
Cosa possiamo fare per difenderci dalla prossima alluvione? Il punto dai geologi della Toscana

L’emergenza legata al fenomeno alluvionale è passata, fortunatamente senza vittime o feriti, lasciandosi dietro tanti danni, ma anche fornendo spunti interessanti su come agire in futuro. In generale però è necessario prevedere la progettazione di un sistema più organico della gestione delle acque superficiali, che agisca a vari livelli, dal completamento delle casse d’espansione sulle aste fluviali principali alla ristrutturazione del reticolo agricolo e forestale, dalla ricognizione sugli argini, alla verifica dell’efficienza dei tratti tombati dei corsi d’acqua in ambito urbano. Solo così si può pensare di limitare l’impatto di eventi come quelli a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi e nel passato recente.
Le opere idrauliche sull’asta dell’Arno, dell’Ombrone e del Bisenzio hanno funzionato. Lo Scolmatore e la cassa d’espansione di Roffia hanno garantito sicurezza alla città di Pisa, come pure le casse su Ombrone e Bisenzio sono entrate in esercizio, facendo sì che i corsi d’acqua rimanessero negli argini, a fronte di piene che hanno superato anche il secondo livello. Le maggiori criticità si sono concentrate sull’asta della Sieve e sul reticolo minore. Inoltre, le forti piogge hanno favorito l’innesco di innumerevoli movimenti franosi nella fascia interessata dalla linea di precipitazioni che si è abbattuta dalla costa livornese fino all’Alto Mugello, un evento sovrapponibile a quello del 2023. Allora la perturbazione aveva colpito in pieno il bacino del Bisenzio, mentre nei giorni scorsi ha messo in difficoltà un’areale posto poco più a sud, interessando dapprima l’area di Vaglia, e successivamente le zone di Razzuolo, Casaglia e Marradi, dove ora la rete infrastrutturale presenta interruzioni sulle principali direttrici. La viabilità provinciale e regionale fra Firenze, Borgo San Lorenzo, Palazzuolo sul Senio e Marradi si trova in una situazione critica a causa di decine di frane di piccole e grandi dimensioni, alcune di portata devastante.
Non esiste una soluzione unica per difenderci in modo efficace dai fenomeni di alluvionamento: la messa in sicurezza passa attraverso un sistema organico capace di agire a vari livelli per limitare l’impatto di eventi rapidi e localizzati o a scala di bacino. Servono più casse di laminazione e bacini artificiali (fondamentale in questo senso completare il sistema di invasi lungo Arno e nel bacino della Sieve) ma anche un potenziamento delle azioni di manutenzione del reticolo agrario e forestale o, se necessario, della sua ristrutturazione con finanziamenti diretti o l’introduzione di forme di premialità per i privati che operano in convenzione con gli enti preposti.
Serve inoltre una ricognizione dei sistemi arginali, già sollecitato dagli eventi del 2023, attraverso azioni d’indagine diretta e indiretta. Sarebbe utile anche iniziare a valutare operazioni di risezionamento dei ponti, dato che le alluvioni passate, in molti casi, ne hanno determinato una riduzione delle luci. Infine, è arrivato il momento di avviare uno studio organico sui corsi d’acqua tombati, prevedendone ove possibile lo stombamento, oppure cercando di renderli efficienti anche in caso di eventi importanti: in questo senso accogliamo con favore le iniziative che sta portando avanti dall’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino settentrionale e dal Comune di Firenze.
