Allerta rossa a Stromboli. Storia del “Faro del Mediterraneo” e della rimozione del rischio vulcanico in Italia
Lo Stromboli con la sua altezza sopra il livello del mare di 924 metri dall’isola con superficie totale di 12.6 chilometri quadrati, con la sua base a una profondità di circa 2000 metri sotto il livello del mare, è tornato al suo esplosivo e antico ruolo di “Faro del Mediterraneo” che per millenni ha orientato le rotte dei navigatori fenici, greci, cartaginesi e romani. Gli eventi vulcanici di queste settimane, anche con il nuovo risveglio del “gigante” dei vulcani europei, l’Etna, con sciame di scosse fortunatamente solo strumentali, e effetti di maremoto sotto osservazione dei geofisici dell'Ingv e della Protezione civile con sistemi satellitari, radar, sensori, e analisi di parametri tra le più avanzate al mondo, indicano uno dei rischi genetici del nostro sottosuolo.
La lunga storia eruttiva delle due “montagne di fuoco” siciliane sono un catalogo di eventi e mitologie fin dal 693 a.C., l’anno in cui l’eruzione distrusse la città di Aetna ai piedi del vulcano, la prima Catania che allora tramandò la leggenda di Anfinomo e Anapia, i fratelli semidei raffigurati sulle antiche monete mentre traggono in salvo i genitori portandoli sulle spalle sul fiume di lava. Per millenni i vulcani sono stati rappresentati come abitati da dèi, semidèi, ciclopi, titani e animali mostruosi. Dall’Etna, Polifemo accecato da Odisseo lanciò massi giganteschi verso il mare che oggi sono gli splendidi Faraglioni di Aci Trezza. I filosofi greci, sui fenomeni geologici dell’isola, offrivano spiegazioni più razionali. L’Etna fu studiato da sapienti come Eschilo, Strabone, Platone e dal temerario Empedocle che oggi è ricordato a quota 2.900 con il rifugio “Torre del filosofo” dedicato al suo coraggioso tentativo nel 432 a.C. di portarsi sul vulcano in attività rimettendoci la pelle. La leggenda narra che si lanciò in un cratere, che “sputò” solo i suoi calzari. Il Vesuvio affascinava Plinio il Vecchio, l’enciclopedista morto anche lui sotto l’eruzione peggiore, quella del 79 che distrusse Pompei. E da Vitruvio a Leonardo e ai tanti pionieri della geologia e della sismologia in ogni tempo ci hanno ricordato che viviamo in uno dei territori più vulcanici e sismici del Mediterraneo, al margine di convergenza tra le due grandi placche africana ed euro-asiatica, dove il vulcanismo è una sorgente di pericolosità naturale che, associata all’elevata vulnerabilità del costruito e a follie urbanistiche, determinano livelli di rischi con pochi paragoni al mondo.
La nostra penisola, infatti, contiene 10 vulcani attivi lungo la dorsale tirrenica, 8 dei quali sono in una lunga fase di riposo (Colli Albani, Campi Flegrei, Ischia, Vesuvio, Salina, Lipari, Vulcano, Pantelleria) e due restano attivi come l’Etna e lo Stromboli. Altri vulcani sono fortunatamente estinti con ultime fasi eruttive risalenti a oltre 10.000 anni fa (Monte Amiata, Vulsini, Cimini, Vico, Sabatini, Isole Pontine, Roccamonfina, Vulture). In più, i nostri fondali profondi del Tirreno, tra Sardegna, Golfo di Napoli e Sicilia, ospitano vulcani sottomarini e, tra questi, c’è il più alto ed esteso d’Europa: il Marsili, il gemello sprofondato dell’Etna, con accanto i vulcani Magnaghi, il Vavilov che fu scoperto nel 1950 da un sommergibile sovietico in missione segreta, il Palinuro e piccole “bocche di fuoco” sommerse dai nomi greci come Eolo, Alcione, Sisifo, e i “gemelli Lametini”.
Se sotto il mare non ci sono allarmi particolari, assicurano i controllori dell’Ingv, in superficie ci sono aree esposte a rischio per sovraccarico di edilizia sui fianchi dei vulcani.
Ma torniamo sull’incredibile e suggestiva isola di Stromboli, una delle sette isole dell'arcipelago delle Eolie con uno dei vulcani più attivi al mondo, in attività eruttiva praticamente e denominata non a caso “stromboliana”. Ogni 10-20 minuti si susseguono spettacolari esplosioni di moderata energia con lanci di lava incandescente, di lapilli e di cenere fino a qualche centinaio di metri di altezza. Esplodono le sue diverse “bocche di fuoco” dall'interno di una terrazza craterica a circa 700 metri di quota, nella parte alta di uno dei versanti detto “Sciara del Fuoco”.
Oltre all'attività esplosiva, diciamo così "ordinaria", i crateri ci hanno abituato ad altre tipologie di esplosioni come quelle più pericolose e “parossistiche" con ricaduta di materiali pesanti fini a raggiungere i centri abitati, come nell'eruzione del 5 aprile 2003. Talvolta, colate laviche si riversano lungo la Sciara del Fuoco, con eventi franosi che possono anche innescare maremoti con effetti lungo le coste dell'isola e anche di Panarea e dellemaltre isole Eolie, o della Calabria e della Sicilia.
A Stromboli i centri abitati di Stromboli e Ginostra, oggi sono a livello di allerta rosso. Come è in allerta chi vive sulla caldera-cratere dei Campi Flegrei, dove il perenne ribollire dell’attività vulcanica del sottosuolo da sempre erutta in superficie fumarole e oggi sta provocando terremoti generalmente di bassa intensità e emergenze che condizionano la vita su un’area sotto il vulcano Vesuvio che doveva essere dichiarata dal buon senso “off limits” all’urbanizzazione oggi così folle e dove si predispongono piani di evacuazione e ri-localizzazione.
Nella Naturalis Historia, Plinio già dettava regole di prevenzione elencando una quantità di fatti, osservazioni e riflessioni sui rischi vulcanici. Sono sopravvissute per secoli e sono valide ancora oggi. L’opera enciclopedica doveva servire come base per l’educazione generale al rischio, per evitare di cacciarsi nei guai. Abbiamo fatto a volte e in luoghi rischiosi l’esatto contrario sfidano a mani nude la Natura.