quelle smart), sociale (Erp, farmacie, cultura, ristorazione).

Pochi giorni prima della Presentazione del Rapporto Irpet, come Confservizi Cispel Toscana, abbiamo presentato i risultati della ricerca “Toscana 2035” in cui abbiamo segnalato i rischi dell’inverno demografico, tema ripreso con molta forza dal rapporto Irpet. La combinazione demografia/mercato del lavoro rischia di essere il problema di questi anni.

In questo contesto, il comparto dei servizi pubblici locali deve essere conscio della responsabilità che ha nei confronti dei cittadini. Una responsabilità che parte dalla sperimentazione di determinati processi a servizio delle aziende di mercato, e soprattutto dalla ricerca di modelli di tenuta sostenibile al servizio del cittadino. Le nostre aziende negli ultimi anni sono state caratterizzate da processi di efficienza che le hanno portate all’avanguardia su scala nazionale. Forse non si sono ancora dimostrate adeguate nei loro processi aggregativi, ma hanno posto particolare attenzione al tema dell’efficienza. In questa ottica, i prossimi 10 anni dovranno essere caratterizzati dal concetto di diritto dei nostri cittadini. Abbiamo il dovere di coniugare il concetto della parola “servizio” con i diritti dei nostri cittadini, che sono i nostri primi veri stakeholder.

Per questo il sistema dei servizi pubblici locali, a partire dai processi di integrazione e fusione in corso, rappresenta uno dei punti cardine di una strategia di politica industriale regionale capace di far fronte alle criticità esposte dai rapporti Irpet e Banca d’Italia.

Nicola Perini

Nicola Perini è presidente di Confservizi Cispel Toscana, l’associazione regionale che riunisce le aziende di servizio pubblico della Toscana, dal 2021. I campi che interessano l’attività dell’Associazione sono acqua, rifiuti, gas, trasporto pubblico, edilizia residenziale pubblica, farmacie comunali, fondazioni culturali, smart city. Attuale Amministratore Unico di Consiag, in passato ha ricoperto il ruolo di membro del CdA di ATO 3 Toscana Acqua e di ATO Toscana Rifiuti.